Un mix di straordinaria tensione e bucolica suspense.
Una delle serie Netflix che ha riscosso più successo nell’ultimo periodo è stata senza dubbio Mindhunter. La sua doppia natura, documentaria da una parte ed estremamente psicologica dall’altra, è riuscita ad appassionare molti. Ogni dettaglio è costruito in maniera perfetta per far sì che l’intera struttura della serie possa ergersi senza pecche, nonostante si parli di qualcosa di particolarmente labile. Il confine tra genialità e pazzia, tra intelligenza e mania. Il centro intorno al quale tutto gira e in cui tutto torna. Mindhunter è fatta di dettagli.
Parole e gesti, declinati in ogni loro forma, studiati, manipolati e sviscerati fino al loro più profondo e reale significato, il punto di partenza e insieme il punto di arrivo. In Mindhunter non c’è casualità, ma solo cause ed effetti, di conseguenza tutto ha un fine. Anche quella che potrebbe sembrare la più piccola parte del capolavoro: la sigla.
Inizialmente era difficile capire cosa significasse, proprio perché ogni dettaglio era perfettamente al suo posto e sembrava quasi un paradosso. Ma a volte è proprio la perfezione che ci manda in confusione e queste cinque ipotesi che mi ero fatta prima di capire cosa fosse realmente Mindhunter, ne sono una conferma.
1) Nel primo episodio la sigla arriva dopo circa dieci minuti di puntata. Tutto quindi inizia con degli indizi. La musica di sottofondo è calma in opposizione a tutto ciò che abbiamo visto a inizio episodio e le immagini si susseguono piano intervallate da flash di qualcosa di incomprensibile. Almeno fino al terzo flash, quando capiamo che ancora una volta a fare da padrone nella serie è la dicotomia equilibrio-pazzia. Da questi elementi si poteva dedurre una trama strana, ma allo stesso tempo intrisa di quiete, conclusa probabilmente da qualcosa di esplosivo. Sappiamo ora che però l’esplosione finale è avvenuta, allo stesso modo degli inizi, come qualcosa di calmo che non si manifesta in maniera sproporzionata ma sembra quasi normale in fin dei conti.
2) Sempre riferendosi ai minuti iniziali di puntata, la sigla era qualcosa di fortemente antitetico. Cosa significava la sigla se non ascoltare qualcuno e dare voce a qualcosa?
Però il contrasto era veramente forte, a quel punto così troppo iniziale non aveva alcun senso. La seconda ipotesi, quella che non riuscivo ad accettare ma che in quel momento era la più plausibile, era quella di un simbolismo veramente forte. Nulla sarebbe stato così come veniva rappresentato nella sigla, ma in un certo senso il risultato finale sarebbe stato un rimando a una voce non ascoltata.
3) Quindi quale voce andava ascoltata? Forse quella delle vittime, dei flash che continuavano a disturbare l’andamento meticoloso e quasi maniacale del video di primo piano. Sono loro che interverranno, magari attraverso gli indizi che verranno raccolti nel corso delle puntate. D’altronde non si potrebbe fare altrimenti e le Serie Tv che fino a questo momento hanno riempito il panorama seriale hanno ormai creato pattern d’azione e di comportamento standard per i crime e per i thriller. L’idea era che si trattasse di un crime ad alto contenuto psicologico ma con le stesse fondamentali regole di base di serie che si susseguono da anni.
4) Una cosa era comunque certa. La cura e l’attenzione per i dettagli non si poteva ignorare neanche dalla sigla.
Ogni movimento guidato ad arte e frutto di esperienza e abitudine irrompe fin dai primi istanti, come fosse qualcosa da notare subito, da mettere in conto a priori. Su questo punto non sbagliavo. La cura al dettaglio è stata dall’inizio fino agli ultimissimi istanti qualcosa di veramente importante e straordinario.
5) Sono però ugualmente colpevole di un madornale errore. Gli elementi iniziali di estrema calma mi hanno tratto in inganno. Allora pensai che di qualunque cosa si trattasse c’erano a quel tempo forti certezze su di una calma ossessiva che inesorabilmente avrebbe portato anche a momenti di noia. Inutile dire che sono stata smentita in modo netto. Nessuna puntata ha dato questa impressione e l’apparente calmo equilibrio con cui le storie vengono raccontate non fa altro che aumentare il coinvolgimento emotivo e diminuire il tradizionale fin troppo chiaro distacco tra bene e male.