Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su Lovesick
Non la solita serie sdolcinata, e meno male. Lovesick, una piccola chicca conosciuta a pochi, è il racconto nudo, spontaneo, commuovente e a tratti esilarante di come un ragazzo qualsiasi possa aver contratto la clamidia e si trovi costretto a contattare le sue precedenti partner sessuali per comunicagli la notizia. Una serie comedy di tutto rispetto che con questo incipit getta le basi per un rapporto onesto e intimo con lo spettatore; nonostante la situazione a tratta paradossale, la sensazione che abbiamo è di essere finalmente in grado di normalizzare l’idea che chiunque di noi possa trovarsi in una situazione del genere e che, con una discreta dose di imbarazzo e un’altrettanta quantità di coraggio, esistano modi semplici e al contempo pittoreschi per uscirne.
Supportato dal migliore amico e coinquilino Luke, il nostro protagonista Dylan stila la lista di tutte le donne con cui ha avuto una relazione o un semplice flirt durato solo poche ore, e nel corso delle puntate ci catapulta in salti temporali sempre maggiori che non hanno necessariamente relazione tra di loro. Non siamo però affaticati né disorientati da questi spostamenti nel tempo: tornare indietro e sbirciare nella vita di Dylan ci aiuta a comprendere il presente e le motivazioni per cui la maggior parte delle donne che ricontatta non siano felici di sentirlo. Oltretutto, la lista a cui fa riferimento Dylan per fare queste mortificanti telefonate è in ordine alfabetico, non temporale. Un espediente che ci permette di guardare il passato dei personaggi attraverso varie profondità, ci fornisce qualche indizio su avvenimenti futuri e al tempo stesso è in grado di nasconderci quello che non siamo ancora pronti a conoscere o comprendere; un po’ come era già stato magistralmente fatto dagli autori di How I Met Your Mother. Stesso identico meccanismo narrativo ma presupposti e obbiettivi completamente diversi: Ted Mosby vuole sposarsi, ed ognuna delle donne che incontra si convince che sia quella della sua vita. Per un momento ci crediamo anche noi e ad ogni nuova relazione speriamo che ci abbia finalmente presentato la madre dei suoi due figli. E invece no, Ted la tira molto per le lunghe, non si accontenta, rimane spesso deluso ma continua a cercare, eterno romantico in cerca del vero amore.
Una volta entrati nel meccanismo narrativo di Lovesick invece siamo già consapevoli con ognuna delle donne di cui racconta Dylan appartenga al passato, che nessuna di loro si possa definire “quella giusta”. Perché a differenza di Ted, Dylan non cerca necessariamente l’amore, ed è questo che lo rende così reale e contemporaneo. Siamo da sempre così bombardati dalla costante presenza di relazioni amorose nelle serie tv, nei film che guardiamo o nei libri che leggiamo da rimanere piacevolmente sorpresi quando una storia riesce a reggersi sulle proprie gambe senza bisogno di andare a parare sempre lì. Però, già durante la prima puntata di Lovesick viene comunque da chiedersi: come può non parlare d’amore una serie che porta nel titolo la parola “love” e che la sua traduzione significa “malato d’amore”? Infatti non tarda poi molto ad arrivare, l’amore. Man mano che ci addentriamo nella storia, burlandoci delle relazioni finite e del cuore sempre infranto e così rapidamente rimesso insieme di Dylan, ci rendiamo conto che nei suoi racconti c’è una figura costante, una presenza femminile nei suoi pensieri e nella sua vita, che lo sprona a focalizzare i suoi obbiettivi e a essere una persona e un uomo sensibile: Evie.
Arrivati a questo punto, è un risvolto che in Lovesick ci aspettavamo, ma comunque godibile
Nella prima puntata, quando Dylan riceve la diagnosi in clinica, loro due sono già stati insieme, ma questo noi lo scopriamo solo tempo dopo, quando arrivati alla lettera “E” della lista lo vediamo dare questa spiacevole notizia anche a Evie. Il solito cliché dei migliori amici segretamente innamorati l’uno dell’altra? Forse, giusto un po’ (anche se questo non significa che non desideriamo vederli insieme); quello che dispiace per davvero, in una serie che sembrava voler parlare ai millennial in un modo tanto onesto, è il tira e molla che mettono in piedi man mano che la storia va avanti. Non è mai il momento giusto, sembrano non esserci mai le condizioni per cui questa relazione possa procedere. Tant’è che Lovesick si conclude senza farci comprendere a pieno se i due siano rimasti o meno insieme; se esista, tra di loro e nel mondo, uno spazio in cui la relazione possa durare. Il perpetuo moto che li avvicina e che dopo ogni contatto li spinge sempre più lontano è ciò che smorza la leggerezza e l’ironia che fino a quel momento la serie sbandierava tanto fieramente, depotenziando il personaggio di Dylan quasi a renderlo uno dei tanti (più comuni) uomini e perdendo così ai nostri occhi il ruolo di paladino dell’amore libero. Della serie “tutti i libertini dovranno prima o poi crescere e mettere la testa a posto”. Invece no, noi non siamo ancora pronti a vederlo crescere, perché nemmeno noi desideriamo farlo: vogliamo restare dentro la spensieratezza e il mondo di Lovesick il più possibile. C’è da chiedersi se sia proprio a causa della piega drama presa dalla terza stagione che non le sia stato concesso un seguito. Se di solito il contrasto tra le relazioni e i personaggi è ciò che ci convince a continuare a seguire una storia, in questo caso concorre al detrimento del clima della serie. Potremmo quasi arrivare a definire Lovesick una serie romantica travestita da serie comedy: trama e sotto trama si incastrano alla perfezione come tessere di un puzzle per raccontarci, attraverso le imbarazzanti esperienze di Dylan, la relazione con Evie. D’altronde, può anche darsi che così facendo gli autori lo abbiamo voluto rendere fragile all’amore perché è desiderio di ognuno di noi trovarlo. Anche se non lo stavamo cercando o fa paura, anche quando non funziona o arriviamo a toccarlo, ci scotta, e quando finisce non ci resta niente.