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Ci aspettavamo di più da Lupin

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Ben 39 racconti e 21 romanzi costruiti intorno a colui che è conosciuto come il “ladro gentiluomo”. Passando per il manga degli anni 80 tanto apprezzato dai più piccoli. Così Netflix non poteva che regalarci un prodotto sicuramente originale per la storia in sé, ma soprattutto per il modo in cui viene raccontata. Una storia resa unica dal suo protagonista: Lupin. La serie è composta da tre parti lanciate sulla piattaforma tra il 2021 e il 2023. Ma andiamo a scoprirla meglio.

Vi presento Assane Diop

Dal suo titolo si potrebbe pensare ad una versione remake di Arsenio Lupin, film del 2004, con la variante del formato, essendo un serial. Tuttavia, tanto si allontana da questa prima idea. L’originalità del prodotto sta nel fatto che le vicende sono soltanto ispirate ai libri sul famoso ladro. E ancor di più che a farne da portavoce sia un umile autista avanti con l’età di nome Babakar Diop. Un uomo che lascia in eredità al giovane figlio Assane Diop un suo libro su Arsenio Lupin. Questo prima di togliersi la vita per via di una forte accusa da parte del potente per cui lavorava, Hubert Pellegrini. Da qui parte la vendetta e il desiderio di giustizia di Assane. Questo, già da piccolino senza padre né madre, comincia a praticare piccoli furtarelli per mantenersi.

Una volta cresciuto, però, ecco che subentra il genio. Il desiderio di superare il limite. Si materializza per lui la possibilità concreta di poter vendicare il padre e accrescere a dismisura l’autorealizzazione. Assane è un uomo tanto forte quanto furbo e perspicace, attento e calcolatore, ma il suo animo è buono. Possiede davvero un’innata attitudine da galantuomo e ha sicuramente ereditato il cuore sincero e la lealtà da Babakar. Nonostante gli atti che compirà durante tutto il racconto e gli innumerevoli travestimenti.

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Lupin

Lupin: antagonista bordeline della storia

Ebbene sì, non si riesce quasi mai a vederlo come il cattivo o l’antagonista. Questo ruolo viene ricoperto semmai da altri personaggi in Lupin. All’inizio della serie, paradossalmente dalla polizia che lo cerca senza sosta, fin quando andando avanti avrà inizio la complicità prima di Guedira e poi anche della Belkacem. Ad avere il posto d’onore come nemesi ufficiale di Assane sarà poi però Hubert Pellegrini. Questo è colpevole di tanti reati, così come scoprirà il protagonista stesso. Tra questi? La vendita illecita di armi a dei criminali per l’attentato all’ambasciata francese. O ancora l’appropriazione dell’85% in denaro dalla fondazione della figlia Juliette e il rapimento di Raoul. E per finire, l’aver accusato ingiustamente Babakar per il furto del collier di Maria Antonietta. Tutto ciò soltanto per ricavarne una lauta assicurazione e aver corrotto di conseguenza l’ispettore Dumont concedendogli la carica di commissario.

Continuando l’elenco, ci sono alcuni personaggi che, anche se solo a tratti, possono essere ritenuti antagonisti dallo spettatore. La moglie di Assan, Claire. Donna mite ma sveglia, che dopo essere stata all’oscuro delle “attività” del marito per molto tempo, una volta scoperto il segreto, decide di incastrarlo chiamando la polizia per farlo arrestare. E anche il caro amico Benjamin, il quale a sua volta rompe la promessa di non rivelare l’identità di Lupin a Claire.

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Lupin

Qualche falla nel filo narrativo

Tutta la macro-storia di Lupin va analizzata quindi da una prospettiva non scontata e quasi opposta alla norma. Questo rende merito alla serie e al filo narrativo e temporale, che risulta audace e complesso, fitto di flashback, di anticipazioni. Fitto soprattutto di dialoghi orientativi ed esplicativi così come di tanta suspense e cliffhanger tra una stagione e l’altra. Tutto questo nell’insieme sarà forse un po’ troppo? La problematica principale che può avere questa serie è proprio il fatto che, seppur tutto sembri all’apparenza lineare, analizzandola si infiltrano parecchie controversie. Queste nascono da ragionamenti, pensieri e citazioni, governate principalmente da Assane, nel raggio di archi narrativi troppo brevi e ripetuti. La gravante è che, non appena termina la visione, lo spettatore rischia di non conservare nelle memoria parti che alla fine si rivelano essere rilevanti. Elementi decisivi nello sviluppo e nella comprensione della narrazione.

Un esempio potrebbe essere la scena cruciale dell’accusa di Pellegrini sul palco da parte di Assan. Infatti, sebbene in quel momento il suo sembri un discorso molto chiaro, quando al telefono conferma a Guedira la confessione di Hubert le cose cambiano. Avviene tutto con un ritmo troppo concitato.

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Quanto è credibile e altruista Assane nella Lupin di Netflix?

