Ero alla ricerca di una serie tv che mi facesse compagnia nei miei pasti solitari. Una serie leggera, magari divertente, nulla di troppo impegnativo. Sfogliando nel fedele catalogo di Netflix ho trovato Lovesick. Mi ricorda Sick Note, la serie con Rupert Grint. «Magari è anche questa una commedia» penso, con l’assurda convinzione che la presenza della parola Sick in entrambi i titoli sia un chiaro segnale del fatto che appartengano allo stesso genere.
Dylan cercava l’amore, ma ha trovato… la clamidia. Ora è sulle tracce delle persone con cui ha fatto sesso e si trova a ripensare ai suoi vecchi amori.
Questa è la descrizione che trovo su Netflix cliccando sul titolo della serie. Circa 25 minuti a episodio. È sicuro una comedy, e dall’incipit sembra anche divertente. Metto play e inizio a mangiare.
Completamente all’oscuro dell’esistenza di questa, mi ritrovo a guardare una serie che è sì divertente, ma piuttosto lontana dall’essere una sitcom, come la definisce Wikipedia. Con nessuna aspettativa se non quella di ridere, mi innamoro di Lovesick senza nemmeno sapere il momento esatto in cui è successo. Sarà per l’inconfondibile stile british che conserva il suo fascino, sarà per la narrazione resa dinamica dai tanti flashback, ma Lovesick mi ha preso così tanto da ottenere l’upgrade da serie che vedo durante i pasti a serie che vedo nel tempo libero e anche quando dovrei invece fare altro. E non è poco.
Sì ma perché? Cos’ha di speciale questa serie? Di base niente. Non ha una trama originale, né risvolti completamente imprevedibili. Anzi, Lovesick è piena, pienissima, di cliché.
Il segreto di questa serie è che riesce a usare questi cliché nel modo giusto. È piuttosto facile trovare prodotti televisivi pieni di banalità, di eventi prevedibili al punto che capisci come finirà la vicenda due secondi dopo averla iniziata. Lovesick usa questi luoghi comuni facendoli diventare una cosa positiva, spinge il pubblico a desiderare che si avverino. Ed è una cosa molto ardua riuscire in questo intento.
Lovesick ha tre stagioni formate rispettivamente da 6-8-8 episodi. Piuttosto breve ma merita di essere vista. Non molto conosciuta forse, o comunque non abbastanza. Piacevole, divertente e a tratti commovente, è difficile fermarsi tra un episodio e un altro. Lovesick scatena in noi certe sensazioni perché è reale. Non racconta l’amore nel modo in cui siamo abituati. Nessuna dichiarazione super smielata in pompa magna, nessuna perfetta storia d’amore fatta solo di momenti felici e spensierati, tutt’altro.
Lovesick è per tutti quelli incasinati che si trovano nel mezzo, quelli che non sono più adolescenti da un po’ ma non ancora adulti del tutto.
La storia di Dylan e quelle dei suoi amici Evie, Luke e Angus sono storie comuni, imperfette, a tratti tragiche ma reali. Sono storie in cui ci identifichiamo, che per certi versi ricordano vagamente le più famose Friends e How I Met Your Mother. Questo non significa che Lovesick sia come i due mostri sacri appena citati, niente affatto. Le tre serie si sviluppano in modi diversi, e Lovesick si distanzia in modo ancora più evidente. Semplicemente sono prodotti diversi che ruotano sullo stesso grande tema generale ma in modi differenti.
La qualità migliore di Lovesick è probabilmente la modestia.
La vedi lì, nel catalogo Netflix, che si confonde tra le altre serie, passando inosservata fino al momento in cui non ti fermi su di lei.
“Un ragazzo con la clamidia, divertente.”
Nessuna aspettativa troppo alta, nessuna pretesa. E poi ti sorprende, lasciandoti dopo la visione con quella sensazione di abbandono che si prova quando una serie tv ti è entrata dentro.