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L’iconica sigla di Mad Men

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Contestualmente alle serie tv stesse, un altro elemento fondamentale del prodotto televisivo è nel bel mezzo della sua epoca d’oro: la sigla. Ormai da anni l’opening credits ha smesso d’essere la mera presentazione dei personaggi che entreranno nelle nostre case attraverso lo schermo. L’evoluzione della serialità e del modo di concepirla, coadiuvata da innovazioni tecnologiche che hanno facilitato l’accesso alle motion graphics, hanno reso la sigla d’apertura delle serie tv un elemento portante delle stesse. In questo articolo vi proporremo l’analisi di una delle sigle più iconiche della serialità dell’ultimo decennio: quella di Mad Men.

Mad Men, ossia “uomini folli”. L’espressione fu coniata alcuni decenni fa dai giornalisti americani per rappresentare l’essenza dei pubblicitari di Madison Avenue, New York. Uomini in giacca e cravatta che costruivano immagini per vendere illusioni, in un’epoca che ha fatto delle illusioni le fondamenta del futuro.

Ve lo ricordate cosa diceva Don Draper?

“What you call love was invented by guys like me, to sell nylons.”

Nell’opening credits di Mad Men vediamo esattamente questo: immagini e illusioni. La sagoma stilizzata in bianco e nero di un uomo, il suo ufficio, i palazzi, immagini che si susseguono su di essi, le stesse che proprio quell’uomo e altri come lui hanno creato. Donne in tutta la loro sensualità, uomini nel ruolo di padri di famiglia, bambini sorridenti. Visi, corpi, gambe, calze a rete, rossetti spalmati su labbra carnose. Modelli culturali di un’epoca. Ma la sigla di Mad Men non è solo una rassegna di immagini.

Mad Men

La sigla di Mad Men è un vortice, lento e a tratti inquietante, che ci proietta in una realtà parallela fatta di finzione.

La realtà dei protagonisti, dei Mad Men, degli uomini per cui lavorano, di chi accontentano e di chi sta loro attorno. Quella realtà che si fa finzione e colpisce persino noi che stiamo guardando. O magari ci siamo già dentro.

Forse è per questo che tutti coloro che hanno visto, ascoltato e amato la sigla di Mad Men sono accomunati dagli stessi sentimenti: disillusione, inquietudine e disorientamento. Empatizziamo con l’uomo in bianco e nero che guarda il suo ufficio disfarsi. Ci sentiamo quasi in balìa di quella stessa realtà che una volta rivelatasi e accartocciatasi su se stessa getta quell’uomo in caduta libera tra i palazzi di New York.

Ci sentiamo cadere assieme a lui quando la nostra mente si pone in modalità riflessiva e va alle illusioni quotidiane da cui ci lasciamo circondare e catturare. Queste immagini in movimento ci disorientano. E la musica – complice perfetta delle immagini proposte – ci rilassa. Inquieta alcuni, ma non dà altresì modo di mettersi sulla difensiva. Questo è anche il potere della pubblicità (non a caso protagonista delle storie di Mad Men): metterci in ascolto, comodamente seduti sul nostro divano con le difese basse e la mente aperta. Siamo pronti ad accogliere ciò che essa ci propina, anche solo indirettamente.

Ma perché la sigla di Mad Men ha avuto un tale successo?

La prima ragione è puramente tecnica. Come spiega il direttore creativo di Imaginary Forces (studio di design creatore della sigla) Peter Frankfurt, la sigla di Mad Men nasce da un fortunato connubio tra un’idea provocatoria e un vincente lavoro di grafica. La prima è concepita dallo stesso Matthew Weiner. A quanto pare il creatore di Mad Men pensava – all’inizio – a una scena recitata: un Don Draper che prende il treno per Manhattan e arriva in ufficio per poi buttarsi dalla finestra. Il lavoro di design ha fatto il resto. La scena – rielaborata – è stata costruita con la grafica, anziché con la recitazione.

Con uno stile moderno ma ispirato ai lavori del designer Saul Bass (anni ’50 e ’60), i grafici sono riusciti a fare di un’idea vincente una delle sigle più memorabili degli ultimi anni. La ripetitività con cui Mad Men è andata in onda le ha dato poi un definitivo carattere iconico.

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Ma non c’è solo la tecnica. È la riflessione in cui ci proietta questa sigla che ha contribuito a renderla immortale.

In soli 36 secondi, ci immergiamo in una realtà che a prima vista potrebbe sembrare non appartenerci, ma poi non siamo più tanto certi che sia così. L’uomo in nero che vediamo andare in ufficio solo per vederlo sgretolarsi, potremmo essere tutti noi. La realtà in cui vive e opera si fonda su basi spesso fittizie, crolla su se stessa e travolge anche lui. Lo vediamo precipitare giù per i palazzi di Manhattan in una lenta ma inesorabile caduta tra i modelli culturali che lui stesso ha contribuito a creare ma che durante la caduta non possono sostenerlo.

E quando alla fine sembra aver raggiunto il suolo… vediamo la sagoma di un Don Draper comodamente seduto su una poltrona. Con l’elegante presunzione che lo contraddistingue: un braccio allungato perpendicolare al corpo, in posizione rilassata e una sigaretta tra le dita.

E così la società dei modelli. Vai al lavoro, crei qualcosa che si dissolve in immagini che non costituiscono la vera realtà, ne resti schiacciato, cadi, ma alla fine torni al punto di partenza. Suona familiare?  È il messaggio di questa maestosa opening credits: Mad Men siamo tutti noi. Don Draper sei anche tu. Solo meno figo.

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