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Mindhunter – Chi è realmente il personaggio misterioso che ci ha tormentato per tutta la stagione

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Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla prima stagione di Mindhunter

Se ci si avvicina troppo al male, si rischia di abbracciarlo. Fino a fondersi in una nuova, inquietante, creatura, sinceramente umana. In un linea di confine quasi impercettibile nella quale l’empatia di un genio sensibile, conseguenza naturale del senso di curiosità che dà vita ad una scienza insostenibile nel momento della sua genesi, mette sullo stesso piano chi ha (forse aveva) l’arroganza di essere immune (e comprende, senza giustificare) con chi si specchia serenamente nel lato oscuro della luna, si danza su un filo sottile, rischiando di finire in un burrone. Sempre più lontano dalla luce. Questa è l’incredibile storia di Holden Ford, affascinante protagonista di Mindhunter. E le prossime stagioni potrebbero mettergli di fronte la nemesi ideale, innescando una reazione imprevedibile.

Di chi stiamo parlando? La risposta ce l’aveva già data Emanuele Di Eugenio in un’interessante recensione del primo season finale del nuovo capolavoro targato Netflix (se volete darle un’occhiata, la travate qui), ma il tema è troppo intrigante per non meritare altro spazio. Il soggetto in questione, infatti, è sempre stato di fronte ai nostri occhi. Avete presente il personaggio misterioso che abbiamo visto a più riprese nell’arco della prima stagione di Mindhunter? Dopo essersi preso la scena in più di un’intro e negli ultimi minuti del decimo episodio, siamo sicuri che si rivelerà essere un personaggio chiave nell’economia dello sviluppo della serie e della personalità di Holden. Tanti, troppi indizi portano ad una certezza sulla scoperta della sua identità: è, senza dubbi, Dennis Rader, il famigerato BTK Killer.

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Chiunque sia appassionato di criminologia lo conosce benissimo. Rader, infatti, è uno dei più celebri serial killer statunitensi. Protagonista di almeno dieci omicidi efferati tra il 1974 e il 1991 (tutti nella contea di Sedgwick, in Kansas), coniò il suo soprannome attraverso un acronimo formato dai termini bind, torture e kill (lega, tortura e uccidi), capaci di descrivere al meglio il suo modus operandi. BTK Killer, ossessionato dall’ordine e il rispetto delle regole in ogni contesto possibile, ha fatto di questa motivazione deviata una filosofia di vita che l’ha consegnato alla storia. Rigoroso, pignolo e arrogante, frequentava la chiesa tra un omicidio e l’altro, cresceva due bambini, era capo boy scout, guidava il gruppo di fedeli della parrocchia ed era un buon marito.

Ha lavorato per anni in una compagnia che vendeva e installava allarmi per imprese commerciali e occupò varie posizioni, incluso il manager di installazioni. Con ogni probabilità, fu questa occupazione a permettergli di eludere facilmente gli allarmi delle case (era solito uccidere le vittime all’interno delle proprie abitazioni). L’incredibile meticolosità nell’elaborazione dei suoi piani criminali gli permise di non esser scoperto fino al 2005, tradito dal suo narcisismo. Rader, infatti, aveva l’abitudine di inviare delle lettere alla polizia e ai media locali nelle quali descriveva i dettagli delle sue uccisioni, senza lasciare tracce che potessero condurlo a lui. Nel 2004, però, spedì alle autorità un floppy apparentemente vuoto, dalla cui memoria gli informatici riuscirono a recuperare un file di testo eliminato che lo incastrò.

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Avremo tempo e modo per conoscerlo meglio grazie alle prossime stagioni di Mindhunter, ma un dubbio sorge spontaneo fin da ora: che impatto avrà sulla vita di Holden? Così come l’arroganza sembra associarli in una deriva che rappresenta un tunnel senza luce, l’ossessione per l’ordine e le regole allontana nettamente BTK Killer da Holden, artista geniale nel rivedere il rigido modus operandi dell’FBI, facendo del primo la nemesi ideale del secondo. Sarà Rader il grande villain di Mindhunter? Oppure si rivelerà essere lo stesso Holden, eroe schiacciato dal peso di una creatura, la sua, che potrebbe assorbirlo fino a farne un’ombra inquietante?

Propendiamo per la prima ipotesi, ma non è da sottovalutare un elemento: la crisi d’ansia che ha chiuso la prima stagione è l’ennesimo richiamo alla storia privata di John E. Douglas, coautore e protagonista del libro dal quale è tratta la serie. Holden ripercorre in parte le tappe affrontate da John, ma non è da escludere che la vita del protagonista di Mindhunter non ricalchi in tutto e per tutto quella dell’agente realmente esistente, e la sua deriva non porti in un’altra direzione, antitetica. Fino a farne il villain perfetto, trascinato nell’oblio dalla propria nemesi. Secondo quanto affermato da David Fincher, la seconda stagione di Mindhunter affronterà il caso degli Atlanta Child Murders, caso di cronaca che riguarda l’assassinio di 24 bambini. Ma siamo sicuri che la presenza di Dennis Rader sarà sempre più ingombrante, e l’evoluzione di Holden Ford ancora più interessante. A prescindere da come andrà, il meglio deve ancora venire. E i fantasmi, dopo aver attaccato la mente di un mite agente, potrebbero assalire anche le nostre.

Antonio Casu 

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