Quasi venticinque anni fa, precisamente il 18 gennaio del 1999, andava in onda il primo dei 1772 episodi totali della Melevisione, il contenitore per bambini più famoso della storia della televisione italiana. La Melevisione, soprattutto per le generazioni nate a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila, ha rappresentato un punto di riferimento quotidiano, scandendo i pomeriggi di migliaia di bambini che ogni giorno, dopo pranzo, si incollavano alla tv per l’immancabile appuntamento con Tonio Cartonio e tutta la crew del Fantabosco, in un tipo di fruizione totalmente immersivo ed educativo, che spesso andava a toccare temi sensibilissimi rendendoli, filtrandoli proprio per renderli a portata di bambino. Oggi, ventiquattro anni dopo, ho rivisto la prima puntata della Melevisione, fedele compagna dei miei pomeriggi, con un pizzico di malinconia misto a un sano senso di cringe che aumentava col passare dei minuti, nonostante ogni volta che un personaggio si palesasse in scena mi sentivo come il meme di DiCaprio in C’era una volta a Hollywood, quando finalmente si vede sullo schermo. La Melevisione occuperà sempre una parte del mio cuore, ma oggi concedetemi un po’ di sana follia nel descrivervi questa esperienza.
Partiamo subito con il ricordo di una delle più antiche e misteriose leggende italiane: la pericolosità delle forbici appuntite, che guai se ti azzardi anche soltanto a nominarle, perché è proprio dalla Melevisione che nasce il mito delle forbici dalla punta arrotondata, l’utensile più caro alle mamme di tutta Italia.
In realtà, il mito delle forbici dalla punta arrotondata nasce in quel di Art Attack, altro vero e proprio fenomeno culturale, un must per i bambini della Gen Z: praticamente, se non stavi al passo con le opere di Neil il grande artista non eri nessuno; tuttavia, tale mito fu successivamente coltivato anche da Tonio Cartonio, che nei suoi quotidiani esperimenti con foglietti e cartoncini di ogni colore, non perdeva occasione di ricordarci quanto fosse importante l’utilizzo di tale utensile. Quindi pronti, via, attiviamo la modalità “ti sblocco un ricordo”. Il nostro caro amico Tonio — che, a pensarci, se fosse stato statunitense si sarebbe chiamato Tony Cartoon e avrebbe spaccato molto di più — ci accoglie nel suo chiosco, punto di riferimento principale della movida del Fantabosco, nonché motivo principale del perché i bar sono stati dei punti di riferimento nella vita di ognuno di noi; il Fantabosco è un luogo magico, sospeso tra sogno e realtà, un luogo in cui vivono creature di ogni tipo, tra orchi, folletti e fate, diciamo non proprio il massimo della comodità per mettere su bottega. Una delle cose che più mi ha colpito, perché effettivamente non potevo ricordare questo dettaglio, è il modo di comunicare di Tonio Cartonio, che non è un semplice narratore, ma si rivolge al bambino spettatore in modo diretto, coinvolgendolo nella storia e facendogli credere di poter interagire con lui in prima persona. Nemmeno il tempo di presentarsi e fare altrettanto con la sua attività, che il buon Tonio mi sblocca un altro ricordo, intonando una delle prime hit mainstream che abbia mai ascoltato: “Con la carta si può”. E qui le feels si sprecano.
Nella vita, ho imparato che effettivamente con la carta si possono fare tantissime cose utili, ma non sto a entrare nei meriti e preferisco lasciare libera interpretazione sull’argomento. In ogni caso, il focus di questo primissimo episodio della Melevisione, non può che essere una festa, una festa di benvenuto per celebrare l’arrivo di tutti i bambini all’ascolto nel Fantabosco, un luogo sicuro, meta misteriosa e sognata da intere generazioni. Con la carta, questa volta, Tonio Cartonio realizza gli inviti per la sua festa d’apertura, ma il problema sta nel capire come fare a consegnarli tutti in tempo, già, perché Tonio Cartonio è un po’ uno di noi, che infatti siamo cresciuti insieme a lui, uno che abituato a organizzarsi all’ultimo: un pioniere della procrastinazione. Ed ecco allora che arriva il momento dei primissimi ospiti, quando prendono possesso della scena i tre fratelli gnomi: Ronfo, Lampo e Linfa. Il primo ha dei seri problemi di narcolessia, il secondo è invece un velocista, mentre Linfa è, probabilmente, il primo amore di tantissimi bambini, anche se lei è segretamente innamorata di Tonio Cartonio, che chiama dolcemente “creatura”, forse per questo motivo o forse perché effettivamente non ha la minima idea di quale sia il suo nome. I tre danno una mano al proprietario del chiosco, incaricandosi di consegnare gli inviti a più persone possibile, ma il risultato non è dei migliori.
I tre fratelli si perdono un po’ per strada, tra sonnellini improvvisati e chiacchiere, e così la festa di Tonio Cartonio fatica a ingranare, ma potrebbe non essere un male, visto che il Tiramisuper, famoso dolce della casa, oggi non è venuto poi così bene, e in più la losca Strega Rosarospa si aggira nei pressi del bancone.
Nel finale di puntata, tuttavia, la situazione si ricompone: il Fantabosco è un luogo dove non ci sono esclusi, e tutti sono invitati alla festa di Tonio Cartonio, a prescindere da stazza, provenienza o credo politico; e infatti, grazie anche all’idea di Lampo di utilizzare abilmente la carta degli inviti per realizzare dei comodi aeroplanini da lanciare, onde evitare inutili fatiche e perdite di tempo, ecco arrivare tanti nuovi volti al chiosco: Orco Bruno, particolarmente ingolosito dalla vista della sua crush del tempo Fata Gaia, e l’immancabile Lupo, che però non è Lupo Lucio, bensì Fosco, una versione che, a prima vista, sembra quella tarocca del suo ben più noto parente, ma che grazie a Wikipedia ricordiamo essere il primo lupo della Melevisione, presto sostituito da un altro dei più importanti punti di riferimento dell’infanzia di tutti noi. Tutti sono felici e contenti, proprio come nelle fiabe: è così che si conclude il primissimo episodio della Melevisione, uno splendido biglietto da visita per chi era di fronte alla tv in quel momento, in un giorno in cui inconsapevolmente, migliaia di bambini iniziavano un’avventura che li avrebbe accompagnati per tanto tempo, e che a distanza di anni, al di là delle inevitabili implicazioni umoristiche, mi ha fatto scaldare il cuore, ricordandomi di una delle pagine più felici e colorate della storia della televisione italiana, oltre che della mia infanzia.