Dal punto di vista della credibilità della serie, capiamo che il tutto si vende come un prodotto sicuramente non di fantasia. È proprio in questi casi che si deve mantenere un attento contatto con la realtà, per evitare di incappare in situazioni logicamente impossibili. Ad esempio, i casi in cui Assan passa inosservato perché travestito, ma con tratti integri della sua fisionomia. Oppure quando sta palesemente rischiando la cattura dalla polizia, però riesce in ogni caso ad avere la meglio e quindi a scappare o nascondersi.

A questo punto, si lega inevitabilmente la terza stagione (qui trovate la nostra recensione di Lupin parte 3) in cui lui, sparito per parecchio tempo per voler proteggere se stesso e la famiglia, incappa per l’ennesima volta nella tentazione del furto. Come? Puntando la famosa perla nera. Lo fa sicuramente per togliere i riflettori sulla famiglia che in sua assenza ha dovuto sopportare le pressioni dei giornalisti. Ma soprattutto perché oltre alle sue personali qualità suddette, resta anche da adulto un bambino cresciuto senza guide. Assane pecca di incoscienza ed esagera dei difetti che in realtà lo accompagnano sin dall’inizio, e che più volte anche dalla moglie gli sono stati recriminati. Tra questi egoismo mischiato ad egocentrismo, mania del controllo e megalomania.

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Lupin: ridondanza ed ereditarietà della colpa

Stiamo parlando quindi di due Assane diversi tra le prime due stagioni e la terza? Sicuramente no. Però, nella terza abbiamo delle conferme che prima non potevamo avere, ossia che da protagonista positivo, quasi eroe. Il suo andare contro la legge potrebbe essere diventato all’improvviso un problema per lo spettatore, in quanto risulta essere un po’ irriverente, ostinato. E soprattutto non disponibile a sacrificare tutto per la moglie e il figlio.

Rimanendo sulla terza stagione di Lupin (qui puoi passare a recuperare tutte le stagioni precedenti di Lupin), appare evidente la ridondanza delle tattiche utilizzate da Assan per compiere il furto della perla nera. La partita resta la stessa ma cambiano i giocatori, e in fatto di travestimenti di certo quello da allenatore di basket non gli ha fatto molto onore, in quanto si è preso gioco della moglie e del figlio per metà stagione. Seppur per riconquistare sicuramente i suoi affetti. Per questa e altre menzogne il padre non ne sarebbe stato sicuramente fiero.

Il padre sicuramente no, però arriviamo alla madre che ricompare dopo aver passato anni in prigione in Senegal. Guarda caso sempre con l’accusa di furto e che appunto giustifica in maniera abbastanza coerente tutto il lato oscuro di Assane e “l’ereditarietà della colpa”. Risulta tuttavia di cattivo gusto il fatto che, avanti con l‘età, dopo anni in prigione e dopo tantissimo tempo senza vedere suo figlio, continui a ostentare piccole azioni illecite. Soltanto per ingraziarsi Assane e recuperare il tempo perduto.

Ambiguità da ultimo episodio

Questo riavvicinamento potrebbe risultare ambiguo. Consideriamo l’ultima scena dell’ultimo episodio della terza stagione. Quella in cui il compagno di cella di Assan ormai costituito (Hubert Pellegrini) gli fa pervenire una foto di lui da piccolo. In questa foto ha in mano uno dei libri di Arsenio Lupin intitolato La vendetta di Cagliostro, il quale contiene una frase che cattura l’attenzione di Assane e appare per lui come una rivelazione: sarà tutta una trappola in cui lui stesso si è cacciato?

Alcune persone che gli sono state sempre accanto, da lontano e da vicino come la madre e il fidato amico Benjamin, altre che ha incontrato nel suo cammino e a cui inconsciamente si è legato, come Juliette Pellegrini, possono averlo ingannato e fatto soccombere? Questo ci racconta il finale inaspettatamente aperto, che ci lascia con un cliffhanger da quarta stagione unito a un senso di sconfitta per lo spettatore. Uno spettatore che probabilmente non ha più voglia di assistere ad altri furti o sotterfugi, perché finirebbe per scadere l’originalità iniziale della serie. E ancor di più la carica e il carisma del protagonista.

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Lupin

Tuttavia in Lupin la curiosità rimane

Un focus lo merita inoltre l’amico e falsario Benji, con cui abbiamo sicuramente empatizzato durante tutte le stagioni e per cui abbiamo sofferto quando Assan gli ha chiesto di dichiararsi colpevole per poi finire in prigione. Scoprire che da falsario potesse addirittura essersi rivelato lui stesso un falso, un’ipocrita, non sarebbe un bel colpo di scena nella dinamica del racconto. Sarebbe come una complicazione immotivata per diluire la storia in modo insensato. Fortunatamente, in questo caso, il futuro non lo possiamo prevedere. Quindi semmai dovesse esserci un prosieguo (qui alcune interviste che parlano di un possibile continuo di Lupin), nonostante le commentate scene quasi “latin pulp”, potrebbe magari stupire in modo inaspettato il suo pubblico e tenerlo incollato allo schermo. Come non possiamo negare sia già successo con le precedenti stagioni.