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Il confine tra amicizia e amore, spiegato da Merlino

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Ieri discutevo con il mio fidanzato su quando sia giusto definire amore un sentimento di amicizia tra persone dello stesso sesso o di sessi opposti; beh, da buona fangirl avevo criteri molto più ampi rispetto a quelli del mio interlocutore, il quale asseriva che non si può parlare d’amore se non ci sono stati tra le parti dichiarazioni esplicite oppure contatti fisici di qualche tipo.

Ma noi telefilm addicted sappiamo bene che a volte, almeno nelle storie di fantasia, agli autori piace giocare con la mente degli spettatori e lasciare intravedere tra due personaggi qualcosa di più della semplice amicizia, e qualcosa di meno di una relazione amorosa

Nelle serie tv abbiamo numerosi esempi di questo genere di attrazione, tra i quali ricordiamo ovviamente il malizioso connubio professionale sancito da John Watson e Sherlock Holmes in Sherlock e il delicato rapporto servo/padrone esistente tra Artù e Merlino (Merlin); e forse a sorpresa scegliamo di prendere in esame quest’ultimo per cercare di stabilire quale sia il confine tra amore e amicizia, e soprattutto per capire se ce n’è davvero uno.

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La nostra decisione non dovrebbe però stupirvi più di tanto, perchè in effetti pare che il legame tra John e Sherlock abbia già superato di molto tale ipotetico confine e perciò sarebbe inutile indagare sulla natura dei sentimenti che li riguardano: tra loro non c’è mai stato alcun approccio sessuale, eppure fin dalla prima puntata ci è sembrato abbastanza palese quale fosse il destino che i produttori Gatiss, Moffat e Thompson potessero avere in serbo per quei due… Le battutine sull’omosessualità appena accennate dagli altri personaggi, la profonda amicizia che la coppia condivide fin da subito (cosa non così facile per degli adulti dai caratteri piuttosto schivi), la gelosia del detective nei confronti delle varie fidanzate del socio e in generale l’intenso percorso che essi affrontano insieme attraverso gli anni fanno pensare a una relazione lunga, a tratti trascinata ma non spenta, densa di emozioni, sacrifici e spesso perdite. Insomma, mancherà la componente carnale però su John e Sherlock non ci piove, almeno per noi.

Anche l’amicizia viscerale che unisce Artù e Merlino è una certezza, e tuttavia tra loro le carte non sono mai state scoperte del tutto: per l’intera durata della serie, infatti, c’è una parte di Merlino che il suo signore non conosce, ovvero quella inerente la magia; il servo è un mago potentissimo, però Artù viene a saperlo soltanto nella puntata finale (quando tra l’altro è reduce da una terribile battaglia nella quale è stato ferito gravemente), quindi non ha il tempo per abituarsi alla scoperta o per comprendere sul serio le ragioni che hanno spinto l’amico a nascondersi tanto a lungo, nè per perdonare le sue bugie.

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Certo, alla fine è comunque l’amore che il re prova per Merlino a vincere, e il primo accetta di morire in pace tra le braccia del secondo… Ma questo è solo il bisogno di un uomo che sente la vita scivolare via ed è disposto a lasciare andare i dolori terreni per portare con sè i sentimenti belli e autentici; se al contrario Artù non fosse stato ormai spacciato, se fosse tornato a Camelot e si fosse trovato come al solito nella sua stanza a farsi accudire, nutrire e vestire da un servitore che si era dimostrato pur senza cattiveria bugiardo, allora le cose sarebbero state un tantino più complicate. Merlino si sarebbe scontrato con lo sguardo forse deluso del sovrano, con l’improvvisa diffidenza di lui: sì, perchè per un servo è una colpa grave tradire il padrone, anche se a fin di bene.

