Non è stata dura per Peggy Olson, lo è stata per noi. Che non sia stata dura lo si fa per dire. La copywriter di Mad Men si evolve da ragazza nuova con la gonna troppo lunga, a geniale professionista con la sigaretta che pende da un lato della bocca e il quadro di Bert Cooper sotto braccio. Non è stata dura per Peggy Olson, lo è stata per gli uomini e le donne che le sono stati al fianco.
Non è stato semplice accettare che in quegli anni una donna fosse capace di sedere a gambe incrociate dietro una scrivania, giocare con la creatività e avere il suo angolo degli alcolici in un ufficio che reca il suo nome.
Cosa si cela dietro quella targhetta scintillante con su scritto “Peggy Olson”, dietro il sipario di un mondo di Mad Men in cui a prendersi la scena è una donna fin troppo sopra le righe.
C’è sempre chi le dice cosa dovrebbe fare, come dovrebbe vestirsi, quando dovrebbe sposarsi e in che modo dovrebbe diventare madre. L’orologio fa tic tac, tic, tac. Ma la mente di Peggy Olson fa un suono diverso, che non si intona a nessuna melodia. I don’t think anyone wants to be one of a hundred colors in a box. Nessuno vuole essere uno di cento colori in una scatola, di certo non Peggy Olson, a cui le scatole stanno piuttosto strette. No, non è stato semplice, ma non è stata neanche così dura.
Ecco, per capire Peggy Olson devi un po’ essere Peggy Olson: comprendere che fare qualcosa di difficile e rivoluzionario è comunque più semplice del fare qualcosa che ti sta stretto. È dura ricevere i fiori come se fossi una segretaria, è dura sentire gli sguardi che ti dicono di essere inadeguata. Peggy è una donna in Mad Men e, in quanto tale, deve scegliere.
Scegliere cosa indossare la mattina, scegliere da che lato della scrivania sedersi, quante ore passare in ufficio, decidere se vivere una vita tranquilla o se dedicare tutta se stessa al suo talento pesante, rinunciando di base alla vita vera.
Gli uffici importanti hanno sempre le vetrate, sono come una scatola di cristallo in cui ti ingabbiano facendoti pensare di avere il mondo in mano, invece lo stai guardando dall’esterno, mentre scorre come una pellicola cinematografica e tu ti sporchi le mani di sale e il jeans di pop corn. Scorre e tu devi scegliere, devi farlo anche in fretta. Peggy Olson non sarebbe stata Peggy Olson se non avesse avuto i riflessi felini di chi riesce a essere nel posto giusto al momento giusto, con le persone giuste.
È stata dura avere una vita che non può chiamarsi vita, con la testa nella macchina da scrivere, il fegato a galla tra gli alcolici e una sigaretta penzoloni sull’angolo di una bocca che ha smesso di pensare troppo prima di parlare. È dura ma è anche meraviglioso, il peso di un talento che si districa tra gli ostacoli del mondo. Peggy è aliena come un polipo intento a soddisfare una ragazza, come quel quadro bello e profondo, con il tocco tipico di Bertram Cooper.
L’arte balza, sobbalza, si diverte. Fa lo stesso con Peggy Olson, e le rende la vita terribilmente difficile, eppure terribilmente bella. Non è stata dura svegliarsi un giorno con il telefono in mano e scoprire che si può anche amare, è stata dura per noi vedere questa vita meravigliosa e spericolata destreggiarsi in bilico tra la bellezza del prendere consapevolezza di se stessi e il buio.
La consapevolezza è uno dei fattori chiave dell’evoluzione del personaggio in Mad Men.
Don Draper prende consapevolezza di Peggy prima di lei. D’altronde, il talento è innato e Peggy diventa Peggy senza neanche accorgersene, persa tra un bicchiere e un’illusione. Noi assistiamo a questa evoluzione dall’esterno, e a pensarci sembra qualcosa di più complesso di una scalata del monte Everest. La forza di Peggy Olson è proprio l’essere profondamente, convintamente, se stessa. Non ci sono colori in una scatola capaci di ritrarre le mille sfumature di Peggy.
Peggy è donna, è indipendente, è spudoratamente talentuosa ed è lei. Nessuno di questi elementi presi singolarmente possono descrivere la ragazza nuova di Mad Men.
Il suo talento è naturale, ma lei ha il coraggio di seguirlo. Don Draper, d’altro canto, ha avuto il coraggio di scoprire e carpire quella scintilla. Peggy è pronta a tutto ma, in fin dei conti, le basta solo seguire le onde. Il mondo delle illusioni è volatile quanto fragile. È un mondo fatto di talento, intuizione e relazioni. Peggy deve conquistare quella credibilità che gli uomini hanno di natura, per il semplice fatto di essere uomini.
Noi assistiamo a questo percorso da spettatori, e da donna lo si percepisce ancora più a fondo. Peggy Olson è la lotta di ognuna di noi, quando ogni giorno sembra di dover fare qualcosa in più per conquistare quella credibiltà che non ci spetta di diritto. Peggy Olson combatte quando inizia a crederci, e tutto diventa un po’ meno duro. Tutto ciò che deve dimostrare, deve dimostrarlo a se stessa. Non più a quegli uomini per cui è tutto più semplice. Se non ci crediamo la scalata diventa il monte Everest prima ancora di iniziare.
È nel momento della consapevolezza che a Peggy Olson, e a tutti gli altri, non importa più della lunghezza della gonna.
Peggy è la libertà creativa che non può essere repressa. Le illusioni pubblicitarie diventano per lei materia di arte. Peggy Olson è arte e questo è innegabile. Una volta entrata nell’ufficio della Sterling Cooper la sua vita scivola sul Destino come la stessa Peggy scivola con i pattini leggiadri dell’esistenza sulle macerie di un ufficio ormai vuoto.