ATTENZIONE: evitate di proseguire nella lettura se non volete spoiler su Mayor of Kingstown 2
Dov’eravamo rimasti? Ah sì, al ricongiungimento famigliare dopo che la prigione era stata presa d’assedio dalla Guardia Nazionale e dalla SWAT del Dipartimento di Polizia di Kingstown. Una carneficina a cielo aperto, con diverse decine di prigionieri uccisi dai soldati e dagli agenti. Un vero e proprio massacro che ha segnato l’inizio, e non solo quello, della seconda stagione uscita su Paramount+ a partire dal 16 marzo scorso e conclusasi, dopo altre dieci puntate, questo giovedì, 18 maggio.
A differenza della prima stagione, però, qualcosa non è andato per il verso giusto. E se le prime dieci puntate assomigliavano tanto a una grande epopea rimandando alle epiche storie americane di gangster dalla pistola fumante e dal cuore d’oro, questa seconda stagione, invece, ha lasciato un po’ l’amaro in bocca.
Intendiamoci: Mayor of Kingstown 2 è sempre una bella serie ma le aspettative, considerata la prima stagione, sono state deluse. Purtroppo. Sì, perché ci si aspettava molto da questa storia ricca di colpi di scena e di grandi momenti di tensione culminanti in una violenza feroce e mai gratuita. Una trama che ci ha colpiti fin dalla sua prima puntata, capace di raccontare la vita di persone fuori dal comune, nel bene e nel male. Persone con un codice etico e morale del tutto differente dalla stragrande maggioranza del pubblico televisivo (si spera!). Personaggi scritti talmente bene da tenere i telespettatori in bilico, impossibilitati a parteggiare per questo o quell’altro.
Ma andiamo con ordine. Dall’elenco degli autori è sparito praticamente del tutto Taylor Sheridan che di questa seconda stagione è sceneggiatore, in toto, soltanto della seconda puntata mentre la prima l’ha scritta in collaborazione con Dave Erickson (Sons of Anarchy e Fear The Walking Dead). La scelta del golden boy della televisione di defilarsi per questa seconda parte dello show è derivata dalla troppa carne al fuoco che l’autore ha sotto mano in questo momento. È lui stesso ad averlo ammesso in una intervista: “Troppo lavoro va delegato“. Così, pur restando nel ruolo di executive producer insieme a Hugh Dillon, Jeremy Renner e Antoine Fuqua, il creatore di Mayor of Kingstown ha preferito lasciare spazio a un gruppo di scrittori tra i quali spiccano Keli Goff, Regina Corrado (Deadwood) e Stephen Kay. Quest’ultimo, dopo aver diretto le ultime due puntate della passata stagione, è stato promosso di livello dirigendo ben sei episodi di questa seconda stagione.
Al di là dell’eccessivo lavoro di Taylor Sheridan c’è da chiedersi il perché la produzione abbia permesso questo drastico avvicendamento che ha chiaramente danneggiato The Mayor of Kingstown 2. Possibile che l’autore di Yellowstone, Sicario e Soldado, tra le altre cose, non abbia lasciato degli appunti da qualche parte per i suoi successori? Domande, tante, troppe, alle quali non avremo risposte, sfortunatamente. Di conseguenza, ci siamo accontentati di una seconda parte che non sfrutta appieno il potenziale incredibile degli attori, con una storia che, tolte alcune parti davvero eccezionali, si trascina stancamente fino a un finale (di stagione sicuramente ma e di serie?) che chiude la trama principale lasciando in sospeso alcune, secondarie, decisamente intriganti. Peccato.
Mike McLusky (Jeremy Renner) non ha niente di suo fratello, Mitch (Kyle Chandler). Ma agli abitanti di Kingstown il passaggio di consegna avvenuto tragicamente tra i due non sembra importare riversando sul povero Mike tutte le disgrazie possibili e immaginabili aspettando che lui le risolva per loro.
