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Dennis Rader, il serial killer di Mindhunter che “lega, tortura e uccide”

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Ci ha accompagnato nelle due stagioni di Mindhunter, ma ancora non ne è stato a pieno il protagonista.

Chi è Dennis Rader, soprannominato BTK, ossia “bind, torture, kill”?

Nasce il 9 marzo 1945 a Pittsburg, da Dorothea Mae Cook e William Elvin Rader. Ha altri tre fratelli, Paul, Bill e Jeff. Fin da giovanissimo manifesta fantasie sessuali sadiche che comprendono il bondage, la tortura, la violenza nei confronti degli animali, un leitmotiv nei profili di moltissimi serial killer. Non basta.

Pratica su se stesso l’asfissia erotica e ama indossare abiti da donna, lo si vede anche in una famosa scena di Mindhunter. Spia le vicine con quegli abiti addosso, ma è bravo a non farsi notare, infatti tutti i vicini lo considerano il classico “bravo ragazzo”.

Dennis Rader non è un bravo ragazzo, non lo è proprio (un po’ come Richard Speck, altro serial killer raccontanto in Mindhunter).

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Dopo il liceo, frequenta la Wesleyan University, ma i suoi risultati sono scarsi e abbandona dopo appena un anno. Ne trascorre un altro nell’Air Force statunitense, poi viene congedato, si trasferisce a Park City dove inizia a lavorare in un supermercato. Si sposa e ha due bambini, Kerri e Brian, si iscrive al college e prende il diploma in elettronica. Riesce anche a finire l’università. Frequenta la Chiesa luterana e diventa addirittura Presidente del consiglio parrocchiale. Non si fa mancare nemmeno la militanza tra gli Scout.

Una vita normale, insomma.

Cambia qualcosa il 15 gennaio 1974, quando i quattro membri della famiglia Otero, il padre Joseph, la madre Julie e i due figli Joseph Jr. di 9 anni e Josephine di 11, vengono trovati morti dal figlio più grande Charlie di ritorno da scuola. In un libro di ingegneria di una biblioteca, quello stesso anno, Rader nasconde una lettera in cui descrive con minuzia i dettagli di quella mattanza.

Nel 1978 manda un’altra lettera alla stazione televisiva KAKE, rivendicando la responsabilità degli omicidi degli Otero, di Kathryn Bright, Shirley Vian e Nancy Fox. Nel proprio delirio di onnipotenza, suggerisce anche una lista di soprannomi con cui i media e il grande pubblico avrebbe potuto chiamarlo. La spunta BTK, l’acronimo di “lega, tortura e uccidi”. Rader vuole l’attenzione dei media, vuole essere riconosciuto come serial killer: la sua smania di protagonismo è eclatante.

Nel 1979 gli sfugge Anna Williams, che per puro caso ritorna a casa più tardi di quanto lui avesse previsto.

Non ha la stessa fortuna Marine Hedge, uccisa il 27 aprile 1985. Rader trasporta il suo corpo nella chiesa che frequenta e la fotografa in varie pose bondage. Non è un serial killer disorganizzato, perché sta ben attento a tenere la scena del crimine ben pulita.

È il 1988 quando la sua furia omicida si abbatte su tre membri della famiglia Fager, mentre la sua ultima vittima, Dolores E. Davies, perde la vita il 19 gennaio 1991.

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Sono passati diciassette anni dai primi omicidi e per tutto questo tempo BTK è stato libero di agire praticamente indisturbato.

Fino al 2004, i delitti legati al BTK sono considerati a tutti gli effetti un cold case. È in quel periodo che Rader manda 11 comunicazioni ai mass media locali che conducono al suo arresto nel febbraio 2005. Gioca con l’opinione pubblica, manda mezzi indizi, rebus, puzzle da risolvere che gli investigatori devono analizzare da cima a fondo.

Indizio dopo indizio, la rete intorno al BTK si stringe, ma gli investigatori sono consapevoli che si tratta di prove circostanziali non sufficienti a garantire l’arresto del serial killer.

È però solo questione di tempo: il 25 febbraio 2005, Dennis Rader viene fermato a bordo della sua auto. La sua casa viene perquisita e le prove contro di lui si accumulano esponenzialmente. Anche la sua chiesa viene perquisita e l’immagine di bravo ragazzo di Rader crolla definitivamente.

Viene accusato di 10 omicidi di primo grado (ma ne confesserà molti di più). La cauzione è fissata a 10 milioni di dollari (uno per ogni vita che ha ufficialmente ucciso) e riceve un avvocato d’ufficio.

La moglie, all’oscuro di tutto, ottiene un divorzio lampo.

Riceve 10 ergastoli, con un minimo di pena detentiva di 175 anni: all’epoca degli omicidi, il Kansas non ha la pena di morte.

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Nel tragitto verso la prigione parla del tempo e di altri argomenti superficiali, ma quanto sente le dichiarazioni dei familiari delle vittime alla radio scoppia in un pianto disperato. È tutt’ora confinato in cella di isolamento per il suo stesso benessere.

Lo psicologo che studia Rader (ecco 5 serie che puoi guardare se sei appassionato di psicologia), Robert Mendoza, riconosce in lui un disordine della personalità ossessivo-compulsivo, è un narcisista è un anti-sociale. Ha un’altissima opinione di sé: si ritiene speciale e, come tale, ritiene di dover essere trattato. Ha bisogno di stare al centro dell’attenzione, di essere ammirato.

Nei confronti delle sue vittime non prova assolutamente nessun sentimento.

In Mindhunter è apparso, ma deve ancora approfondire la propria tragica, violenta e morbosa storia.

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