Tratto da un racconto di Peter F. Hamilton, Il vantaggio di Sonnie apre la narrazione antologica della rivoluzionaria Love, Death & Robots con la delicatezza di un pugno chiodato in pieno stomaco.
Ci troviamo nell’ambiente dei combattimenti clandestini. Gli scontri avvengono tra bestie mostruose che sono collegate mentalmente con un “pilota” umano. L’arena imbrattata di sangue ingolisce gli scommettitori. Sonnie è una pilota, una pilota che porta sul corpo i duri segni di una violenza difficile anche solo da immaginare. Un viscido allibratore le offre del denaro, vuole comprare l’incontro. Sonnie e la sua bestia devono perdere e fare un mucchio di soldi: la risposta non può che essere affermativa, per un uomo simile, e negativa per una donna come Sonnie. La ragazza vince e, proprio per questo, l’uomo gliela vuole fare pagare: ma non sa a cosa sta andando incontro.
Chi ha subito un danno è pericoloso, perché sa di poter sopravvivere.
Così scrive Josephine Hart nel suo libro Il danno. Ma per Sonnie, protagonista di uno degli episodi più riusciti di Love, Death & Robots (siete d’accordo con questa classifica?), la questione è un po’ diversa. Stuprata, torturata fino a venire sfigurata: Sonnie è sopravvissuta e ha subito un danno. Sa che si può sopravvivere, certo, ma la paura di soccombere rimane sempre lì, nell’esatto punto che separa la vita dalla morte, che unisce la fragilità alla forza, il dolore alla forma estrema di dignità. Il punto in cui la violenza supera ogni limite e i confini che definiscono la giustizia si sfumano lasciandoci pieni di interrogativi. Sonnie, defraudata di molto, ma non di tutto, riesce a volgere gli eventi a suo favore. La dote di Sonnie, la virtù degli sconfitti che riescono a non “morire”, ma raccolgono le ultime energie rimaste per rialzarsi e prendere a calci la vita, è quella di saper trasformare uno svantaggio in vantaggio. L’ingrediente che determina la ribalta è instintuale, primordiale e infallibile: la paura.
Sonnie ha paura. Una paura che ha incontrato la prima volta mentre quegli uomini si prendevano lembi della sua pelle e della sua intimità. La ragazza, come un animale, annusa la morte ogni volta e ogni volta decide che “non sarà oggi il giorno“. Fattasi rettile ha cambiato pelle. Una scorza più dura a farle da corazza: la voglia di riscatto. La mente di Sonnie non è più nel suo corpo, trasferita in quello del mostro feroce che combatte nell’arena. Corpo e mente si sono separati a causa di quella violenza (e in quante violenze reali accade?), ma Sonnie esiste ancora.
Il vantaggio di Sonnie è un crudo e amaro inno della fragilità riscattata, un inno dei deboli che, cresciuti a sberle in faccia, si fanno forti e indomabili combattenti, un inno alla sofferenza trasformata in forza.
Il vantaggio di Sonnie è il vantaggio di chi sa vedere in una ferita la nuova porta verso il punto più recondito di chi siamo. Una via d’accesso a noi stessi.
Il vantaggio di Sonnie è lo svantaggio di Sonnie, è la capacità di girare la medaglia dalla parte giusta, di prendere il dolore e trasformarlo in energia. Di guardarsi alla specchio, levarsi via il sangue di dosso, e vedersi davvero.