Mike, però, vive un profondo conflitto tra cosa sia giusto e cosa sia sbagliato ma non avendo avuto la giusta educazione è finito in brutti giri e si arrabatta per cercare di far andare avanti la cittadina. Come Figaro, il Barbiere di Siviglia di rossiniana memoria, tutti lo cercano, tutti lo vogliono. E Mike, come una trottola, passa il suo tempo a correre in macchina da un capo all’altro della città ad ascoltare e cercare di risolvere i problemi di tutti: delinquenti, gangster, poliziotti corrotti e assassini.
Dal suo cilindro Mike tira fuori l’impossibile per fare in modo che la cittadina non sprofondi all’inferno, vittima della classica guerra tra gang per il controllo del traffico di droga. E questo, spesso, gli si ritorce contro incasinandogli ancora di più la vita. Perché non sempre, in realtà quasi mai, quello che viene fuori dal cilindro è un docile coniglietto bianco.
Mike McLusky è il sindaco di Kingstown e come tale, attraverso il dono della mediazione, cerca di mettere ordine in un caos che deve ancora esplodere del tutto. Il suo continuo viaggiare, avanti e indietro, rappresenta la sua inquietudine. Come una trottola cerca di mantenere la sua energia cinetica per restare in vita tanto che, quando sparisce dai radar dei suoi concittadini, nessuno sa che pesci pigliare senza rendersi conto che il mondo, nonostante tutto, va avanti lo stesso.
Ed è proprio questo il punto che rende Mayor of Kingstown 2 incompiuta: non c’è una crescita dei personaggi. Anzi, quelli che nella prima stagione era meravigliosi e avevano una storia con un alto potenziale nella seconda stagione si appiattisco del tutto fino a diventare evanescenti. In particolar modo la madre dei McLusky, interpretata da Dianne Wiest, e la moglie del fratello minore, interpretata da Nishi Munshi. Personaggi che apparivano solidi nella loro fragilità, che dettavano una via alternativa senza essere invadenti, di colpo spariscono. Certo, ci può stare anche per quello che accade loro ma mentre gli altri sono più o meno simili la perdita di due personaggi così belli e interessanti è davvero un peccato per questo show la cui ripetitività (i viaggi in auto, le telefonate, le bevute eccetera) alla fine stanca un po’.
La storia, soprattutto per il sindaco, stenta a decollare. C’è una lentezza che diventa estenuante e fa pensare alla mancanza di idee. Perché non bastano i grandi, grandissimi interpreti. Non ci sono grandi filosofie né massimi sistemi dietro questa serie e la denuncia nei confronti del sistema carcerario appare un po’ debole soprattutto se confrontata con serie come OZ o We Own This City che hanno fatto della crudezza della realtà un marchio di fabbrica indelebile.
La cupezza che Mayor of Kingstown 2 emana è come una cappa di umidità durante una giornata estiva nel centro di una grande metropoli: impossibile sopravvivere. A volte si ha l’impressione che manchi l’aria e gli unici momenti in cui si riesce a tirare un po’ il fiato sono quando compare sullo schermo Deverin ‘Bunny’ Washington, interpretato da un eccellente Tobi Bamtefa. Il suo è l’unico personaggio che in tutta questa seconda stagione segue un percorso di crescita e di emancipazione. Stiamo parlando del capo di una banda di spacciatori in grado, però, di comprendere, dopo esser stato in carcere, quale sia la vera natura di Kingstown: venefica. Ne prende atto e si comporta di conseguenza spezzando un po’ una routine alla quale tutti gli altri personaggi sembrano essersi abituati.
Tutti i personaggi hanno come sfondo questa città inventata con la più alta concentrazione di carceri e carcerati. Una città mefitica nella quale le istituzioni non esistono se non in funzione di venir distrutte dai suoi stessi cittadini. Kingstown è una matrigna cattiva che ha grinfie così lunghe da poter arrivare dappertutto. I vapori delle sue industrie si insinuano nei polmoni dei suoi cittadini come una sorta di droga inalata costantemente. E chi prova ad abbandonarla o fa una brutta fine o torna indietro, con la coda tra le gambe, aspettando la doverosa punizione.