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Non abbiamo capito Mr. Mayor

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Mr Mayor, sì. Molto probabilmente non l’abbiamo capita, e non solo in Italia ma anche in America, la sua patria di origine. La serie si ferma alla seconda stagione e non avrà seguito a causa della non entusiastica accoglienza del pubblico. Voce del popolo, voce di Dio, quindi? Non esattamente. Proviamo a capire perché.

Mr. Mayor: una storia americana

Non c’è una giunta che voti le decisioni del Sindaco, c’è lo staff del Sindaco stesso che si occupa della comunicazione, dei controlli sugli argomenti che si stanno valutando, di tentare (con scarsi risultati) di dissuaderlo dal prendere alcune decisioni. L’estrazione del Sindaco (il nostro Mr. Mayor) non è per niente politica ma imprenditoriale (qui la similitudine con la nostra storia c’è). La città da governare è Los Angeles, l’altra metà iconica dell’America, la terra della corsa all’oro, la culla del cinema, il teatro di più scontri razziali (il caso Rodney King tra gli altri), residenza privilegiata dei ricchi. Neil Bremer (Ted Danson) si trova a essere eletto per caso. Si era candidato con il solo scopo di dimostrare alla figlia adolescente, orfana di madre, che ha ancora delle frecce al suo arco e le vuole scoccare per essere un buon padre e colmare la perdita della figura materna.

Il suo improbabile staff vede in prima posizione il suo Vice Sindaco Arpi Meskimen (Holly Hunter), profondamente liberale e ossessionata da programmi identificati con acronimi imbarazzanti; Jayden Kwapis (Bobby Moynihan) è il DIrettore delle Comunicazioni ed eterno fanciullo che coi suoi modi naive, ricchi di cultura trasversale, riesce nonostante le apparenze; Mikaela Shaw (Vella Lovell) è il Capo del Personale e millennial dipendente dal lavoro, esperta di social media ma con propria vita sociale inesistente; Tommy Tomas (Mike Cabello) è il Capo Stratega che più che essere capace in politica è ferrato in tendenze giovanili; Neil Bremer è armato di buone intenzioni e trova anche tramite la figlia Orly un’ispirazione, oltre a una fiera oppositrice in alcuni casi, a capire la città. Tutta la satira della serie è strettamente legata al sistema americano sociale e politico. Moltissimi riferimenti e giochi di parole non sono traducibili efficacemente in italiano. Anche vedendola in originale, con sottotitoli, se non si ha nessuna conoscenza di meccanismi, personaggi, abitudini, usanze non solo americane ma californiane, si perde troppo dello spirito della serie.

Mr. Mayor (640×360)

The tall guy

Svetta su tutti dai suoi quasi 2 metri, Ted Danson, che interpreta Neil Bremer e si prende anche in giro con una citazione autoreferenziale del suo ruolo in C.S.I. Nella serie “the tall guy” diventa quasi il suo soprannome con l’aggiunta di “white”. Si fanno spesso riferimenti al suo essere wasp (white anglo saxon protestant). In California, la comunità ispanica si aggira attorno al 70% rispetto alla popolazione totale. Se poi si aggiunge che quello alto e bianco è anche ricco, si può tentare di capire quanto la satira di Mr. Mayor possa essere attuale.

La critica che viene mossa in patria è proprio riferita a una mancanza di affondo. Per uno straniero e soprattutto per noi italiani che ci siamo disabituati – se mai lo stiamo stati – alla satira sociale e politica, Mr. Mayor risulta essere addirittura graffiante. Cito una battuta su un problema molto serio che hanno affrontato a Los Angeles recentemente e che si ripropone come una costante: gli incendi. In una riunione dove appunto si parlava degli incendi, viene distribuito ai presenti un solo foglio aggiungendo che per risparmiare la carta hanno riportato solo le zone non colpite dagli incendi. Probabilmente in America l’aspettativa per una serie di Tina Fey e Robert Carlock i creatori di 30 Rock era molto alta e irraggiungibile. Per noi Mr. Mayor può essere una di quelle serie da 20 minuti che si possono guardare in pausa pranzo, con ottimi attori (dalla fucina del Saturday Night Live), che tocca in maniera irriverente e spesso dissacrante molti punti sensibili e blindati dal politicamente corretto che in America sono percepiti in modo ancora più pressante (la fluidità di genere, l’egemonia e il potere degli influencer e di conseguenza di internet come concetto generale).

Se vi capita di trovarla girando nelle varie piattaforme di streaming, datele una chance. Ci sono dei momenti di puro divertimento.