“Jack of all trades, master of none” è un modo di dire inglese che rappresenta al meglio il nucleo centrale della serie tv Master of None, uno dei prodotti originali Netflix più freschi e innovativi attualmente presenti sulla piattaforma. Letteralmente questa frase vuol dire “Bravo in tutti i compiti, maestro in nessuno“, ed è un proverbio utilizzato per descrivere gli individui che, alla costante ricerca di nuovi stimoli e nuovi scopi, non riescono mai a diventare davvero veri e propri esperti in niente.
Ideata da Aziz Ansari – il divertentissimo Tom Haverford di Parks and Recreation -, la serie fino ad ora ha visto come protagonista Dev, un ragazzo americano di origini indiane – e interpretato dallo stesso Ansari – che cerca di sfondare come attore senza sortire molto successo. Da questa premessa però partono due stagioni piene di significati, le quali toccano in modo innovativo temi importanti come il bisogno trovare la propria identità, la crescita e la ricerca di senso all’interno della società contemporanea. Le due stagioni sono uscite rispettivamente nel 2015 e nel 2017, ma per molto tempo l’idea di una terza era rimasta nell’aria senza davvero attualizzarsi.
Lo stesso creatore in un’intervista del 2017 a Vulture aveva affermato:
Non so se faremo una terza stagione. Non mi sorprenderebbe il bisogno di una lunga pausa prima di poter ricominciare. Devo diventare una persona diversa per scrivere questa terza stagione, almeno è come la vedo io: essere sposato, avere un figlio o qualcosa del genere. Non ho più nulla da dire riguardo l’essere un giovane uomo single a New York che passa tutto il suo tempo a mangiare per la città.
Master of None infatti basa le sue premesse sul bisogno del protagonista di trovare una ragione di vita a cui consacrarsi: in ambito lavorativo è un attore mediocre, in ambito familiare invece un figlio anonimo e forse un po’ deludente come tanti. L’unica cosa che a suo avviso potrebbe cambiare la sua noia e insoddisfazione costante è proprio ciò che ancora gli manca: l’amore. Questo obiettivo lo poterà a conoscere tante persone diverse e proprio in questa moltitudine di personaggi si trova la peculiarità di questa serie tv.
La narrazione, infatti, ha in un certo senso molti tratti corali: non si analizzano solo i problemi e i dubbi del protagonista, ma tutti i personaggi vengono in un certo senso approfonditi. Soprattutto con la seconda stagione, molte storyline non coinvolgono neanche Dev in prima persona, ma hanno un’importanza da non sottovalutare.
Se alla fine della prima stagione Dev si pone come obiettivo quello di approfondire la sua passione per il cibo e diventare un cuoco, così nelle prime puntate della seconda si trasferisce nella città di Modena per apprendere i segreti della cucina italiana.
Qui – tra citazioni felliniane e un incontro stregato con la bellissima Alessandra Mastronardi – la nostra storia inizia a inglobare sempre più storyline riguardanti i personaggi secondari. Per esempio nel sesto episodio (New York, I Love You) abbandoniamo per un attimo l’esclusivo punto di vista del protagonista per seguire le intrecciate storie di tre newyorkesi, osservando da vicino i loro problemi quotidiani. La capacità di Master of None di rappresentare la vita di tutti i giorni ha attratto molti spettatori in questa comedy originale e complessa.
La leggerezza, la comicità fine e ironica, ma anche la rappresentazione nelle esperienze di vita degli abitanti del mondo creato da Ansari ha permesso così di aprire uno spiraglio nell’originalità ancora inesplorata di molte storie.
Il termine originalità, però, non deve essere preso come valore intrinseco della trama: tutt’altro. Master of None racconta una storia comunissima che può essere ritrovata in molteplici altri prodotti d’intrattenimento, ma ancor di più nella vita reale di ognuno dei propri spettatori. È il piglio immediato, familiare e allo stesso tempo un po’ drammatizzato con cui viene raccontato il tutto ad attrarre a sé tanto successo. La serie infatti è stata definita come una commedia romantica per adulti e per questo tono innovativo ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi tra cui tre Emmy e un Golden Globe.
Non stupirà quindi la curiosità che ha contagiato tutti all’annuncio dell’arrivo della terza stagione di Master of None. Tra il 2017 – anno di uscita della seconda stagione – e oggi sono cambiate moltissime cose e la serie sembra voler cambiare con i tempi.
Nel trailer che è stato rilasciato da Netflix, infatti, la narrazione viene completamente scardinata dai suoi presupposti originari: protagonista non è più Dev, ma la sua amica Denise (interpretata dalla bravissima Lena Waithe). Questa terza stagione quindi si concentrerà su di lei e sulla sua relazione.
L’attrice aveva già collaborato con Ansari nella scrittura dell’episodio “Thanksgiving”: raccontando del coming out che il suo personaggio fa con la propria famiglia, Waithe ha inserito molto della propria esperienza autobiografica.
È proprio questa modalità di trarre dal vero il punto di forza maggiore di Master of None e il motivo per cui questa serie tv era molto attesa dai suoi fan: nell’artificio e nella finzione di un prodotto d’intrattenimento lo spettatore può comunque ritrovare se stesso e i momenti più comuni e vicini dal proprio vissuto. Il tutto con una chiave di lettura ironica, buffa e assolutamente irresistibile. Ogni episodio è un mini racconto che racchiude uno spunto di riflessione, una risata, uno scatto evocativo della contemporaneità nonostante tutte le puntate siano state legate da un fil rouge narrativo, impersonato in Dev.
Con questa terza stagione – che si preannuncia ambiziosa, divertente e bella come le precedenti due – anche questo filo verrà a mancare: il bisogno di raccontare le avventure di Dev alla ricerca dell’amore è venuto meno, ma è qualcun altro che sente ora il bisogno di esprimersi, di prendere in mano il microfono lasciato sul palco e raccontare. Gli spettatori non possono far altro che ascoltare e farsi trasportare in una vita diversa, ritrovandosi nelle similitudini e sorprendendosi nelle differenze. Solo grazie a questi punti di vista corali, sempre cangianti e sempre diversi, si può davvero diventare un vero “master of none“.