Ci eravamo lasciati con i primi due episodi di Mosaic, i quali avevano fatto un po’ storcere il naso per alcuni espedienti narrativi, non proprio sviluppati alla perfezione, al cospetto di una regia cristallina, rivelatasi il vero plus della Serie. In questo terzo episodio, Zebra-Itis, tuttavia, la regia si apre alla trama, che comincia a delinearsi a chiazze, come un mosaico. Aver messo da parte Olivia Lake, presente solo in quanto ingombrante assenza, probabilmente, ha dato un notevole spazio di manovra agli altri personaggi.
È così che Mosaic comincia a far intravedere lo scopo che si era prefissata: offrire uno sguardo introspettivo su tutti i personaggi coinvolti nella vicenda.
In maniera non dissimile da altri crime psicologici come The Night Of o The Affair, la storia dell’omicidio di Olivia Lake diviene il pretesto per approfondire il lato umano dei personaggi coinvolti nella vicenda, ponendo l’enfasi sulle loro debolezze e le loro contraddizioni. A questo arriva esasperando l’utilizzo dei dialoghi e dei flashback, ma rendendoli comunque funzionali alla trama.
In tale contesto spicca la figura di Petra, sorella del principale sospettato (nonché condannato per l’omicidio) Eric Neill. La sua crociata in favore del fratello è guidata da motivazioni che potremmo definire quasi egoistiche. Il ritratto che emerge dall’episodio, infatti, è quello di una donna profondamente sola, incapace di trovare uno scopo nella vita. Non di meno è divorata dal senso di colpa per aver aiutato la polizia a trovare il rifugio del fratello e, probabilmente, anche per averlo reso un caso mediatico in Tv.
È inoltre probabile che abbia agito in questo modo per risentimento nei confronti di Eric, dopo essere stata umiliata proprio da Olivia nel loro unico incontro, come emerge dal flashback che chiude la puntata. E proprio quest’ultima scena rappresenta l’ennesimo esempio della regia illuminata di Soderbegh. Olivia Lake, nel frangente, viene ripresa in lontananza dall’altro capo del tavolo e il suo volto appare sfocato, acuendo la sensazione di essere in un ricordo, in cui è difficile mettere a fuoco i dettagli.
È prima di tutto per se stessa, dunque, che ella si muove sulle tracce dello Zebra-Itis.
Il concetto che dà il titolo all’episodio riguarda l’atto di non voler arrendersi di fronte all’evidenza dei fatti, autoconvincersi che la soluzione più ovvia non sia, in realtà, quella effettiva. Questo potrebbe essere uno di quei casi in cui la Serie Tv rivela implicitamente la soluzione allo spettatore, anche se risulta davvero difficile immaginare che la figura sulla quale convergono tutti gli indizi, Joel, possa essere realmente l’assassino. Oltretutto questa puntata evidenzia anche i suoi scrupoli di coscienza, in luogo della persona arrivista e rabbiosa che ci era stata presentata la volta scorsa.
La terza figura sulla quale l’episodio si sofferma è poi quella dello sceriffo Nate. Come per Joel e Petra, le due diverse timeline evidenziano aspetti differenti del carattere. Nei flashback Nate appare dotato di poco carisma, completamente succube dell’allora sceriffo Alan Pape e, per questo, incapace di portare a termine il proprio lavoro. Nel presente, al contrario, sembra finalmente aver acquisito più sicurezza nei propri mezzi. In tal senso, proprio l’incontro con Petra (oltre, presumibilmente, alla paralisi della moglie) deve aver innescato la sua voglia di cambiamento.
Se l’esordio aveva provato a colpire con la potenza delle immagini, questo terzo episodio riesce ad abbinare in maniera molto più efficace il comporto stilistico con la concretezza dei contenuti. Che l’aver accantonato la pur immensa Sharon Stone abbia consentito un maggior spazio di manovra agli altri personaggi? Probabilmente sì. È in questo modo che ogni personaggi ha beneficiato di una maggiore caratterizzazione; ora sì che vien da provare empatia per loro, ora sì che vien da chiedersi:
chi ha ammazzato Olivia Lake?