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Màkari – La Recensione dell’ultima puntata della fiction con Claudio Gioè

Màkari
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La seconda stagione di Màkari è terminata questa sera 21 febbraio con la terza e ultima puntata appena trasmessa in prima serata su Rai 1 e in streaming su RaiPlay. La serie con Claudio Gioè e Domenico Centamore (che per l’occasione sono stati ospiti ai Soliti Ignoti) ha ottenuto un ottimo seguito, oltre 5 milioni di spettatori, grazie al suo intrattenimento sfizioso, riflessivo ma divertente. La storia di Saverio Lamanna avrebbe tutti gli ingredienti per diventare il nuovo cavallo di battaglia della rete ammiraglia, al pari di Montalbano, ma c’è qualcosa che non ci convince fino in fondo. La serie tv diretta da Michele Soavi ha un soggetto maturo e una scrittura intrigante. Tuttavia, per accedere alla prima serata Rai, sembra che abbia accettato qualche compromesso di troppo diventando prevedibile e trascurando gli elementi innovativi che non ha saputo valorizzare a dovere. Il formato, purtroppo, non soddisfa a pieno né lo spettatore allergico alla fiction – che si tiene alla larga dal telefilm generalista come una certa tipologia di intrattenimento insegna – né quello che desiderava una narrazione più tradizionale, più ritmata e meno impegnativa. Màkari racconta una storia coinvolgete, delle tematiche controverse e dei personaggi sfaccettati al pari di un dramey dal carattere noir. Purtroppo però non riesce ad emanciparsi e resta invischiata in dinamiche ancora troppo vicine alla “fiction all’italiana”, come alcuni siparietti comici ed espedienti narrativi ingenui, lo “spiegone” e la recitazione a tratti forzata. Ad ogni modo, si tratta di piccoli difetti che non tolgono molto all’esito complessivo della serie. Senza dubbio il bilancio della seconda stagione è positivo. Tuttavia non riusciamo a trattenere il rammarico per un’occasione mancata perché l’ultimo poliziesco di Palomar aveva tutto per essere un nuovo fenomeno seriale innovativo, come nel 1999 lo è stato Il commissario Montalbano con Luca Zingaretti.

Un dramedy noir che non ci crede abbastanza

Màkari

Il protagonista ha tutte le carte in regola per sottrarre un po’ di attenzione al personaggio ideato da Andrea Camilleri. Interpretato da un attore eccellente, Claudio Gioè (La meglio gioventù, Passeggeri notturni), la cui bravura qui non è valorizzata al massimo, Saverio Lamanna, uscito dalla penna di Gaetano Savatteri, è un personaggio insolito per la tv generalista. È uno scrittore/investigatore per caso. Un anti-eroe sornione, immaturo e “camurrioso”, epicureo e scontroso, nullafacente e idealista. Non sempre dice la cosa giusta; è geloso, impiccione e talvolta ha delle uscite particolarmente sconvenienti. La seconda puntata della seconda stagione, andata in onda lo scorso lunedì 14 febbraio, ha sollevato un velo di indignazione per una sua battuta, giudicata irrispettosa verso una donna, offensiva e gretta, come scrive la giornalista Silvia Fumarola su La Repubblica. L’offesa in questione è pronunciata dal protagonista nei confronti di Marina (Francesca Turrini), la fidanzata di Piccionello (Domenico Centamore); nonché una ex collega giornalista. Chiunque abbia seguito la fiction sa bene che tra i due non corre buon sangue per via delle loro rispettive concezioni di giornalismo. A detta di Saverio, la collega persegue un tipo di “giornalismo scorretto”. Da quando il personaggio ha fatto la sua apparizione, Lamanna e Marina si sono insultati, scherniti e “schifati” a ogni occasione. Ma il loro prendersi a parolacce non ha mai avuto nulla a che vedere con il genere. La battuta sotto processo recita:

Piccionello: «Mi è mancato il tuo odore» rivolto a Marina, la sua fidanzata.

Lamanna: «Potevi andare al mercato del pesce quando picchia il sole»

Màkari 02×02

L’offesa, alla luce di queste premesse, non può essere considerata sessista perché non si riferisce al personaggio in quanto donna, ma al fatto di essere “una giornalista da strapazzo”. Inoltre Piccionello e Lamanna, una coppia improbabile che stranamente funziona, tendono quasi all’amore platonico, e ormai sappiamo quanto il protagonista sia geloso. Marina, dai racconti di Lamanna, viene descritta come una professionista scorretta che ha l’abitudine di scrivere falsità e di ricercare lo scoop a discapito di tutto. Perciò l’odore di pesce, e dunque di marcio, che emanerebbe non è da imputare né alla sua forma fisica né a qualsivoglia caratteristica femminile. Potremmo quasi dire il contrario, cioè che la libertà con cui i due si insultano denota un pensiero femminista molto maturo. Sono due giornalisti che s’insultano a vicenda (Marina risponderà all’offesa: “ma perché non ti suicidi!?) perché hanno due visioni antitetiche del loro lavoro. Lo sfottò, poi, è il marchio di fabbrica di Màkari: dai battibecchi con il vicequestore Randone (Filippo Luna), il padre, a quelli con Piccionello, nessuno viene risparmiato dall’insulto gratuito. Ed è per questo suo carattere politicamente scorretto che Màkari avrebbe meritato uno spazio seriale diverso dalla solenne prima serata Rai. Come è accaduto con il riadattamento seriale di Passeggeri Notturni di Carofiglio, interpretato dallo stesso Gioè. Il tenue noir, infatti, non è passato in prima serata, nello spazio canonicamente destinato alla fiction, ed è rimasto all’ombra del catalogo di Rai Play mantenendo quindi maggiore libertà creativa.

