4) Hannibal Lecter (Hannibal)
Il tributo che Hannibal deve a I Soprano è sottile, non scontato, quasi raffinato. Quello che il dottor Lecter deve a Tony è ancora più profondo. All’apparenza antitetici. Distanti come il giorno e la notte. Ma proprio come questi inesorabilmente legati. Hannibal Lecter non soffre di alcuna delle debolezze umane e delle fragilità che affliggono Tony Soprano. L’umanità deviata del mafioso sublima in un’estetica edonista che sprofonda nell’abisso più cupo delle deviazioni umane. Eppure.
Eppure è proprio in questa follia estrema, e al contempo lucida, che il percorso de I Soprano trova compimento. Senza l’idea stessa di un mafioso debole e spietato come protagonista di una serie tv non avremmo mai potuto averne uno così squisitamente e unilateralmente cattivo.
Hannibal è il sogno recondito e malcelato di tutto ciò che Tony Soprano avrebbe voluto essere e non poteva. Al di là di ogni giudizio morale esteriore o interiore. Privo di fragilità, di coscienza. La più splendente e cristallina rappresentazione del disumano. E con un fascino impareggiabile. Il piacere che ci ha regalato Tony non può venire meno quando poniamo gli occhi sul dottor Lecter. In lui vediamo la rappresentazione quasi divina di tutto ciò che in Tony abbiamo apprezzato, svuotata però di ogni umana debolezza.