Marcella, scritta e diretta da Hans Rosenfeldt, noto per l’acclamata The Bridge, tra i crime antologici più visti e amati dal grande pubblico, è l’esemplare connubio tra Regno Unito e Nord Europa. Lo stile, il tono e il cielo di Londra perfettamente si adattano agli oscuri personaggi che compongono la serie e che ricordano i noir nordici. L’isolamento e la solitudine che spesso si percepisce negli show nordeuropei è qui legata all’animo della protagonista. Oltre che alla sua dimensione più privata, che concerne anche la sua salute mentale. Marcella potrebbe essersi macchiata di crimini terribili e l’immedesimazione è qualcosa che Anna Friel, magistrale attrice, si conquista piano piano, tra errori, complicazioni e fallimenti imperdonabili.
Le indagini seguono invece la tipica struttura delle serie tv britanniche, attente e dettagliate, dove c’è un’intero mondo, ampio e variegato, che ruota attorno al crimine. E dove ognuno dei personaggi ha propria personalità, esistenza, e in qualche modo è legato al reato da cui parte tutto (qui i migliori crime britannici di Netflix). O a una parte della criminalità organizzata londinese, che Marcella non manca di presentare. Sfumata al punto giusto e attorno a quegli omicidi efferati e a quelle scie di sangue per le strade. Oltre ad Anna Friel, Marcella, nel corso delle 3 stagioni, include nel cast anche nomi come Nicholas Pinnock, Harry Lloyd, Florence Pugh, Sinéad Cusack e moltissimi altri. Disponibile su Netflix (qui una lista di altre perle crime del catalogo da recuperare) con tutti i completi 24 episodi, Marcella è una di quelle serie tv assolutamente da vedere.
La trama di Marcella
Marcella appare da subito come un noir nordico per la cupa atmosfera che lo contraddistingue (ecco alcune serie tv scandinave da non perdere). Dove il genere del noir è da ricercarsi nei protagonisti dall’animo intaccato e nero, spesso soli e con un passato alle spalle del quale non si parla. È proprio il caso di Marcella, che vediamo per la prima volta tornare a casa sotto una pioggia incessante con i vestiti macchiati di sangue. Il sangue che si scoprirà essere di Grace Gibson, amante del marito Jason da 3 anni. Jason ha lasciato Marcella da poco tempo e lei ha scoperto che la relazione con Grace andava avanti da anni.
Grace è stata uccisa seguendo lo stesso modus operandi di un serial killer mai catturato e che aveva mietuto vittime nel 2005. Tra un divorzio imminente e un assassino che conosce bene ancora a piede libero, Marcella torna a lavorare. Trovando però l’ostilità dell’ispettore Rav che segue le indagini, ma che trova fondamentale il suo contributo. La morte di Grace è solo la prima di una lunga serie. Il responsabile, si scoprirà, non essere altro che il fratellastro di Grace e ciò che ha fatto Marcella non ha nulla a che fare con la morte della donna. Si tratta di un momento che si ripresenterà nella vita di Marcella, legato a un disturbo della memoria di cui tutti sono all’oscuro.
Nella seconda stagione Marcella, in una continua lotta con l’ex marito Jason per l’affidamento dei figli, indaga su molteplici omicidi dove le vittime sono dei bambini.
La conclusione è, in questo caso, più debole rispetto alla prima stagione. La colpevole è una conoscente di Marcella, madre di una bambina compagna di scuola del figlio di Marcella e convinta di star ripulendo il mondo da bambini che sarebbero diventati un giorno degli uomini violenti. Reati legati alla stregoneria, al male del mondo che inizia ad insinuarsi quando si è più vulnerabili: piccoli e indifesi.
Ultimo obiettivo della donna è proprio il figlio di Marcella. In una lotta dagli intenti e risultati distruttivi, Marcella affronta una morte mai realmente combattuta, sepolta nel suo passato. Quella che ha coinvolto la figlia appena nata. La consapevolezza di esserne in parte causa, porta Marcella a un passo dal suicidio, che vede come unica possibilità di potersi redimere dal male e dal dolore causato. L’ultima volta che vediamo Marcella la donna vive in strada, ma qualcuno la avvicina con una proposta ambigua. Qualcuno che sembra conoscerla per le proprie doti investigative e per il suo impellente desiderio di scomparire.
Nella terza stagione, a più di un anno di distanza, Marcella ha cambiato identità, anche fisicamente non la si riconosce più. Vive con Finn, invischiato nella criminalità organizzata del quale la sua intera famiglia fa parte. Marcella, agente sotto copertura, è stata reclutata dal misterioso individuo di Young Frank, incontrato alla fine della seconda stagione. Marcella da allora è svanita nel nulla, proprio come voleva, nessuno sa dove sia, né che sia ancora viva. Quello che si scoprirà è che Marcella ha avuto un funerale e né Jason, né l’ispettore Rav, né i figli sanno che vive a poca distanza da tutti loro.
