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Love, Victor – Un viaggio alla scoperta di se stessi

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Ci sono storie che vorremmo non finissero mai, serie tv e film che vediamo e rivediamo alla spasmodica ricerca di quel dettaglio che la volta precedente ci era sfuggito. E poi ci sono quei prodotti che ci piacciono, sì, ma da cui non ci aspettiamo nient’altro. Per questo, quando è stato annunciato lo spin-off seriale del film del 2018 di Greg Berlanti Tuo, Simon – a sua volta adattamento del romanzo di Becky Albertalli Non so chi sei, ma io sono qui -, il pubblico non ha potuto fare a meno di chiedersi: abbiamo veramente bisogno di Love, Victor? E la risposta è stata più positiva di quanto ci si potesse aspettare.

Inizialmente commissionata per Disney+, poi trasferita su Hulu forse per i suoi riferimenti al sesso, e solo successivamente tornata all’ovile sulla piattaforma di Topolino nella sezione “per adulti” Star, la serie ci mostra qualcosa di nuovo rispetto al lungometraggio su cui si basa. E già questo basterebbe a dichiararla uno spin-off più efficace di tanti altri. Ma come ha fatto una storia che voleva essere una favola moderna, e finita invece al centro di diverse polemiche, a sfociare in una serie che funziona? Con una semplice operazione: prendendo le critiche che le sono state mosse e trasformandole nei punti di forza di un nuovo percorso.

Victor Salazar si è appena trasferito in città, lo stesso sobborgo in cui viveva Simon Spier.

Qui dovrà ambientarsi in una nuova scuola a metà anno e farsi degli amici, ricominciare da capo. Se questo non bastasse a fare da terreno fertile per un qualsiasi teen-drama, al percorso di crescita di Victor si aggiungono anche importanti domande sulla sua sessualità. Ed è qui che Love, Victor riesce, in maniera semplice eppure tremendamente piacevole, a costruire un confronto vincente con l’opera madre e le polemiche di cui è stata oggetto: Victor si mette in contatto con Simon Spier attraverso Instagram e ci tiene a fargli sapere che non per tutti il lieto fine è dietro l’angolo. «Sei molto fortunato», sottolinea in uno dei suoi primi messaggi, «la mia storia è completamente diversa dalla tua». Attraverso il rapporto cyber-epistolare che mette i due protagonisti allo specchio, Victor muoverà i primi passi in un viaggio individuale – eppure per molti versi universale – alla scoperta di se stesso.

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All’inizio della nuova serie ideata da Isaac Aptaker ed Elizabeth Bergersulla, Victor nutre sentimenti contrastanti per la vicenda di Simon alla Creekwood High, ormai diventata virale. D’altronde il percorso di Simon, per quanto costellato di ostacoli, è stato quello di un ragazzo nato e cresciuto in una bolla protettiva, circondato da amici e parenti che lo hanno sostenuto. Ma che fine fa la tua storia da favola quando vivi in una casa fortemente religiosa, legata a un sistema culturale tradizionalista, e non sai come fare coming-out? Come puoi sentirti al sicuro nella tua pelle quando hai pochi punti di riferimento anche tra i tuoi coetanei?

Lui e Simon non sono affatto uguali: Simon conosceva bene la propria verità e ha potuto marciare dritto per la sua strada, ma per Victor non è lo stesso.

Lui prova attrazione per i ragazzi, ma non ha ancora compreso fino in fondo cosa provi per il genere femminile. Al punto che, messo all’angolo da insicurezze e paure che non riesce a confidare a nessuno, arriva a chiedersi: sono davvero gay?

Inizia con questi presupposti la frequentazione con Mia, la ragazza più ammirata della scuola che si rivelerà un personaggio altrettanto sfaccettato. La loro relazione non inizia come qualcosa di finto, tutto il contrario: Mia è una splendida compagnia e Victor ha tutta l’intenzione di vivere con lei la sua grande storia d’amore. Eppure il suo sguardo continua a soffermarsi su Benji tra i corridoi della scuola e dietro il bancone del bar in cui iniziano a lavorare insieme dopo le lezioni.

La serie procede così lungo una strada che percorriamo al fianco di Victor, mentre scopre un passo alla volta qualcosa in più su di sé. Come spiega lui stesso, ha sempre vissuto in un posto in cui era più facile omologarsi e nascondere le proprie diversità. E sebbene stia parlando dello Stato da cui proviene, il Texas, dietro questa sua considerazione si nasconde una presa di coscienza più profonda.

In fin dei conti è proprio così: il suo viaggio è iniziato da un posto in cui una vocina continuava a suggerirgli di sforzarsi di essere “come tutti gli altri”.

E adesso Victor sente il bisogno di abbandonare quel luogo per trovare qualcosa di più autentico. In questo viaggio porta con sé tutti i personaggi che ruotano attorno alla vicenda principale senza rinunciare al loro percorso di crescita individuale. A partire da Felix, vicino di casa dei Salazar, che da “sfigato della scuola” si trasforma in un ragazzo sicuro di sé e dei suoi sentimenti. Passando per Lake, personaggio alla ricerca di conferme che arriverà a scoprire in se stessa caratteristiche che non sapeva neppure di avere. Persino i genitori di Victor vivono la loro parabola di trasformazione: dal nascondere i problemi come polvere sotto al tappeto, alla ricerca di soluzioni mature anche se complesse per la famiglia.

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Con toni pastello tipicamente disneyani e ricca di buoni sentimenti, a tratti sospesa in un modo di raccontare più simile a una favola moraleLove, Victor fa comunque un primo tentativo di aprirsi a tematiche controverse. E getta così le basi non solo per una storia d’amore estremamente tenera, ma anche per un racconto di crescita che potrebbe entrare di diritto in quel parterre di prodotti Disney un po’ “vecchia scuola” che parlano ai ragazzi della ricerca della propria identità in modo leggero, ma non per questo frivolo.

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