Se Merlino non è mai stato costretto a mascherare l’evidente affetto che prova per Artù, questi si è invece sempre sentito abbastanza in soggezione ad ammettere la propria amicizia con il servitore, poichè egli era appunto un dipendente della Corona, una figura sottomessa, un ragazzo privo di autorità o titoli nobiliari: perciò si è comportato da padrone, nascondendo i sentimenti dietro a commenti sprezzanti, insulti bonari e rimproveri che avevano paradossalmente lo scopo di mostrare benevolenza anzichè severità. Avere Merlino come servo era una realtà quasi sacra, e non avrebbe cambiato tale situazione neppure potendo; se lo avesse nominato Cavaliere oppure Lord sarebbero stati amici da pari a pari, sicuro, però sarebbe venuto meno l’intimo patto di fedeltà tra servitore e signore che rendeva il loro rapporto così prezioso… Per il re permettere a Merlino di entrare nelle sue stanze, di aiutarlo a indossare l’armatura prima di una battaglia e di svolgere tutti i compiti umili ma devoti di un valletto era la più cara prova di fiducia, d’amore.

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La menzogna di Merlino ha in parte distrutto l’equilibrio sul quale Artù aveva basato il proprio modo di sentire: non irrimediabilmente, perchè l’amicizia è comunque più forte della delusione, eppure il danno c’è stato. E se il sovrano fosse sopravvissuto gli effetti di tale danno sarebbero ricaduti sul rapporto tra lui e il servo.

Ciò che Artù prova per Merlino si può descrivere con il primo verso di una commovente poesia di Eugenio Montale:

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

Già, Artù ha affrontato tutte le “scale” ripide e impervie della sua vita (la difficile convivenza con il padre, la morte di quest’ultimo, la faticosa gestione di un regno come Camelot, il matrimonio con Ginevra…) appoggiandosi in senso sia metaforico che concreto alla spalla dell’amico. Poi Merlino gli ha rivelato di essere una persona dotata di poteri temibili e incomprensibili che ha mentito per anni.

Perciò le parole finali che il re rivolge al servitore (“tutto quello che hai fatto per me, per Camelot […] lo vedo adesso. Io ti ringrazio) sono certamente vere, ma purtroppo troncano con un addio sbrigativo una relazione ancora piena di domande, paure e contraddizioni che avrebbe meritato di trovare ancora spazio.

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Il confine tra amicizia e amore è stato superato da Artù e Merlino, però solo per un istante, in quell’ultimo abbraccio prima della morte del sovrano; e invece forse, se la grande leggenda del mago più potente del mondo e del signore di Albione non si fosse messa in mezzo, avrebbe potuto diventare una vera storia d’amore… Vedremo come, ma per farlo abbiamo bisogno di confrontarci con un’altra famosa coppia di amici.

Charles Xavier ed Erik Lehnsherr: una vita di odio e amore

Stavolta parliamo di personaggi provenienti dal cinema e, prima ancora, dai fumetti. Charles ed Erik (alias il Professor X e Magneto) sono i protagonisti della saga cinematografica degli X-men, e in particolare della seconda trilogia di film, formata da First ClassDays of Future Past Apocalypse; si tratta come saprete di uomini speciali, dotati rispettivamente della capacità di leggere nella mente e di manipolare qualunque tipo di metallo.

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I motivi che rendono gli X-men diversi, e a mio parere migliori, rispetto agli altri supereroi Marvel e DC sono due: la significativa riflessione sulla discriminazione e sul razzismo che gli episodi della saga presentano (riflessione che spazia dal ricordo dei campi di sterminio nazisti all’attualità delle guerre tra nazioni, e in generale all’intolleranza nei confronti “dell’estraneo“) e appunto l’amicizia molto particolare tra Charles ed Erik.

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First Class mostra il loro incontro, la scoperta di appartenere entrambi alla specie dei mutanti, con tutti i vantaggi e i problemi che ciò comporta, e l’inizio di un cammino che finirà per dividerli e nello stesso tempo per tenerli uniti per sempre.

Charles è un giovane telepate in grado di penetrare nella mente degli altri, che comprende le necessità e i dolori di tutti e di conseguenza non riesce a odiare; Erik invece è un reduce di Auschwitz dal cuore avvelenato, il quale vuole vendicarsi per i torti subiti e soprattutto impedire che quanto accaduto agli ebrei capiti ai mutanti

Charles può vedere il buono comunque presente nell’animo dell’amico e se ne innamora, mentre questi trova in Charles un primo e vero compagno nell’ardua sorte che il fato gli ha assegnato: le somiglianze e le differenze li fanno sentire vicini, e li spingeranno ad attrarsi e respingersi per tutta la vita.