Un’antieroina più imperfetta di altre
Fare di un personaggio, in particolare di un protagonista, un antieroe, non è più da definirsi una scelta originale. Ma funziona sempre. E se vi si aggiunge un tocco in più, si può arrivare a una figura come Marcella. Marcella soffre di un disturbo della memoria, ha dei totali blackout durante i quali è completamente fuori di sé. Nessuno è a conoscenza di questo problema, aggravato dal fatto che in più di un’occasione, Marcella è diventata pericolosa. Nel corso della prima stagione della serie Netflix (qui il catalogo completo) si capirà che ha spostato un cadavere, quello di Grace, amante del marito, senza avere però nulla a che fare con l’assassinio della donna.
Ha anche rischiato di uccidere un uomo, che si è scoperto poi essere il responsabile di una serie di omicidi.
Una situazione che rischiava di compromettere l’intera indagine e lasciare il killer impunito. Durante la seconda stagione, nel tentativo di salvare suo figlio, correndo verso casa, il blackout l’ha tagliata fuori dal mondo, facendole dimenticare cosa stesse facendo, non arrivando così in tempo prima che il figlio venisse rapito.
Questo disturbo, non ben identificato, rende Marcella un personaggio pieno di difetti, scomodo per il capo della polizia, ma con il quale all’inizio difficilmente si empatizza. E invece nel corso della prima stagione di Marcella, e poi in quelle successive, la si impara ad amare. Il disturbo si inizia a conoscere e ci si avvicina strada facendo: insieme alle indagini si entra anche nella mente distorta e annebbiata della protagonista. Marcella è sola e chiusa in questa continua incertezza che la obbliga a mentire. Lo stesso spettatore inizia a chiedersi perché torni a casa con gli abiti sporchi di sangue, perché non si ricordi cosa sia accaduto e come può questa donna a non poter perdere totale credibilità di fronte ai propri colleghi.
E insieme al suo dramma, che diventa sempre più coinvolgente, ci sono le indagini.
Il primo capitolo di Marcella è strettamente legato alla sua vita privata e questo non fa che complicare le cose. Ma c’è anche il segreto della figlia sepolto nel passato di Marcella, un trauma che ha probabilmente portato alla fine del suo matrimonio. E che è l’origine dei suoi blackout, e il loro totale peggioramento. Tutto ciò che, proprio come la ricerca di un colpevole, si scopre di Marcella, la rende totalmente imperfetta, difficile da capire, ma sempre maggiormente carica d’empatia.
Ottima detective, alla quale dapprima è difficile credere, non ha quelle classiche caratteristiche che spesso i poliziotti del piccolo schermo possiedono. Il suo trauma è forse già visto, ma questo disturbo e, soprattutto, il puntare su questo e non su quel terribile lutto subìto, è una specificità non indifferente. La morte della figlia rimane a margine, è avvenuta 6 anni prima, e sembra superata, ma non è così. Un evento tragico sul quale si decide di non puntare tutta la figura di Marcella e che occupa pochi momenti delle puntate di metà stagione.
È comprensibile e verosimile che la sua reputazione sia inizialmente intaccata da alcune incongruenze, dovendo tenere il suo disturbo nascosto ed essendo tornata a lavoro improvvisamente. Rendendo quindi il suo conflitto con il capo della polizia fuori da qualsiasi banalità o cliché. Nella terza stagione si approfondisce la sua salute mentale e, nonostante lo show cambi completamente registro, il terzo capitolo supera il secondo, il caso passa in secondo piano e ci si concentra su Marcella, sul suo lavoro sotto copertura e su legami creati con l’inganno, ma consolidati nel tempo.
Linea detection perfetta e coinvolgente
L’elemento più distintivo e che rende Marcella un noir britannico da non perdere, è la costruzione della linea investigativa. Non è facile trovare un crime detection che possa basarsi solo e unicamente sulla forza dell’indagine. Se il serial killer del primo capitolo sembra il classico psicopatico con una lista di vittime, non è questo il caso: lo straordinario Harry Lloyd che dà anima, corpo e dissimulata crudeltà al proprio personaggio, aveva una sola unica vittima. Era l’umano sentimento della gelosia, minato da un’invidia dovuta a chi sulla sorellastra Grace aveva puntato il proprio futuro professionale e che lo metteva sempre in secondo piano.
