Option C è il titolo dell’episodio finale della miniserie che ha inaugurato la stagione autunnale su Netflix: Maniac. Cary Fukunaga e Patrick Somerville hanno confezionato un prodotto intricato, complesso, ma estremamente funzionale. L’ultima puntata, in questo senso, prova a chiudere i cerchi aperti ma non esclude la possibilità di avere ancora qualcosa da raccontare.
Nei 35 minuti finali (scelta ambiziosa una durata così breve vista l’intenzione di dare risposte) assistiamo alla momentanea separazione tra Annie e Owen a causa della fine del trattamento. Quest’ultimo si è rivelato un fallimento. Tanto che per salvare i pazienti, James e Azumi sono dovuti ricorrere alla disconnessione del computer GRTA, perdendo tutte le 73 connessioni create.
Già, la connessione: non quella stabilita clinicamente. Quella che, come detto, ha fallito. Ma quella cosmica, della vita reale, sembra essere l’unica vera medicina per i due protagonisti. Vediamo perché. Occhio agli spoiler.
La fine del trattamento presso la Neberdine spinge i protagonisti a fare una scelta. In particolare, Owen decide che separarsi da Annie è la soluzione migliore perché il continuare a coltivare quella connessione avrebbe portato a due risultati. Opzione A: a un certo punto Owen avrebbe scoperto che Annie altro non è che un’altra sua allucinazione e invenzione. Opzione B: Annie è reale, ma Owen avrebbe rovinato tutto a causa della sua instabilità, trattandola male senza motivo.
Questo è ciò che dice l’uomo alla sua psichiatra nell’ospedale in cui è rinchiuso dopo aver testimoniato contro il fratello. Owen è stato convinto dalla sua famiglia che l’unico posto in cui può vivere senza fare del male agli altri è l’ospedale psichiatrico. Il falco è stato rinchiuso.
La cosa paradossale di Maniac, tuttavia, è che i personaggi cadono subito dopo aver sconfitto i loro demoni.
Guarire, ci viene detto, significa sconfiggere i propri demoni. Ma dopo che Owen è in grado di scrivere la lettera a Olivia, ricade nella schizofrenia e viene internato. Al contrario, Annie esce dal trattamento alla Neberdine sconvolta, ed è solo grazie al fatto che il padre esca dal suo guscio (fisico e astratto) che riesce a beneficiare dell’incontro avuto con la sorella grazie alla pillola C (conflitto). Annie capisce che Owen può essere la risposta e il complice nel fare le cose che non è in grado di fare da sola, come andare a Salt Lake.
Ma capirlo non basta. Serve una spinta, un simbolo, e Maniac in questo senso sembra darci una posizione chiara. Il ruolo del destino è stato spesso protagonista o antagonista in molti prodotti televisivi e cinematografici: per le Serie Tv non possiamo non pensare a Lost e a come John Locke insista sulla necessità di farsi guidare dagli eventi. In Maniac la connessione è la guida, è la medicina, ma qual è l’elemento che la gestisce? Prendiamo le parole di Annie nella terza puntata:
“Non c’è uno schema, l’universo è caos”
Ma nella penultima puntata ella si ricrede e afferma che forse non è solo caos. Non viene detto esplicitamente, ma è il destino ad avere un ruolo unificatore. Come? La scritta sul giornale la quale permette ad Annie di scoprire che Owen è nell’ospedale psichiatrico. L’universo ha uno schema (come viene più volte fatto rimbalzare nella prima puntata), ma questo non vuol dire che i soggetti saranno passivamente guidati.
Annie lo capisce nel momento in cui, arrivata all’ospedale psichiatrico, trova un Owen restio ad avere contatti, proprio per paura che lei non possa esistere (l’opzione A) o che possa in qualche modo mandare tutto all’aria (opzione B). Il personaggio di Jonah Hill è stato convinto della sua pazzia, è tornato a essere una capsula dormiente vittima di se stesso. Ma c’è Annie a svegliarlo: nonostante le sue resistenze, lei gli spiega che, come lui è stato sempre al suo fianco nelle loro visioni durante la terapia, era suo dovere adesso andargli incontro e credere in quella connessione:
“Sono qui perché sono tua amica, ed è questo che fanno gli amici”.
Il fatto che Owen decida di accettare se stesso è il definitivo atto di ribellione e distacco dalla sua famiglia. In questo senso il simbolismo di Maniac è esemplare, soprattutto quello relativo al falco. Questo rapace è uno degli animali con una simbologia più accentuata che ha attraversato numerose civiltà (dagli egizi ai greci, dai romani alle filosofie orientali) e che, conseguentemente, presenta parecchi possibili significati.
Applicabile a Owen,, che nella nona puntata afferma esplicitamente “Annie, sono un falco!”, è senza dubbio quello della visione: il maestoso volatile è famoso per la vista eccellente e spesso è stato inquadrato come metafora di una visione ampia delle cose, di uno schema per usare le parole di Owen.
Nel finale vediamo un cane (legato probabilmente alla sorella di Annie) e un falco, posato su uno degli aggeggi di pulizia della strada inventato proprio dalla famiglia di Owen, un Poop Bot. Il falco è libero, come Owen: il ragazzo non deve più rispondere alla sua famiglia. Proprio come il falco della sua storia, salvato e liberato quando era un bambino, alla fine riesce a togliersi le catene e a incarnare l’ultimo aspetto simbolico dell’animale: la libertà.