Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler di Mad Men
Siamo appena entrati nel 2025 e proprio quest’anno Mad Men compirà dieci anni dalla messa in onda della sua ultima puntata. La serie ideata da Matthew Weiner, che ha fatto scuola a moltissime delle serie che vediamo oggi, non è solo invecchiata bene ma è anche piuttosto attuale. Già all’epoca della sua primissima uscita, nel 2007, Mad Men dimostrava grande dimestichezza nel saper attualizzare un mondo che pareva lontanissimo, quello degli Stati Uniti degli anni Sessanta. Oggi che entriamo nel 2025, questa capacità di attualizzazione è ancora più marcata da una fortissima componente narrativa, una storia scritta in maniera ineccepibile e dei personaggi che sembrano non avere uno spazio e un tempo in cui muoversi. Insomma, Mad Men è una serie tv senza età. Come, di solito, lo sono le migliori. Perché riescono a farsi amare attraverso gli anni e soprattutto attraverso periodi storici anche molto diversi tra loro. Già questo potrebbe essere un motivo più che valido per vedere o per rivedere Mad Men, oggi. La particolarità è che i motivi per convincere chi non l’abbia mai vista e quelli per convincere chi la conosce a rivederla, paiono coincidere (qui per altri motivi aggiuntivi). Perché sono semplicemente i capisaldi di un prodotto che rimane nell’Olimpo della serialità e senza il quale vedremmo molte cose in modo diverso.
1. Semplicemente Don Draper
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È il protagonista, ma è anche il cattivo. È il personaggio principale ma è anche secondario, a modo suo. Sa prendersi la scena ma sa anche benissimo come farsi da parte. Don Draper, interpretato magistralmente da Jon Hamm, è uno dei personaggi più iconici della serialità televisiva per come la conosciamo. Complice una scrittura sul personaggio che non ha (o comunque ne ha davvero pochi) eguali, Don Draper non si limita a essere il protagonista della storia, ma è anche vittima, carnefice e villain di se stesso. E anche degli altri, in diverse occasioni. Direttore creativo della Sterling&Cooper, agenzia di pubblicità che lavora instancabilmente nella New York degli anni Sessanta. In un mondo che basa la sua intera personalità sulla pubblicità e sul consumismo. Don Draper, che ha un passato oscuro in cui entriamo a poco a poco, è un leader nato ma è anche un uomo fallibile. Che ha difficoltà ad ammetterlo. Un uomo a metà tra l’eroe della storia, e il villain più spudorato della sua stessa storia. Un uomo che fa della finzione un lavoro ma anche uno stile di vita, costantemente in equilibrio tra passato e presente, tra luci e ombre.
2. La narrazione dell’emancipazione
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Mad Men, che, come abbiamo detto, ha aperto la strada a tantissime dopo di lei, è una delle serie tv più rivoluzionarie che ci possano venire in mente. Laddove per rivoluzione si intenda una componente di lungimiranza e di critica sociale abbastanza forte da rimanere impressa (diventando addirittura didattica). La serie, infatti, racconta una storia fittizia intrisa di realismo storico, di fatti realmente accaduti e di notizie politiche e sociali predominanti. Il lavoro di un’agenzia pubblicitaria negli anni Sessanta, infatti, non può essere avulsa da tutto questo e Mad Men delinea perfettamente una trama che tenga conto della storia umana. Fra le altre cose, il lavoro femminile è un tema piuttosto centrale che Mad Men accoglie con serietà e cognizione di causa, senza tralasciare una piccolissima vena sarcastica e quasi satirica a riguardo. Peggy, su tutte, ma anche Joan e molte altre donne sono centrali ma soprattutto importantissime alla Sterling&Cooper e nel panorama televisivo dei primi anni 2000. Pur essendo Mad Men ambientata negli anni Sessanta, è capace di affrontare un tema come quello dell’emancipazione femminile, in modo attuale e fresco, ricorrendo a istanze in comune tra lo spettatore contemporaneo e le protagoniste di un’epoca diversa. Fa, insomma, un lavoro eccellente su un tema che avrà modo di farsi più spazio più avanti (e di nuovo, fa scuola).
