Se la guerra nei precedenti episodi della terza stagione di Mayor of Kingstown è sempre stata alle porte, ora è, senza ombra di dubbio e ufficialmente, iniziata. Il primo vero innegabile attacco da parte di Merle ha investito Bunny e i suoi come un fiume in piena. L’atrocità degli atti di Callahan si esteriorizza nel non fare alcuna differenza. Fattore che, invece, Bunny sembra considerare. Anche su consiglio di un Mike che farebbe qualsiasi cosa per salvare chi ancora ha possibilità di redimersi. Chi considera un “civile”, chi è figlio di Kingstown e che quindi non avrebbe potuto fare altrimenti. Taylor Sheridan e il suo show Paramount+ offrono così, dopo una lenta risalita, intere sequenze che non ci aspettavamo. Una concatenazione di vicende, rivelazioni, ribaltamenti e, soprattutto, dialoghi che valgono tutto l’episodio.
Il sesto episodio della terza stagione di Mayor of Kingstown è un qualcosa da vedere e rivedere senza sosta
Puntata strepitosa, ottima nella gestione della suspense e perfetta nella successione degli eventi. Un montaggio serrato, che mantiene con il fiato sospeso, come spesso riesce a fare Mayor of Kingstown. Questo sesto episodio si apre proprio così: con una tensione che forse precede un colpo di scena che da subito chiarisce come le conseguenze a quanto accaduto saranno devastanti. Dalla portata distruttiva e incontrollata. Sapevamo sin dal primo episodio (qui la recensione) che lo scontro più accesso delle 3 stagioni dello show sarebbe stato tra Callahan e Bunny, e che Mike si sarebbe trovato in mezzo. E ora è più chiaro che mai, perché Merle pronuncia a Mike stesso le fatidiche parole: “elimina Bunny Washington“. Non a caso è dalla seconda stagione (qui la recensione) che il rapporto tra Mike e Bunny viene presentato come qualcosa di più di una semplice alleanza.
Si torna tra i labirintici corridoi di Anchor Bay, nei cortili isolati e silenziosi dove tutto può accadere. Dove si respira quel razzismo che diventa centrale quando la lotta è tra Ariani e Crips. Finalmente si vede, come già era percepibile, quanto Merle sia avanti anni luce a tutti. A Bunny in particolare. Se infatti Bunny aveva un infiltrato nel carcere, travestito da secondino, Merle ne ha molti di più, tutti convinti seguaci, discepoli della sua violenza insensata e della discriminazione razziale che difendono come un valore assoluto. Le battute, i dialoghi, i monologhi dei quali Merle è protagonista sono crudi, poetici, amaramente ironici e velati di quella furia irruente che si legge nei suoi occhi. Merle agisce nell’ombra, in segreto, senza alcun bisogno di esplicitare gli innumerevoli strumenti a sua disposizione.
Aspettative soddisfatte e quel pizzico di totale imprevedibilità che la serie non abbandona mai
L’incipit di questa sesta puntata della terza stagione di Mayor of Kingstown è chiaramente la miccia più potente che farà esplodere, una volta per tutte, il conflitto tra le due gang. Ormai non c’è più niente da aspettare. Bunny non può far finta che la vendetta può attendere. Merle colpisce allo stomaco e al cuore: a lui non importa se a morire saranno criminali o civili. Lui è infatti la personificazione di uno dei temi di Mayor of Kingstown.
Ed è al suo alleato, a Konstantin, che attraverso una battuta si esprime una delle altre matrici narrative che da sempre contraddistingue la serie e la sua ambientazione: “chi sono i veri criminali?“.
La puntata si guadagna l’appellativo di “una tra le migliori dell’intera serie”. Partendo dalla sceneggiatura: equilibrata, pungente e sempre pronta a svelare e trafiggere, tanto l’animo dei personaggi, quanto quello di uno spettatore che ha già scelto da che parte stare. Le parole di Merle: “hit Bunny Washignton“, che nella traduzione italiana diventano “elimina Bunny Washington“, le avevamo già viste nel trailer (qui il trailer della terza stagione di Mayor of Kingstown), quindi di certo non è un sorpresa.
