Mindhunter 2 ci ha trascinato nelle profondità degli abissi dell’animo umano. La seconda stagione (qui per la recensione), rilasciata lo scorso agosto da Netflix, ha visto gli agenti speciali Ford e Tench collaborare con la polizia di Atlanta nella caccia a uno spietato assassino. Un John Doe privo di scrupoli che dal 1979 al 1981 ha terrorizzato l’intera città di Atlanta e sconvolto l’America.
Incastrato in un periodo storico estremamente controverso e delicato, il caso del killer seriale della Georgia ha straziato decine di famiglie e infiammato gli animi, ridefinendo il confine tra la ricerca della giustizia e la ricerca di un colpevole.
Oggi parliamo della vera storia degli Atlanta Child Murders, il caso che ha ispirato Mindhunter 2.
Nel 1979 alla presidenza degli Stati Uniti era stato eletto Jimmy Carter, ex Governatore proprio della Georgia e amatissimo esponente del Partito Democratico. Durante il suo discorso di insediamento come Governatore dello Stato a sud est degli USA, nel 1971, Carter disse:
“Il tempo della segregazione razziale è finito. Nessuna persona povera, rurale, debole o di colore dovrebbe mai più sopportare il peso di essere privato della possibilità di una formazione, di un lavoro o di semplice giustizia“
Gli anni bui tuttavia non erano ancora finiti e soprattutto in Georgia vigeva ancora un diffuso orgoglio segregazionista. I cittadini afroamericani non si sentivano al sicuro e, dal 1979 in poi, la situazione peggiorò. Il serial killer di Atlanta aveva un target molto preciso: giovani, giovanissimi: tra i 7 e i 17 anni e quasi esclusivamente maschi di colore. In un afoso pomeriggio del luglio 1979 i primi due corpi vennero trovati in un bosco. Erano Teddy Smith e Alfred “Q” Evans, entrambi quattordicenni.
I due adolescenti erano stati raggiunti alla schiena dai colpi di una calibro 22, ma l’arma del delitto sarebbe cambiata a più riprese per i successivi ventidue omicidi. Con una cadenza quasi mensile ad Atlanta si perdevano le tracce di qualche adolescente, come riportato fedelmente in Mindhunter 2.
Strangolati, accoltellati o aggrediti con oggetti contundenti. Ogni corpo rinvenuto raccontava una storia diversa. Dopo la scomparsa di Terry Pue nel gennaio 1981 una chiamata anonima alla polizia indicò la posizione esatta dei resti del giovane. Sembrava quasi un gioco perverso con le autorità. Più di cento agenti di polizia presero parte alla task force investigativa che seguiva le tracce dell’assassino di Atlanta.
Mentre i cittadini vivevano nel terrore che i loro figli potessero sparire da un momento all’altro mentre tornavano da scuola o andavano a casa di qualche amico; per poi essere ritrovati morti nel greto di un fiume o in una zona boschiva nei pressi di Atlanta. Tramite appelli affidati agli organi di stampa le forze dell’ordine suggerirono maggiore attenzione da parte dei genitori agli spostamenti degli adolescenti. In molti smisero di mandare a scuola i propri figli e nel 1980 si arrivò persino all’imposizione di un coprifuoco.
In Mindhunter 2 sono stati mostrati la frustrazione, il senso di abbandono e la sete di giustizia vissuti dalle famiglie delle vittime.
L’ombra del Ku Klux Klan si ergeva spaventosa sulle sparizioni e sui successivi ritrovamenti e nella comunità afroamericana il sentire diffuso riteneva che dietro le tragiche vicende che stavano sconvolgendo Atlanta ci fosse proprio l’organizzazione segreta.
Alcuni parlarono di un sistema ben strutturato, finalizzato allo sterminio razziale mentre altri pensavano a un singolo omicida mosso forse da moventi sessuali.
Difficilmente i serial killer valicano i confini razziali
In Mindhunter 2 Ford lo ha ripetuto più volte e, in effetti, durante i due anni d’indagine l’FBI sosteneva che l’assassino fosse di colore così come le sue vittime. Ciò contribuì ad alimentare un clima politico rovente e l’arresto di Wayne Williams nel 1981 spaccò in due l’opinione pubblica.
Quanto successo la notte del 22 maggio di quell’anno è stato raccontato in maniera estremamente precisa in Mindhunter 2.
Gli agenti erano impegnati nel pattugliamento dei ponti di Atlanta quando uno di loro udì un tonfo nell’acqua. La station wagon bianca di Williams è stata avvistata pochi minuti dopo, mentre percorreva lentamente la strada che attraversa il fiume Chattahoochee.
Due giorni dopo fu rinvenuto il corpo del ventisettenne Nathaniel Carter sulla riva del fiume. Durante i rilievi della polizia sul retro della vettura del sedicente agente discografico Wayne Williams furono rinvenuti peli di cane e fibre di tessuto compatibili con quanto trovato sui corpi di alcune delle vittime. Tuttavia, in sede giudiziaria, non furono ritenute prove sufficienti per accusarlo degli omicidi degli adolescenti di Atlanta.
Williams fu accusato “solo” degli omicidi di Carter e Jimmy Ray Payne (22 anni) ed arrestato nel giugno del 1981. L’atteggiamento dell’uomo era quasi di sfida nei confronti delle autorità e dopo il suo fermo parlò alla stampa di caccia alle streghe e del tentativo da parte dell’FBI di trovare un colpevole perfetto. Un uomo nero che scagionasse il Klan e i segregazionisti. Le sparizioni e gli omicidi cessarono dopo la sua cattura.
Ma per le famiglie degli adolescenti uccisi non era ancora finita.
Il ventitreenne Williams, infatti, era considerato da molti un capro espiatorio e non il vero colpevole dello sterminio di ventiquattro giovani vite. Nessuno è mai stato processato per quegli omicidi. L’agente discografico è stato condannato a scontare due ergastoli per gli omicidi di Carter e Payne.
Per le tante giovani vite spezzate all’improvviso però, la parola “giustizia” non è ancora stata scritta. A distanza di quarant’anni infatti, nessun colpevole è in carcere per quegli omicidi brutali e insensati e la ferita è ancora aperta nel cuore di Atlanta e di tutti gli Stati Uniti.
Quest’anno però c’è stata una svolta.
La sindaca di Atlanta Keisha Lance Bottoms ha deciso la riapertura del caso. Tutte le prove raccolte nel corso degli anni saranno sottoposte a indagini scientifiche più avanzate. A distanza di quarant’anni potrebbe finalmente emergere la verità sugli Atlanta Child Murders, caso su cui i riflettori sono tornati ad essere puntati dopo l’uscita di Mindhunter 2.
Allo show originale Netflix (che ha prodotto queste angosciantissime serie tv) va infatti riconosciuto il merito, tra gli altri, di aver dato voce, dopo quattro decenni, a tutti coloro che non hanno avuto giustizia. Ai genitori e ai nonni morti senza sapere cosa sia successo ai loro ragazzi e a quelli che cercano ancora una risposta.
Spero che questa nuova inchiesta porti un po’ di pace alle famiglie che per troppo tempo si sono sentite dimenticate
Il commento della Prima Cittadina di Atlanta riguardo la riapertura delle indagini suona come una preghiera. Nessuno ha mai dimenticato le ventiquattro famiglie che tra il 1979 e il 1981 hanno perso qualcuno. Nessuno ha mai dimenticato i bambini di Atlanta.