3. L’estetica impeccabile
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Ci rendiamo conto che potrebbe essere troppo evasivo, eppure l’estetica di Mad Men sembra essere un vero e proprio personaggio della serie. Prima di tutto, il fatto di essere ambientata negli anni Sessanta porta Mad Men a sfruttare quel tipo di estetica, riuscendo però a renderla molto più contemporanea di quello che ci si potrebbe aspettare. Perciò i vestiti, soprattutto quelli femminili, sono certamente in linea con la moda di quegli anni ma sono anche senza tempo. Ma quando parliamo di estetica non parliamo solo del look o degli abiti, bensì di quella intera scenografia, curata da Dan Bishop, che fa rimanere Mad Men impressa nelle nostre menti. Lo skyline di New York, quel grigiore malinconico che è costante, gli ambienti degli uffici sempre severi, le case dei nostri protagonisti più cupe di quanto ce ne fosse bisogno. L’estetica di Mad Men, la sua scenografia e la sua fotografia, non fanno che ricordarci di una certa severità degli anni Sessanta e degli Stati Uniti. Quella serietà che portava gli impiegati a vivere per lavorare piuttosto che il contrario. L’estetica di Mad Men pare inserirsi direttamente nella storia, collegarsi direttamente alla storia, prendere parte attiva a essa.
4. Il gioco narrativo
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Una delle cose più interessanti di Mad Men è senza dubbio la doppia linea narrativa che si crea sul passato di Don Draper. Come si diceva, quest’ultimo è uno dei personaggi più interessanti della serie e della serialità televisiva in toto. La sua doppia vita, la sua doppia personalità, emerge poco alla volta e lo fa grazie all’espediente del flash back. Nei momenti di riflessione, vediamo Don Draper rimuginare sulle azioni che ha commesso, sulle scelte che ha fatto e sulle conseguenze che ne derivano. E quando lo fa, scopriamo la sua vita precedente, il passato che cerca in tutti i modi di nascondere soprattutto a sua moglie Betty. E allora Mad Men gioca con la narrazione, fa dei salti indietro e poi torna bruscamente a un presente fin troppo lontano. Gioca con la suspence, con la curiosità dello spettatore che da una parte vuole conoscere la vita passata di Don Draper ma dall’altra vuole continuare con la storia di base. La scrittura narrativa di Mad Men è senza dubbio fuori dal comune e riesce in tantissimi casi (quello della doppia vita di Don Draper era un esempio su tutti) a creare due paralleli tra storie diverse che interessano e incuriosiscono su livelli diversi.
5. L’ambizione di Peggy Olson
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Partire da segretaria di un uomo importante e arrivare a essere socia e leader di un’azienda. Peggy Olson (Elisabeth Moss) è il personaggio che più degli altri in Mad Men, subito dopo Don Draper, crea e manda avanti la serie. Per la sua caparbietà, certo, ma soprattutto per la sua astuzia e per il coraggio che dimostra dalla stagione uno, fino alla settima. La sua ambizione, quella di lavorare nella pubblicità, la porta a cominciare da zero e a conoscere quel mondo prima dalle sue fondamenta. Comprendendo meglio degli altri che è proprio dal basso che partono le decisioni più importanti. Grazie a Joan, che le fa da maestra di vita inizialmente, e a Don che (almeno all’inizio) la protegge contro un sistema tossico e maschio centrico, Peggy Olson diventa chi è. E da una lezione di vita alle persone che la circondano: è una donna imperfetta e piuttosto fragile che sa essere caparbia e molto forte quando le occorre, quando la sua carriera lo richiede. Quella carriera che non sacrificherebbe per nessun motivo al mondo, a costo di incedere in decisioni personali difficilissime e in azioni inaspettate. Peggy Olson e Don Draper guidano Mad Men nella direzione della storia. Dell’uomo e della serialità tutta.