Ma sapere dell’alleanza con Konstantin, e aver visto come il rapporto tra Bunny e Mike sia evoluto – e, soprattuto, aver in parte scoperto quanto Mike e Merle siano legati – rende quel dialogo e quelle 3 parole completamente diverse. Il significato è più profondo, più complesso, più difficile da trasformare in realtà. Presagio di una scelta dalla quale non si potrà tornare indietro. Un punto di non ritorno. Un qualcosa che forse Mike non è pronto a fare. Potremo vedere lo stesso Bunny al massimo della sua crudeltà, nel tentativo di abbattere e ferire un nemico contro il quale non possiede le stesse armi. E a dividerli la presenza e assenza di rimorso.
Kingstown sempre centrale, nucleo incandescente di una città avvolta dalle fiamme
Mayor of Kingstown ci mostra ancora una volta come sia la città a gestire realmente la vita delle persone. Riprende dall’alto Kingstown come un polo industriale, un’area circoscritta e lontana dal resto del mondo, strade e vicoli che portano, tutte, irrimediabilmente, ad Anchor Bay. Con il carcere e tutto il male che contiene al centro della città. Kingstown è quindi, sempre, criminalità, morte, ferocia e prigionia. In particolare sbarre e celle di Anchor Bay. Mike percorre in macchina gli immensi deserti viali che lo separano da quello che è il suo lavoro e la sua vita e la serie si svolge così sempre di più tra il carcere, il tribunale, e quella tavola calda dove ognuno di loro dovrebbe avere una pausa, un momento disteso, uno stacco. Ma che si trasforma invece in quel tavolo e quel luogo apparentemente neutrale dove si prendono le decisioni più importanti.
Anche le storyline che ruotano attorno allo scontro principale delineano nuovi macabri tratti di Kingstown
Mentre Iris continua a essere un’ottima, finta, vecchie e nuova, socia di Konstantin, le sue informazioni passate sottobanco arrivano da chi dovrebbero. Ed Evelyn ha quindi qualcosa in più da portare, sia nella sua indagine che coinvolge tutti che nei piani di Mike. Continua anche la sotto-trama che interessa Tracy, con gli abusi e i maltrattamenti che si consumano nei taciti e bui corridoi del penitenziario femminile. Tanto brutale e marcio quanto è quello maschile. Uno sguardo a quelle donne considerate cittadine di serie B che non si sa quando definire vittime e quando aguzzine. Un occhio di riguardo quindi a Tracy e la storia che lei porterà avanti, nel suo personale senso di giustizia, e del quale, non a caso, Kyle è all’oscuro. Un Kyle sicuramente diverso da Robert, ma pur sempre membro di quelle squadra d’assalto che a Kingstown sparano quasi sempre unicamente per uccidere.
Dare più spazio a Tracy si sta rivelando un escamotage che dà respiro all’intero show, essendo ancora il suo subplot agli inizi e non direzionato verso l’uno o l’altro versante. Si tratta poi di un qualcosa che potrebbe trascinare con sé anche Kyle e quindi Mike. Tracy è l’erede di Mariam e della sua gentilezza e certezza che dietro ognuno si possa ritrovare quell’umanità perduta. Mentre Konstantin appare impossibile da incriminare e Merle l’unica figura che non si può fermare neanche rinchiuso in un carcere, ora non si può davvero sapere cosa succederà. Come reagirà Bunny? Cosa sceglierà di fare Mike? E Iris, sarà davvero nuovamente in grave pericolo? Tutte le risposte stanno per arrivare. E non resta che aspettare la prossima puntata per vedere fino a dove tutti, antieroi e villain, si spingeranno per raggiungere i propri nobili e infimi obiettivi.