Un’invidia che, nelle perversa mente del personaggio, aveva trovato nell’omicidio l’unica soluzione. Le sue vittime, quasi tutte uccise copiando un vecchio metodo che aveva fatto ricadere le accuse su un assassino seriale mai trovato, erano un tentativo per depistare le indagini. O erano dovute a testimoni e occhi indiscreti che potevano smascherarlo. “It was a great plan”, cioè “era un ottimo piano” dice Marcella quando capisce che è Henry Gibson il colpevole; “it was a perfect plan”, cioè “era un piano perfetto”, le risponde lui, con tutta la sua follia che, per la prima volta, lascia intravedere nei proprio occhi.
Uno scambio di battute che in inglese funziona decisamente di più.
Testimoni che potevano essere salvati, ma vengono uccisi, innocenti che muoiono inaspettatamente, dimostrano come Marcella sia una serie tv che si prende anche un grande coraggio. Sono molti i fattori imprevedibili nella prima stagione, meno nella seconda, cambiando completamente situazione nella terza. Ma la storyline della detection è davvero impeccabile: indizi disseminati in ogni puntata, false piste, un microcosmo che ruota attorno alla vittima, dove ognuno potrebbe essere un colpevole, dove ognuno potrebbe avere un movente.
E in più c’è il “perfect plan” del perfido vero responsabile. Lui crea un altro percorso di indizi e prove schiaccianti. La polizia insegue così personaggi fantasmi, trova altre impronte, si focalizza su fughe improvvise e moventi che non esistono. Ed è all’ultimo che, solo Marcella, trova il modo per incastrarlo il vero assassino. Tutto avviene in un’adrenalinica corsa contro il tempo negli uffici del commissariato. Tra risultati del DNA condotti in segreto e un colpevole che ha contribuito a provare l’inaffidabilità di Marcella. Ma tutti i nodi poi vengono al pettine e insieme al dettagliato e infallibile piano di Henry Gibson, ci sono le indagini parallele della polizia. Quelle realizzate e rappresentate con estrema attenzione. Marcella le rende comprensibili, credibili, intriganti da seguire e appassionanti da prevedere. Con un cliffhanger, in questo caso una scoperta importante, a ogni finale di puntata.
Dopo una seconda stagione di Marcella meno convincente la terza si riprende
Come ogni ottima stagione e come ogni ottima linea detection, il secondo capitolo di Marcella ricalca fin troppo lo stile della prima. Un andamento che aveva funzionato e che si può accettare venga ripreso. Ma che non ha lo stesso impatto e lo stesso coinvolgimento della stagione precedente. Il primo capitolo è infatti il perfetto prodotto da binge-watching, la serie tv che non si riesce a smettere di vedere. Uno show che colora il proprio universo di particolari e di figure secondarie caratterizzate, e che crea un intero mondo attorno al reato da cui parte l’intera vicenda.
Se la struttura della seconda stagione è pressoché uguale, si sente che manca qualcosa. Il colpevole, il suo piano e le stessi indagini perdono di intensità. Si tratta sempre di un ottimo show britannico, dai cupi tratti scandinavi, e con una Marcella che ormai è entrata nel cuore del suo pubblico. Ma dopo quelle prime 8 puntate perfette in ogni forma, l’aspettativa era altissima. La cornice si ripete, stupendo meno, ma mantenendo alta l’asticella e il grado di persuasione. Anche se con meno verve. La seconda stagione di Marcella punta infatti di più anche sull’azione, per non cedere così alla peculiarità di essere anche avvincente.
La terza stagione invece osa: per tutti Marcella è morta.
Dai colleghi ai figli, dall’ex marito a tutta la sua famiglia. Solo chi l’ha assunta, come agente sotto copertura, sa dell’operazione. Più di un anno dopo gli eventi che hanno concluso la seconda stagione, lei è membro attivo e amante di uno dei fratelli della famiglia criminale MacGuire. Con l’identità di Keira e lontano da una vita privata che l’ha vista abbandonata da Jason. Poi consapevole delle circostante attorno alla morte della figlia neonata. E alla fine incapace di rialzarsi e riprendere in mano la propria esistenza.
La Marcella del capitolo conclusivo tenta, anche se con un nuovo nome e un volto diveso, di porre fine ai loschi affari dei MacGuire. Ma per farlo deve assomigliare a loro. Pronta ad agire quando serve, a stare al proprio posto quando le viene richiesto e a trasformarsi in una donna tanto obbediente quanto spietata. La terza stagione si concentra interamente su Marcella, sulla nuova Keira protagonista. Con più colpi di scena, più suspence e attesa degli inaspettati eventi di metà stagione, che si riconfermano sempre un punto di svolta. Nelle difficoltà di Marcella questa nuova vita e personalità non sconfiggono del tutto i suoi demoni interiori, ma non rendono neanche impossibile una sua futura rinascita.