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Quello di Mad Men non è il Man’s World

Mad Men
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Lo dice il titolo stesso, Mad Men, che questa Serie Tv all’apparenza parla di uomini.

D’altra parte, come potrebbe essere diversamente? Mad Men racconta del mondo dei pubblicitari di Madison Avenue, quei pazzi che hanno plasmato tra le loro mani il consumismo americano.

Non è altro che una bellissima fotografia dell’epoca di cui parla, gli anni ’60, controversi e agitati ma fiorenti. Mad Men è semplicemente una Serie Tv che illustra la vita dei suoi personaggi, un’istantanea che non pretende uno svolgimento intricato e colpi di scena eclatanti; dopotutto, c’est la vie! La sua stessa conclusione dà prova della sua filosofia: si chiude sfumando, senza aspirare a porre una fine alle storie dei protagonisti, perché la loro vita continua oltre lo schermo nero.

E poiché si propone di essere una fotografia a colori, non può prescindere da tutto quello che gli anni ’60 rappresentavano a livello sociale ed economico. Per questo Mad Men affronta la tematica razziale, le crisi internazionali della Guerra Fredda, il divario di ricchezza tra classi, e tra questi anche e soprattutto il ruolo della donna nella società.

Ad un primo livello, quello che a noi viene propinato sullo schermo è il cosiddetto man’s world: un mondo in cui l’uomo è padrone indiscusso e la donna è ciò che l’uomo vuole che sia. Lo vediamo in primo luogo nella pubblicità creata dagli stessi creativi della Sterling Cooper: le campagne raffigurano famiglie in cui la donna è asservita ai figli e al marito ed è gioiosa nel suo ruolo, ma nella serie non esiste una casalinga che sia felice della sua subalternità.

L’elemento statico e conservativo è per l’appunto incarnato dagli uomini. Rappresentano il predominio dell’uomo bianco, cieco di fronte all’aria di cambiamento, al progresso e al riconoscimento dei diritti delle donne e delle minoranze. Anche professionalmente sono incapaci di concepire il cambiamento: per portare un esempio, in una riunione tra creativi ha luogo una discussione sulla celebre pubblicità della Volkswagen di Bernbach, e lo stesso Don Draper si dice disgustato dall’idea. Bernbach ha rappresentato un elemento chiave di rivoluzione creativa nella pubblicità, uscendo dagli schemi stantii dei pubblicitari di Madison Avenue. Non è un caso che la sigla stessa della serie si ispiri alla campagna “Think small”.

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Concept iniziale della sigla

Le donne, d’altronde, sono la vera voce degli anni ’60. Se, come dicevamo, tra le altre cose Mad Men parla del maschilismo radicato e affatto celato di quegli anni, il cambiamento che fa di questo decennio un periodo di rivoluzioni lo vediamo nelle donne.
Non semplici mogli con cui i personaggi maschili possono presentarsi a braccetto nelle cene di lavoro, ma protagoniste ed imprescindibili.

Le donne di Mad Men sono stanche degli uomini che non sanno ricevere un ‘no’, che pretendono qualche sorta di potere su di loro, non le contemplano come colleghe alla pari e non sanno riconoscere i propri errori. E piano, a passi felpati, dal primo episodio all’ultimo compiono uno strabiliante viaggio verso l’inclusione e l’accettazione in un mondo che le voleva madri, mogli e nulla più. Sono personaggi che si sono scollati dalla propria rappresentazione non veritiera da rivista patinata.

Il femminismo e la questione della posizione sociale delle donne non sono tuttavia affrontati esplicitamente in Mad Men. È un argomento che perlopiù rimane implicito, ma non per questo invisibile, che si riflette con chiarezza principalmente in tre personaggi femminili.

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Betty Draper

In primo luogo ci interfacciamo con la storia di Betty Draper (January Jones), la moglie di Don, una giovane e bellissima donna che forse, più delle sue compagne di schermo, si è trovata incastrata in un ruolo che non le appartiene. Da modella ha viaggiato per il mondo, lavorato in Italia e si è laureata. La veste di moglie e madre non sembra calzarle comodamente, infatti all’inizio della serie la vediamo come una donna angustiata e frustrata in particolare da Don e la sua impenetrabilità.

Betty è tutt’altro con un bel viso senza un cervello; ha la forza di allontanarsi da Don e di ricominciare una vita più dignitosa con il suo nuovo marito, il politico Henry Francis.
Tuttavia non compie mai il salto necessario per rivoluzionare la propria condizione, se per scelta o per forza di cose non ci è dato saperlo. Seppure si riscatti da un matrimonio infelice, per tutta la serie è accompagnata da un’inquietudine ed insoddisfazione da cui non ha modo di liberarsi. Lo spettatore sa che la vita che conduce Betty non è lontanamente adeguata al suo spirito, ma la sua gabbia è esattamente quella di molte altre casalinghe di quegli anni, che non vedevano alternative a quella vita.

