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Mad Men è una Serie Tv che parla di grandi donne

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Dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna.

La massima di Virginia Woolf si sposa bene anche al caso di Mad Men, seppure con alcune particolarità. La storia raccontata dallo show ideato da Matthew Weiner (I Soprano), ha come protagonista Don Draper, pubblicitario della prestigiosa agenzia ‘Sterling Cooper’ alle prese con un passato oscuro ed un presente che si complica puntata dopo puntata. È marito, padre, amante e addirittura disertore della Guerra di Corea. Queste identità andranno a collidere lentamente, quanto è lento il declino del sogno americano inseguito da Don Draper/Dick Whitman. Se per l’ambiguo protagonista il futuro appare sempre più cupo e incerto, sono forse le donne a tenere vivo quel fuoco di conquista di un America che non smette di prosperare nonostante le difficoltà del periodo storico.

Contestualizziamo: siamo nel pieno della Guerra Fredda, anni ’60, sorgono i primi movimenti inneggianti al “black power” e il femminismo è più che una voce in mezzo al coro dell’opinione pubblica. La scelta di cominciare il pilot proprio con l’ingresso di Peggy Olson all’interno dell’agenzia ‘Sterling Cooper’ è forte, ma in linea con quello che sarà lo sviluppo del personaggio e della vicenda: da segretaria di Don a copywriter di talento, contesa tra più agenzie e, pur non essendo avvenente come altre donne che compaiono nel serial, in grado di far girare la testa a tanti uomini grazie soprattutto alla propria intelligenza. Peggy ripercorre in un certo senso le orme di Don, lo vede come proprio mentore, rinuncia seguendo il suo consiglio a crescere un figlio per eludere gli stereotipi sociali e assicurarsi un futuro diverso da quello della maggior parte delle donne, americane e non. È l’unica donna che, di fatto, Don tratta da uomo. Ma, al contrario del suo capo, Peggy mantiene sempre la sua dignità in un mondo maschilista e poco aperto all’integrazione di elementi femminili in posti di rilievo all’interno di un’azienda. Infine, a certificare ancor di più la forza del character interpretato da una magistrale Elizabeth Olsen (unica attrice del cast, oltre a Jon Hamm, a conquistare un Golden Globe per la sua prova) è il fatto di non aver ceduto mai al fascino di Draper, nonostante il loro rapporto evolva in qualcosa di intimo e confidenziale.

Al polo opposto, per carattere del personaggio e sviluppo futuro, troviamo Betty Draper, che prenderà il cognome Crane al momento del suo secondo matrimonio. Betty, intepretata dalla bravissima January Jones, era una brillante studentessa, laureata in antropologia, e modella, lavoro che l’aveva portata a girare anche oltre il suolo americano. Questo fino all’incontro con Don, che la sposerà e metterà su famiglia con lei. E con un marito sotto contratto con una delle aziende pubblicitarie più potenti del paese, tre figli a carico e l’età che avanza e fa appassire il fisico e lo spirito, l’ascesa di Betty si arresta. Il carattere di questa donna è molto introverso, fragile tanto da essere adombrata per larghi tratti da quelli delle figure maschili che si avvicenderanno nella sua vita, ma in grado di liberare vibrazioni emotive da pelle d’oca: nel finale della terza stagione, il confronto che lei e il futuro ex marito hanno in camera da letto è una delle scene più forti e meglio riuscite della serie, sia per il cambio di ritmo che dà alla storia che per l’importanza rivestita in quel momento. Betty dimostra, a differenza di Peggy, di non sapere pienamente cosa fare della propria vita, di non riuscire ad essere indipendente e svestire i panni della “Jackie Kennedy” dell’uomo in carriera di turno (tanto che si sposerà con il politico Harry Crane pochissimo tempo dopo il divorzio). Molto presto uscirà fuori anche il suo lato più infantile quando instaurerà un rapporto ambiguo con Glen, ragazzino amico di sua figlia Sally. Quando le viene diagnosticato un cancro terminale ai polmoni, tuttavia, Betty fa una scelta che va completamente contro le decisioni prese per tutta la vita: rifiuta sì le cure, quindi la possibilità di lottare e vivere almeno per un anno in più, ma va contro sia alla volontà sua famiglia che a quella di Don, decidendo di liberarsi da quella gabbia che l’ha tenuta rinchiusa per tutta la sua vita e scegliendo da sé il modo più dignitoso di andarsene.

