Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez si concentra su uno dei casi criminali più noti e controversi della storia degli Stati Uniti: l’omicidio di José e Kitty Menendez, avvenuto nel 1989, perpetrato da loro due figli, Lyle ed Erik. La nuova serie tv antologica di Ryan Murphy e Ian Brennan porta nuovamente in scena una narrazione non volta alla ricerca della verità dei fatti. L’intenzione non è quella di assolvere i protagonisti, bensì quella di raccontare una storia che ha lasciato molti dubbi e interrogativi. È lo spettatore, come nel caso di Dahmer raccontato nella prima stagione di Monsters, che sceglie a cosa credere. Indubbiamente, però, qualsiasi sia la verità, la storia che emerge da questo fatto di cronaca è terribile e agghiacciante.
La serie, infatti, mette in luce diversi punti di vista: sia quello dei fratelli Menéndez, sia quello dei loro genitori. Fin dal primo episodio, infatti, ci rendiamo conto che c’è qualcosa che non torna in quella che sembra la famiglia perfetta. José e Kitty Menendez, ricchi e affascinanti, con i loro due figli giovani e aitanti, formano decisamente il classico e perfetto quadretto famigliare. Eppure, c’è qualcosa che stona. Uno sguardo, un gesto, una parola di troppo detta al momento sbagliato. Qualche dubbio sorge, anche se non sappiamo ancora perché. Monsters ci svela quasi subito le due facce della medaglia, rivelando che non è solamente una storia drammatica di una famiglia disfunzionale.
Monsters catalizza l’attenzione dello spettatore soprattutto per l’incredibile bravura degli attori.
La serie di Ryan Murphy (qui il confronto tra la prima e la seconda stagione di Monsters) racconta l’omicidio, le indagini, il processo e la vita in carcere dei protagonisti, con i tentativi di accusa e di difesa. Il caso, all’epoca, nonostante fece molto scalpore dividendo l’opinione pubblica, venne eclissato da un altro caso che attirò da subito l’attenzione dei media: quello di O.J. Simpson. Inoltre, racconta e si focalizza sulla personalità dei fratelli Menendez, interpretati ad Nicholas Alexander Chavez e Cooper Koch. La straordinaria bravura dei due giovanissimi attori, unita a quella ormai appurata di Javier Bardem e Chloe Savigny, hanno regalato a questa miniserie una marcia in più. Soprattutto Cooper Koch.
Monsters: La storia di Lyle ed Erike Menéndez ci svela quasi subito che José Menéndez terrorizzava i suoi figli. Era un padre violento, che abusava psicologicamente e fisicamente i suoi figli fin dalla tenera età. Gli abusi psicologici si sono intensificati negli anni, dal momento che imponeva loro pressioni insopportabili per raggiungere obiettivi ben precisi. Allo stesso modo, la madre Kitty appare come una figura fragile e oppressa, dedita all’alcol e agli antidepressivi, incapace di imporsi all’interno della famiglia.
Tutto ciò che i fratelli hanno subito negli anni sembra averli profondamente segnati, spingendoli verso un tragico epilogo. L’approccio narrativo è quello di esplorare non solo i fatti accaduti, ma anche i retroscena psicologici e famigliari che hanno portato a un evento così devastante. La serie cerca di far luce sui motivi, tra traumi e abusi, che avrebbero spinto i fratelli a uccidere i loro genitori. Uno dei punti di forza di Monsters risiede nella capacità di presentare un quadro sfumato degli eventi, riflettendo sul concetto di colpevolezza e sulle dinamiche famigliari tossiche.
Cooper Koch è riuscito a portare sullo schermo una miscela di fragilità e disperazione che rende il suo personaggio incredibilmente autentico.
L’interpretazione dell’attore è riuscita a far emergere tutta la sofferenza e la vulnerabilità di Erik, una figura spezzata che cerca di trovare il suo posto in una famiglia dominata dal controllo e dall’abuso. Koch regala al suo personaggio una profonda sofferenza emotiva e un’umanità spiazzante, facendolo oscillare tra il ruolo di vittima e di carnefice. Cooper Koch ha aggiunto ciò che mancava a Monsters: un livello di profonda drammaticità e umanità. Ci riferiamo, in particolar modo, all’episodio intitolato The Hurt Man in cui Erik rivela degli abusi subiti al suo avvocato Leslie Abramson. Questo episodio rappresenta una svolta emotiva e narrativa, poiché consente allo spettatore di comprendere più a fondo le esperienze traumatiche che hanno vissuto i fratelli.
Durante il colloquio, Erik si apre per la prima volta in modo esplicito sulla natura degli abusi inflitti da suo padre José. Il giovane racconta con dettagli agghiaccianti episodi di abuso sessuale e di violenza fisica che avrebbe subìto fin dall’infanzia, sotto lo sguardo indifferente della madre Kitty. La confessione è accompagnata da un senso di vergogna e vulnerabilità che Cooper Koch riesce a trasmettere in modo struggente, rendendo chiaro quanto profondamente questi traumi abbiano segnato la psiche di Erik.
La performance di Cooper Koch è intensa e autentica: enfatizza la fragilità del personaggio, mettendo in risalto la lotta interiore tra senso di colpa per l’omicidio, e rabbia e vergogna verso ciò che gli è stato fatto.
Questo episodio è uno dei momenti più emotivamente potenti della serie. Cooper Koch è riuscito, grazie alla sua strabiliante interpretazione, a valorizzare e sottolineare il lato umano dei protagonisti. È riuscito a offrire una prospettiva diversa e più comprensiva sulla loro storia, regalandoci uno degli episodi più belli e potenti delle serie tv. Monsters ci ha raccontato, soprattutto attraverso il personaggio di Erik, che non ci sono né vincitori né vinti. La drammaticità di questo aspetto, punto focale della serie, ci spinge a riflettere su quanto quello che vediamo e immaginiamo non è mai come sembra.