“Roger, abbiamo preso i loro soldi. Dobbiamo fare quello che vogliono.”
– Bertram Cooper, Mad Men
A volte ripenso alle passeggiate in cantiere da bambino, sotto quel sole cocente che friggeva la fatica sulla fronte e faceva brillare il verde velluto del cemento nelle betoniere.
Ripenso all’ecosistema perfetto creato da quelle grinze sulle mani, che raccoglievano residui di calce come scogli in mare.
Ripenso ai capelli grigio polvere, non quelli grigio tempo. Non quelli autunno chemio.
Ripenso alla sagoma che, tra le macerie, potevi riconoscere dalle urla autoritarie di chi sa di comandare il campo di battaglia, e sorrido mentre la confronto con la nitida figura, muta e spettatrice, che comandava la vita quasi senza volerlo. Senza saperlo.
A volte ripenso a mio nonno, e allora mi viene in mente Bert Cooper in Mad Men.
In modesto completo due pezzi, appena visibilmente oversize per sentirsi sempre comodi, si slaccia le scarpe e prende contatto con la terra nel punto più alto del mondo. Sulla moquette del suo ufficio al 37esimo piano di un grattacielo, contemporaneamente nel presente e nel futuro, Bertram Cooper si sveste ma non si scompone. Decide di accennare a piedi nudi, imparziale, la danza narcisista e spavalda del marketing pubblicitario, un twist troppo convulso per chi sta già ballando un passo a due con la parte più intima di sé. Eppure, vi fa parte realizzando uno dei tanti ossimori che rendono Mad Men una narrazione ingombrante e maledetta, coraggiosamente sfumata.
Bertram Cooper è la lealtà d’altri tempi, il paradigma in bianco e nero che i colori li dipinge ad arte nella sapienza del controllo, nella pacatezza del collezionismo e la contemplazione dell’arte (non a caso quella giapponese che tappezza il suo ufficio, che fa dell’integrità e dell’abbandono delle emozioni negli affari il principio portante).
L’uomo in grado di ancorare il sé lavorativo a principi atavici, e liberare quello umano al genuino contatto con la superficie che calpesta. Così Bert gioca senza trucchi, serafico ma impermeabile, una partita in cui i giocatori si fregiano di saper voltare col pensiero le carte coperte.
Sulla scacchiera di Mad Men, ogni pezzo è l’allegoria di un principio ben definito, un archetipo, la rappresentazione di un prodotto di quell’epoca.
Tutti tranne l’uomo a cui non puoi fare le scarpe. Tutti tranne Bertam Cooper.
Per certi versi, Bert rappresenta in Mad Men l’antitesi di Don e Roger, dirigenti della Sterling Cooper ma dipendenti delle (e dalle) emozioni.
Loro, che recitano autentico senso di colpa e angoscia nelle melense presentazioni scritte ad hoc dalla mano avida delle logiche pubblicitarie, sono troppo distanti da chi ha sigillato ogni zona grigia della sua vita privata. Da chi ha scisso gli aspetti emotivi e attenuato le proprie convinzioni, almeno durante quella parte della giornata che basta per non pervadere d’intimo le scelte dell’azienda. Uomini e donne si mostrano come tali all’interno degli uffici di Mad Men, ma il Bert uomo è esclusivo, capo ed esiliato a due tempi, alla Sterling Cooper.
Racconta se stesso quando recita con saggia malizia La Rivolta di Atlante, scritto dalla filosofa e romanziera di origini russe Ayn Rand. Una passione, quella per la scrittrice, che si confà con l’anima in bianco e nero di Bert e la sua visione oggettivista, tendente al capitalismo non in maniera ideale, ma con quell’ingenua dedizione di chi riconosce il successo unicamente nella logica.
Bert non è machiavellico, non è “attivamente catastrofico”. Bert è l’uomo “da manuale”.
È proprio grazie a questa definizione che torniamo alla citazione d’apertura, che fa riferimento al momento in cui la Sterling Cooper viene acquisita, con Lowe, Powell e MacKendrick che fanno visita all’azienda.
