Quando cominci a imitare la pazzia, puoi tranquillamente saperti pazzo. Come se ogni dubbio si dileguasse nella sua stessa incertezza. Quando cominci a pensare di avere potere e autorità sul destino degli esseri umani ce l’hai, e ne hai molto. A questo punto puoi decidere se sfruttarlo o se rimanere fermo ad aspettare che gli altri si rivelino a te spontaneamente.
Alcuni sono impazienti. È il caso di Hannibal che ha saputo aspettare per molto tempo, fino all’arrivo dell’irrequietezza di Will Graham.
Nel suo mondo tutto ha un posto preciso e tutti hanno un ruolo definito. Quasi non aveva più bisogno di riflettere sulla mossa successiva, il suo obiettivo era a lui chiaro dall’inizio e sapeva perfettamente come raggiungerlo.
E se solo Hannibal fosse stato individuato e compreso agli esordi, quanto della storia che conosciamo oggi sarebbe cambiato?
Mindhunter è una delle risposte, forse la più verosimile che si può dare a questo interrogativo, nonché la più formativa. Nasce quando ancora gli assassini vengono guardati come mostri prima che esseri umani, bisognosi di crudeltà prima che di umanità. Come se l’aggressività e il disequilibrio fossero innati e indipendenti dal passato e dalle interazioni dell’uomo.
Così si presenta Mindhunter, almeno in apparenza. Come un metodo più o meno efficace per rintracciare i sintomi prima ancora che si verifichi il non più rimediabile problema. Ma non è mai così semplice studiare le cause di un comportamento. Skinner e i comportamentisti erano convinti che il cervello fosse una scatola nera, che i processi cognitivi che si susseguono al suo interno non potessero essere conosciuti. Ciò che possiamo indagare sono quindi le risposte comportamentali a degli stimoli indotti.
Eppure il contenuto è sempre stato l’aspetto più interessante, a volte è lì che sta tutto. Mindhunter si propone di precedere una visione scientifica che mette insieme tutte le esperienze passate dell’uomo per scoprirne e precederne gli effetti. Quello che viene fuori è qualcosa che fino ad allora non era stato neanche preso in considerazione, un modo per fermare la crudeltà ai primi segnali, evitandone la diffusione nella mente e nell’anima di un essere umano.
Siamo dentro l’anima di ogni essere umano. In Hannibal, come in Mindhunter. Quella che però si può chiamare scienza in Mindhunter, in Hannibal viene tagliata a fette e servita fredda, come fosse una vendetta nei confronti di chi pretende di poter manipolare i risultati.
La stessa pietanza che si ritrovano davanti Holden Ford e Bill Tench. L’assaggio inquieto e terribile di una crudeltà che comincia a dilagare proprio in quegli anni. Quando il pluriomicida si comincia a chiamare serial killer e il passato del criminale finalmente comincia a essere preso in considerazione. L’instabilità e la crudeltà sono di conseguenza il risultato della personalità dell’individuo e delle interazioni che nella sua vita si sono susseguite. Holden Ford e la sua personalissima concezione del fine che giustifica i mezzi creano l’anima oscura di Mindhunter, quella che in Hannibal invece vince in visibilità rispetto alla luce in ogni occasione.
Come capolavori del genere thriller, sono complementari tra di loro, affrontano gli stessi particolari, ma con narrazioni e cronologie differenti. Una potrebbe essere il risultato dell’altra, o più semplicemente una sua vendetta.