E alla fine della serie la vediamo vittima di una sorta di contrappasso: quando decide di tornare al college e studiare è proprio il momento in cui le viene diagnosticato un cancro terminale ai polmoni.

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Joan Holloway

Avvicinandoci invece al mondo dei Mad Men, quello delle agenzie e degli affari, giungiamo inevitabilmente a Joan Holloway (Christina Hendricks).
Joan è certamente portavoce dell’oggettivazione della donna, specialmente in ambiente lavorativo, in cui il suo valore è dato dalla bellezza e niente più.

Attenzione, Joan è tutt’altro che una figura frivola e vacua. È intelligente, tenace, e furba. Il suo percorso la porta a distinguersi e ad allontanarsi dall’ambiente maschilista in cui è sempre stata vista alla stregua di un oggetto sessuale.
La sua carriera inizia alla Sterling Cooper come segretaria, e gradualmente diviene un elemento indispensabile per il funzionamento dell’agenzia e ne diventa socia alla sua ricostituzione. Il suo ruolo chiave viene riconosciuto dai suoi soci, ma soprattutto nelle relazioni con l’esterno Joan è spesso oggetto di discriminazione e molestie.
Questo aspetto viene sottolineato in modo particolare quando diviene merce di scambio per un finanziatore che in cambio del suo capitale pretende una notte con lei.

Non solo sul lavoro, ma anche nella vita privata Joan affronta un matrimonio infelice, compreso uno stupro da parte del marito, che la lascia sola con suo figlio.

Nonostante sembri che la vita di Joan sia alla mercé degli uomini che incontra, alla fine giunge il suo riscatto. Diventa un’imprenditrice, sciogliendo così le briglie che la legavano ad un ambiente stantio, e così padrona di se stessa. Fino alla fine viene messa alla prova, e di fronte alla scelta tra un compagno e padre per suo figlio e la sua propria carriera, Joan con sorpresa e compiacimento dà il “no” definitivo a chi la vuole al pari di un ornamento.

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Peggy Olson

Infine non possiamo non parlare di Peggy Olson (Elisabeth Moss), la rivoluzione più palese nell’universo femminile di Mad Men.

Nel primo episodio mette piede per la prima volta nell’agenzia come segretaria, priva di esperienza e fuori luogo. È chiaro fin da subito quanto Peggy sia inadatta a quel ruolo: ci viene presentata come una ragazza anonima, senza particolari virtù fisiche né, all’apparenza, intellettuali.

La sua ambizione però si mostra presto; inizialmente commette un errore di valutazione, pensando di dover per prassi andare a letto con il suo capo, Don, da cui viene bruscamente liquidata. Viene poi subito circuita da Pete Campbell, già fidanzato ed in dirittura di sposarsi, e rimane incinta senza saperlo fino al momento del parto.

Almeno all’inizio la vediamo quasi impotente, in balia degli eventi, ma a piccoli passi Peggy si fa strada tra i suoi colleghi, fino ad arrivare a capo dei copywriter. Tutto questo Peggy lo ottiene solamente con i suoi sforzi mentali, in un ambiente in cui, come abbiamo già detto, il valore di una donna è dettato dalla sua avvenenza.
La sua evoluzione è ben tracciabile anche visivamente: dalla timidezza con cui portava vestiti anonimi e classici rivela una graduale sicurezza nello sfoggiare abiti alla moda e tagli corti e audaci. Anche i suoi continui ed instancabili scusa di cui era piena la sua bocca agli inizi vengono sostituiti da decise dichiarazioni.

Peggy lavora sodo fino a vedere la sua autorità legittimata e considerata alla pari dei suoi colleghi, esattamente uno dei propositi delle rivendicazioni femministe di quegli anni.

La conclusione dell’arco narrativo di Peggy la vede perfettamente inserita in una posizione di successo all’interno di un’agenzia pubblicitaria e appagata a livello personale, a differenza di Joan che invece decide di estraniarsi da quel mondo e ricominciare individualmente.

I diversi percorsi delle protagoniste di Mad Men rappresentano il mezzo più adatto e significativo per un’analisi delle dinamiche sociali di cui abbiamo parlato finora. Mettono in discussione un mondo fatto di soli uomini alla guida della società, sottolineando a posteriori quanto sia stata benefica la lotta delle donne per l’emancipazione e l’inclusione negli ambienti lavorativi. Se ora ci sembra naturale, non era scontata allora l’importanza della diversificazione di genere nelle cariche, e Mad Men ha dato una brillante rappresentazione del momento in cui qualcosa è iniziata a scattare anche nelle menti dei meno lungimiranti, rappresentando in maniera sottile, da vicino, senza attribuirgli un nome, un momento storico che ha contribuito alla dignità del ruolo delle donne.