Proprio mentre Roger dà sfoggio alla sua parte più umana, arpeggiando simpaticamente il suo disappunto nello stravolgere la struttura dell’azienda dopo l’acquisizione, Bert siede comodo sulle incontrovertibili logiche del lavoro, mentre assapora un budino al cioccolato, rigorosamente senza scarpe, e nell’ossimoro di un’algida sentenza pronuncia la più rassicurante delle verità.
Quella che è simbolo del fatto che, quando è coinvolto il denaro, la cosa più semplice che ci si possa aspettare è che tu faccia solo ciò che è scritto sulla carta, al nero su bianco che non accetta le altalenanti sfumature di Mad Men. Ancora una volta, la logica saggezza del bianco e nero:
“Roger, abbiamo preso i loro soldi. Dobbiamo fare quello che vogliono.”
– Bertram Cooper, Mad Men
Bertram Cooper è il messaggio che si manifesta silente sotto ogni successo, e che diventa simbolo di un non negoziabile distacco emotivo e personale dal lavoro, il cui esempio perfetto è proprio quell’approccio spersonalizzato adottato da Bert verso i dipendenti, e il cui risultato in risposta genera l’armonia che egli stesso amministra.
Mentre tutti soffiano nell’uragano della nuova era, vittime delle loro stesse tendenze autodistruttive e scomodi passeggeri delle loro emozioni, Bert preferisce camminare a piedi (nudi), vestendosi le spalle di una qualità quasi invidiosa della felicità, che è così saggia da non potersi sbottonare neanche per un secondo, ma così pura da togliersi le scarpe.
Eppure, l’apatia di Bert non è “solo” questo, perché in quell’animo stoico è nascosta la sofferenza classica, scomoda e mentalmente vertiginosa di chi sembra aver visto le cose peggiori dei suoi tempi.
L’inadeguatezza emotiva di un totem radicato al terreno, inestirpabile, mentre tutto intorno a sé cambia tumultuosamente. La tipica, rozza nobiltà di un nonno.
Questo tratto più nostalgico e vagamente vulnerabile del personaggio viene fuori in una delle battute più sofisticate e commoventi dell’intera serie, dopo la morte della nuova segretaria di Don, Ida Blankenship. La sofferenza di Bert verrà fuori, pur senza perdere la consueta compostezza, proprio grazie al senso di immedesimazione che egli proverà verso chi, come lui, sentiva di star vivendo nel futuro con le istruzioni del passato. Con gli insegnamenti in bianco e nero.
Chi, come lui, stava camminando a piedi nudi sulla luna.
“È nata nel 1899 in un fienile. È morta al 37esimo piano di un grattacielo. Era un’astronauta.”
– Bertram Cooper, Mad Men
Con quella metafora stampata nell’orgoglio, Bert Cooper sembra trascinarsi in vita come a voler resistere fino al momento in cui sa di poter lasciare il mondo. Come se esistesse un momento moralmente “giusto” per morire, per non lasciare un’opera incompiuta.
Perché la saggezza è come il tempo: irreversibile. Così Bert si poggia sul divano, toglie le scarpe e sente la moquette sotto i piedi, in contatto con quella natura sintetica come il lavoro che gli ha riempito la vita.
Col pulsante del telecomando accende la sua navicella spaziale e, con la voce del notiziario che segna la storia nel mondo nelle sue orecchie, chiude gli occhi e vola sulla luna. Per sempre.
A volte ripenso ai modesti successi che mi hanno colorato la vita mentre ne costruivo la bozza con insegnamenti in bianco e nero. Quelli di una volta.
A volte ripenso a qual è stato il percorso che mi ha portato a fare della gentilezza il mio mezzo di comunicazione principale. A far somigliare le mie parole il più possibile alle carezze delle tue mani consunte. Quelle di una volta.
A volte ripenso a ciò che di buono ho costruito e penso alle città che hai costruito tu, con quelle mani.
A volte penso a dove sei, e so per certo che il paradiso te lo sei ricostruito in bianco e nero. Come si immaginavano una volta.
Ed è così che so di non aver fatto ancora abbastanza.
Di non essere ancora stato sulla luna, come Bertram Cooper.
A Bellopede Vincenzo,
il mio totem. La mia voce guida.