Perfettamente in mezzo alle due figure appena discusse, abbiamo Joan Holloway. Responsabile d’ufficio della ‘Sterling Cooper’ e donna avvenente ma non più giovanissima che lotta ogni giorno per mantenere il suo status ed evitare di essere messa in disparte da donne più giovani. A dispetto di come viene dipinta nella prima stagione, il personaggio di Christina Hendrix evolve con il trascorrere degli episodi mostrando non solo un’intraprendenza fuori dal comune, ma anche tanta sensibilità che contraddice un po’ la figura della tipica “bella senza cervello” che si intuiva tra le righe all’inizio della serie. Ma, probabilmente, questa è un’altra scelta azzeccata dalla produzione. Joan si situa esattamente a metà tra Peggy e Betty: è una donna in carriera che scala sempre più le gerarchie dell’azienda, ma trova anche il tempo di sposarsi e fare un figlio. Scelte che la mettono anche nella posizione di poter scegliere da sé ciò che vuole dalla sua vita. Ovviamente, anche l’avvenente rossa ha i propri grattacapi: nella prima stagione intrattiene il classico “affair” con Roger Sterling, figlio di uno dei soci fondatori dello studio; poi si sposa con un aspirante chirurgo che tradirà proprio con Roger, concependo il figlio di quest’ultimo riconosciuto, però, dal primo. In tutto questo groviglio, la personalità della donna non finisce mai in secondo piano: Joan non è come la prima Betty, in balia degli eventi e degli uomini, ma è una donna consapevole di poter sbagliare e che, soprattutto, si mette d’impegno per rimediare ai propri errori. Se nelle ultime stagioni respinge anche le avances di Pete Campbell, l’uomo che, tra le altre cose, mise incinta Peggy, Joan lo deve a un percorso lineare nel quale riesce a trovare la propria gratificazione sia nel mondo del lavoro che nella vita di tutti i giorni. Un quotidiano nel quale non ha bisogno di essere messa in secondo piano da nessuno.

Alle spalle delle tre indiscusse protagoniste femminili principali, abbiamo numerose sfumature del gentil sesso che rendono Mad Men la serie televisiva perfetta per poter spiegare un determinato cambiamento sociale in atto negli Stati Uniti, negli anni ’60. E non si parla solo delle numerose amanti di Don Draper, tra cui figurano sia la hippie Rachel che la seconda moglie ed ex segretaria Megan, ma anche di figure dell’infanzia dell’uomo quali la matrigna Abigail (presentata solo in reminiscenze del protagonista) e altre del presente come la figlia Sally. Proprio a lei ci conduce l’ultima riflessione. C’è una ragione se Weiner si concentra più su Sally che su Bobby, l’altro figlio, oltre Gene, di Don e Betty. La primogenita Draper è una ragazzina più matura probabilmente delle sue coetanee, vive in prima persona la separazione dei genitori, becca il padre tradire la seconda moglie e ha un rapporto conflittuale con la madre. Ma possiede il carattere forte del fu Dick Whitman, il quale fa capire a più riprese di rivedersi nella figlia. Sally rappresenta il confine tra l’infanzia che Don non ha mai avuto e la vita matura e serena che non è riuscito a costruire. E che rischia precludere anche alla figlia una volta che la madre sarà morta, costringendola ad abbandonare i propri progetti per rimediare all’inadeguatezza del suo essere padre e rinchiudendola nella stessa gabbia in cui è soffocata alla fine Betty.

In conclusione, il titolo Mad Men è chiaramente ingannevole. Parla sì degli uomini che lavorano nella prestigiosa Madison Avenue, ma sposta anche l’attenzione sulla psicologia di donne che non si riducono a mere comparse, ma diventano a tutti gli effetti protagoniste della loro vita. Donne che dimostrano quanto il sogno americano, nonostante i fallimenti di Draper, sia ancora vivo in qualche modo.