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Le loro strade si separano al termine del film, quando il telepate sceglie di continuare a sperare in una pacifica convivenza tra uomini e mutanti laddove Magneto dichiara decisamente guerra alla razza umana. In Days of Future Past i due si ritroveranno e il rancore e la rabbia che provano l’uno per l’altro emergeranno con la propria gravità, allontanandoli ancora ma non spezzando il legame che li unisce… In Apocalypse avremo una sorta di riavvicinamento (dopo che Erik avrà aiutato il villain di turno a rapire e tentare di uccidere l’amico), però i giochi restano aperti e piuttosto confusi.

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Insomma, la loro relazione sembra disperata a causa degli opposti ideali che li muovono, eppure se dopo vent’anni di lotta Charles rimane pronto ad accogliere Magneto nella sua casa e a offrirgli di vivere insieme a lui, e se quest’ultimo ha deciso di rinunciare almeno per il momento a distruggere l’umanità per salvare il telepate, deve esserci un motivo: evidentemente quel confine labile tra amore e amicizia è stato oltrepassato dal perdono dell’uno, e dal turbolento affetto dell’altro.

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Il confine tra amore e amicizia

Erik e Charles hanno vari aspetti in comune con Artù e Merlino, e il più importante sta forse nella presenza in entrambe le coppie di una totale diversità di intenti: tra Magneto e il Professor X si tratta di speranze di pace contro una radicale battaglia per la supremazia, mentre fra il sovrano di Camelot e il suo servitore si parla di odio verso la magia in ogni sua forma (un odio tramandato da Uther al figlio ma non ingiustificato, considerati i numerosi guai che essa ha causato proprio alla famiglia di Artù) e affermazione del diritto dei maghi di vivere ed essere liberi.

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Ciò che invece differenzia i quattro personaggi è il fatto che Erik e Charles hanno esternato il loro conflitto, l’hanno sopportato e lo sopportano pur a costo di una separazione drastica, hanno avuto il tempo di accettarlo e a poco a poco stanno riuscendo a superarlo… Sono stati sinceri fin dall’inizio, anche se si trovano in disaccordo possono almeno dire di conoscersi davvero ed è questo che li tiene fondamentalmente uniti, nonostante l’abisso ideologico che li divide.

Al contrario, come abbiamo accennato, Merlino non trova il coraggio di rivelare ad Artù la sua natura di mago fino all’ultima battaglia contro Morgana; o magari non l’ha fatto prima perchè ha sempre creduto che il momento giusto sarebbe arrivato e che in seguito lui e il l’amico avrebbero avuto l’opportunità di stare insieme ad Albione senza bugie nè segreti… Purtroppo il fato ha giocato loro un gran brutto scherzo, infatti Albione è destinata a sorgere solo in una chiave leggendaria e metaforica: bene per il mondo, che potrà contare in ogni epoca sulla figura eroica di Artù, ma male per il rapporto umano tra il re di Camelot e il suo servitore.

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L’amore (che vogliate intenderlo come un sentimento fraterno oppure che vediate in esso qualcosa di più) tra loro è stroncato nell’attimo in cui nasce, perchè non appena la cruciale verità che li divideva viene svelata uno dei due muore.

Ad Artù e Merlino manca dunque l’occasione di esprimere e sanare i propri conflitti, possibilità concessa però a Charles ed Erik: il lieto fine che forse attende questi ultimi sembra ancora parecchio lontano, però è presente in potenza e arriverà, prima o poi. Dopotutto, aspettare è un’arte che ognuno di noi deve imparare nella vita, no?

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Per concludere, torniamo al confine tra amore e amicizia: esiste sul serio? Ecco, crediamo di sì. E’ sfocato, sottile e spesso invisibile, ma c’è… Ce lo mostra Charles, rincorrendo per anni quell’uomo che l’ha tradito e fatto soffrire troppe volte. Ce l’ha mostrato Merlino, che poteva far cadere Camelot ai suoi piedi con uno schiocco di dita e invece ha accettato di restare un servitore un po’ ridicolo per proteggere lui, Artù, l’amico e l’amore.