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A quale Serie Tv somiglia ogni puntata di Love, Death & Robots?

love death & robots
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Love, Death & Robots è una serie antologica di animazione per adulti prodotta da Joshua Donen, David Fincher, Jennifer Miller e Tim Miller per Netflix. La prima stagione, composta da diciotto episodi, è stata resa disponibile sulla piattaforma nel 2019, la seconda, più breve e meno apprezzata dal pubblico, ha debuttato il 14 maggio scorso. Ogni episodio della serie è realizzato con tecniche di animazione diverse da un team di animatori differenti e provenienti da diversi Paesi e ogni episodio ha una trama a sé, indipendente da quelle degli altri. Filo conduttore è l’insieme di temi trattati: amore, morte e robot e quindi possibili derive del progresso tecnologico nel suo intrecciarsi all’esistenza umana per modificarla – più spesso in peggio -, non senza sconfinare nell’horror, nel paranormale e nel thriller psicologico.

Love Death & Robots

Avevamo già parlato della somiglianza tra Love, Death & Robots e Black Mirror, serie tv britannica prodotta da Charlie Brooker per Endemol, anch’essa disponibile su Netflix; con la seconda stagione i punti in comune sono diventati più numerosi. Anche Black Mirror è una serie antologica e come Love, Death & Robots riflette sul rapporto tra natura umana e possibilità ammesse dal progresso tecnologico, delineando scenari forse più realistici ma altrettanto violenti, cupi e inquietanti. Ma scendiamo nei particolari.

Prendendo come esempio una puntata della seconda stagione di Love, Death & Robots, il parallelismo appare d’obbligo. Ci riferiamo a Pop Squad, ambientata in un futuro anteriore non precisato in cui l’umanità ha scoperto come non invecchiare e non morire e, per poter vivere all’infinito, si è imposta il divieto di procreare, per evitare di sovraffollare il pianeta. L’episodio ruota attorno alla presa di coscienza di un poliziotto che, dopo aver scoperto e ucciso dei bambini la cui esistenza non è permessa, decide di interrogare una donna e chiederle la motivazione di tanta insistenza di quelli che lui chiama breeders, “allevatori”, nel procreare. La donna risponderà:

Perché non sono così innamorata di me stessa da voler vivere per sempre. [..] Vivo da 218 anni. Ho visto… troppo. Ma lei rende ogni cosa una novità. Amo vedere le cose attraverso i suoi occhietti. Sono così luminosi, così pieni di vita. Non morti, come i suoi.

Black Mirorr

Il tema della rinuncia da parte dell’uomo alla sua stessa natura è presente anche in Black Mirror. Una delle puntate più commoventi e al contempo inquietanti della serie è Be Right Back. In questo episodio della seconda stagione Martha, non riuscendo a superare il lutto in seguito alla morte del fidanzato Ash in un incidente stradale, attiva sul cellulare un programma che attraverso i dati raccolti tra cellulare e computer riesce a riprodurre la voce del defunto, a ricalcare il suo idioletto e a dare quindi a chi lo utilizza la sensazione di conversare con il proprio affetto perduto. Per Martha non è abbastanza, e decide perciò di acquistare un robot con le sembianze dell’uomo da lei amato, che rappresenta la versione avanzata del programma da lei usato fino a quel momento e non ha niente di diverso da Ash, se non per il fatto che non ha ricordi della loro vita insieme. Così Martha finisce per ritrovarsi in casa un robot – poi confinato in soffitta – che non invecchia e non può morire e che le ricorda ogni giorno ciò che non è e non potrà mai più essere. Il tentativo umano di scavalcare la Cupa Mietitrice fallisce.

Voler andare oltre la mortalità è il sogno proibito dell’uomo moderno, uno dei pochi obbiettivi che il progresso non ha reso raggiungibili, neppure auspicabili. Eppure, queste due serie ci mettono di fronte alla consapevolezza opprimente che gran parte dell’essere umani risiede nell’essere mortali. Da un lato Black Mirror ci schiaffeggia con l’impossibilità di riempire realmente il vuoto fisico lasciato dalla morte, neanche se in possesso di un robot fatto a immagine e somiglianza del defunto, dall’altro Love, Death & Robots ammette la possibilità dell’essere immortali ma ne rappresenta le conseguenze denaturalizzanti.

E ancora, alcuni episodi di Love, Death & Robots gettano come Black Mirror un’aura sinistra su alcune tecnologie avanzate, funzionali teoricamente a facilitare la vita umana, ma che finiscono poi per distruggerla, basti pensare a Servizio Clienti Automatico e La cabina di sopravvivenza: nel primo episodio una donna viene aggredita dalla sua tecnologicamente avanzata aspirapolvere, nel secondo un soldato approdato nella “cabina di sopravvivenza” dopo un danno subito in battaglia dalla sua navicella spaziale viene scambiato per intruso da un robot difettoso, che tenta di eliminarlo invece che porsi al suo servizio. Nella quarta stagione di Black Mirror, in particolare nell’episodio intitolato Crocodile, la trama gira attorno a una speciale tecnologia che permette di trasformare i ricordi in immagini trasmesse su uno schermo, facendo spesso venire a galla segreti inconfessabili. Segreti che la protagonista dell’episodio difende a ogni costo, eliminando chiunque sia stato testimone dei suoi reati e i cui ricordi potrebbero tradirla, arrivando persino a uccidere un neonato, per venire poi tradita da un coniglio presente nella stanza nel momento del delitto.

Black Mirror

Situazioni un po’ diverse, ma accomunate dalla rivelazione della capacità del progresso tecnologico di mettere in pericolo gli umani o di far emergere in loro tratti brutali, anche in persone che in circostanze diverse avrebbero tenuto per sempre latente quella bestialità, secondo gli ideatori di Black Mirror dormiente in ognuno di noi. E Love, Death & Robots, allo stesso modo, pur filtrando il tutto con l’ironia, è pessimistica, quasi apocalittica, non solo riguardo il progresso tecnologico ma la natura umana stessa.

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