Mafia, risate e insulti

Claudio Gioè

Màkari parla di cronaca nera, di cibo e di arte; del desiderio di cambiare la Sicilia, di bellezza e di criminalità organizzata con toni a volte leggeri, a volte drammatici, mantenendo costantemente un equilibrio credibile. Riesce a farci ridere con la semplicità di un co-protagonista ingenuo, come Piccionello, ma non risparmia la serietà che meritano i discorsi contro la mafia. Nella 02×02 Saverio e Piccionello partecipano addirittura a un convegno contro la mafia dove viene raccontata l’origine della parola Cosa Nostra e dove vengono affrontati degli argomenti spinosi. La trama gialla fila senza intoppi, alternando allegria e tensione narrativa: la cifra stilistica che ha fatto appassionare milioni di spettatori. La sottotrama sentimentale portata avanti dalla coppia Gioè-Pantano è originale, stuzzica l’interesse e non annoia con quelle dinamiche trite e ritrite tipiche del melodramma. Il personaggio stesso di Suleima è interessante, mai banale e lontano dal cliché della femme fatale che non ha nulla da aggiungere se non la propria bellezza esteriore. Anche papà ha trovato un’amica, per la gioia del figlio, e la relazione tra Peppe e Marina ha subito un’evoluzione imprevista. Ma il pregio più grande della serie è quello di aver raccontato una bellissima storia di amicizia tra due uomini adulti, che suggellano nella 02×03 con un abbraccio liberatorio.

Il lusso della giovinezza (02×03)

Màkari

Nella seconda stagione assistiamo a un’ulteriore evoluzione dei personaggi che culmina nella terza puntata, Il lusso della giovinezza. Uno sviluppo ben costruito e fedele alla pagina scritta, ma a volte troppo didascalico. Ritroviamo Suleima più matura mentre esplora la sua nuova dimensione professionale. Peppe Piccionello che ci accoglie con una maglietta con il suo volto che recita “born to be makarian” – si affranca finalmente dal suo ruolo di spalla e conquista il meritatissimo posto da co-protagonista, assicurando sempre degli alti livelli di ironia quasi demenziale. Teodoro (Andrea Bosca), la new entry che ci aveva convinto poco nelle prime due puntate, si rivela un personaggio chiave, capace sia di movimentare la storyline amorosa, sia di far precipitare la situazione di nuovo nel giallo. La chimica che lega i protagonisti è contagiosa e le location siciliane incantano. Ma si tratta di qualcosa in più di una semplice cornice suggestiva. Il paesaggio funge da personaggio a sé stante che, come una voce profonda, ci racconta la magnificenza del nostro Paese e tutte le contraddizioni che lo attraversano.

[SPOILER] La terza e ultima puntata di Màkari ci lascia con l’ennesima morte ingiusta e prematura. Saverio ha perso il suo romanzo, ma i problemi più gravi stanno per arrivare. Questa volta la tragedia coinvolge direttamente Suleima che ne resta sconvolta. Il suo capo, Teodoro Bettini, che risultava scomparso da ore, viene trovato morto alle pendici di un’altura a Pizzo Ciunna, dove abita un certo Don Cesare. Ancora una volta però è solamente grazie alla determinazione di Saverio, che raramente si lascia sfuggire un indizio, che il caso non viene archiviato come un semplice incidente di montagna. Lamanna è l’unico a rincorrere la tesi dell’assassinio, tanto da suscitare sospetti nei collaboratori della fidanzata. Alla fine però tutto si risolve nel migliore dei modi con l’arresto di Rocco, con il trasferimento dell’intera squadra di Suleima a casa Lamanna e con il recupero del romanzo. Un lieto fine rassicurante e un po’ prevedibile, dunque.

Un finale di stagione che soddisfa ma non sorprende

Màkari

Màkari – che ricordiamo è tratta da una saga letteraria di successo – offre un intrattenimento certamente di qualità all’interno del palinsesto Rai. Eppure permane quel certo non-so-che che non ci dà pace. La serie dimostra che nella tv generalista c’è spazio per un giallo raffinato che sa garantire un equilibrio a metà tra la commedia all’italiana e il noir d’autore. Come lo definisce Claudio Gioé, Lamanna è molto divertente ed è un personaggio diverso da quello fatto negli ultimi tempi. Eppure, rispetto agli altri prodotti firmati Palomar – la stessa casa di produzione di Monterossi, I delitti del BarLume, Il giovane Montalbano e Il commissario Montalbano Màkari resta ancora legata alle dinamiche della “fiction all’italiana”, che le impediscono di fare il salto verso una serialità davvero matura e contemporanea, al pari degli altri prodotti.

Rimpianti a parte per quello che Màkari avrebbe potuto essere, la seconda stagione conferma il successo della prima, tanto che questo finale potrebbe non essere un addio. Infatti il moderno e improbabile duo siculo di Don Chisciotte e Sancho Panza con le infradito da trekking potrebbe ritornare a mettersi nei guai nel 2023 con una terza stagione.

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