Non c’è più tempo. La pila di cadaveri si accumula da mesi ormai, nonostante l’intervento della task force, di Holden e Bill. Sono 28 i bambini afroamericani scomparsi, tra morti e dispersi, e non c’è ancora nessun colpevole. Il primo grosso caso in mano ai criminal profiler sembra essere un totale fallimento. Ma il serial killer non è l’unico nemico dei protagonisti. Ci sono numerosi ostacoli, tutti sia teoricamente che pragmaticamente (quasi) insuperabili.
Mindhunter 2×08, diretta da Carl Franklin e scritta da Joshua Donen e Courtenay Miles, prosegue sfuggevolmente il suo percorso preparativo (a questo punto, per le stagioni successive) riguardante il BTK killer, mostrandoci il modo in cui egli sceglie la vittima, servendosi del proprio furgone da lavoro. Il cuore della puntata, tuttavia, come anticipato, ruota attorno al concetto di ostacolo. Holden, oltre a dover lottare contro lo sconosciuto assassino di bambini di Atlanta, deve fare i conti con un altro nemico: la burocrazia.
È infatti assurdo quanto impossibile sia applicare i piani dell’FBI a causa delle difficoltà burocratiche: Holden prova a far distribuire dei volantini, cerca di far piantare delle croci per la veglia in memoria dei bambini morti, ma niente. La necessità di risolvere il caso, e di trovare un assassino di bambini, non riesce ad avere la precedenza sulle regole organizzative e burocratiche di Altanta e delle contee vicine. Uno spaccato della provincia americana e delle problematiche legate alla giurisdizione.
La frustrazione derivante dall’impossibilità di risolvere il caso e le questioni legate alla burocrazia spingono Holden a citare Sisifo, e a paragonare la sua condanna alla loro staticità nel caso di Atlanta: sono costretti, come Sisifo, a trascinare il masso fino alla cima della montagna, per poi gettarlo nuovamente a valle e scendere per riportarlo in alto.
Tuttavia c’è una svolta.
Per molte settimane, la polizia (sempre su suggerimento di Holden e Bill, a causa del ritrovamento dei cadaveri nei canali del fiume), si apposta di notte nei pressi dei fiumi, in attesa che il killer commetta un errore e vada a scaricare un altro cadavere. Qui, nella prima sequenza comica della stagione (in cui vediamo i protagonisti lottare contro il sonno), finalmente succede qualcosa: uno splash, una macchina che lascia il ponte e finalmente un sospettato: Wayne Williams.
Ma come detto, Holden non è l’unico tormentato dagli ostacoli. Nel caso di Bill e Wendy, tuttavia, le problematiche sono più interne che esterne. Bill, si ritrova suo malgrado protagonista della più nota tragedia della vita del poliziotto: l’incapacità di gestire la vita privata e il lavoro. Nel suo caso, però, c’è un’ulteriore aggravante: il piccolo figlio Brian, come sappiamo, continua a mostrare segni di spossatezza in seguito all’inquietante evento omicida a cui ha assistito.
La sua volontà di essere presente almeno agli incontri con lo psichiatra il venerdì lo spingono da un lato a trascurare il lavoro ad Atlanta nel weekend, e dall’altro a non vivere i problemi della famiglia nel resto della settimana. Una situazione che, di fatto, fa acqua da tutte le parti. Se si aggiunge, poi, che è costretto a sopportare il rimprovero di Holden e la sua totale incapacità di capire i rapporti sociali extra-lavorativi, è facile immaginare quanto Bill sia vicino al crollo.
Wendy, invece, ha problemi nella sua relazione ma, ad essere precisi, ha senza dubbi problemi con se stessa. L’impossibilità di vivere, all’inizio degli anni Ottanta, autenticamente la propria omosessualità in pubblico (temendo, ad esempio, di perdere il lavoro), crea non pochi ostacoli con la sua amante, anch’ella comunque vittima e carnefice di se stessa, in uno strano rapporto di apparente normalità con l’ex marito che comporterà, di fatto, il litigio con Wendy.
Nessuno, quindi, in Mindhunter è realmente libero.
Ormai la storia sembra aver preso una netta piega verso l’esclusività narrativa dei crimini di Atlanta, e non ci resta che capire dove e come questa potrà concludersi.