Anche se l’errore più comune quando si parla di Stephen King è pensare che si tratti di un autore horror, lo scrittore ha ampiamente dimostrato con svariati libri (Mr.Mercedes, Billy Summers e Le ali della libertà per citarne alcuni) le prime impressioni non sono quelle che contano. L’horror narrato da King fa principalmente da cornice entro cui le sue storie prendono vita. Storie che, come un osservatore più attento saprà per certo, trattano di tutt’altra cosa: amicizia, crescita, amore, rapporto genitori-figli, l’emancipazione femminile persino. È quell’eterna lotta del bene contro il male che non deve, necessariamente, avere risvolti fantasy o simili. Prova ne è Mr. Mercedes, una detective story in cui bene e male sono raffigurati sulla carta e nella serie tv da un ex poliziotto ubriacone e da un serial killer squilibrato. L’ennesimo adattamento di un’opera di Stephen King stavolta si butta sul genere hardboiled.
Brady Hartsfield è un ragazzo con seri problemi mentali che vive un’esistenza grigia e un rapporto malato e morboso con la madre alcolizzata. Represso e arrabbiato con il mondo, Brady nasconde un’ indole feroce alla quale permette di sfogarsi pienamente già nel prologo della vicenda. Nel 2009, infatti, Brady, mascherato da clown, investe e uccide numerose persone, tra cui una neonata. Per aver utilizzato una Mercedes SL 500 rubata, il killer diventa noto come Mr. Mercedes ma la polizia non riesce in alcun modo a catturarlo. Sono passati due anni e il detective Bill Hodges, incaricato ai tempi dell’indagine, è ormai in pensione. Apatico, stanco e burbero, Hodges vive un’esistenza così vuota da contemplare il suicidio quando qualcosa cambia e gli ingranaggi da detective si rimettono in moto.
Hodges riceve una lettera scritta proprio da Mr. Mercedes ma le parole che dovrebbero spingerlo definitivamente a incontrare il tristo mietitore sono invece la benzina che serviva a questa vecchia macchina parcheggiata in garage.
Ha così inizio una caccia del gatto con il topo senza esclusione di colpi, una lotta di ingegno tra due pari che non hanno ormai più nulla da perdere. Moderni Sherlock Holmes e Moriarty, Bill e Brady sono dunque i protagonisti di una storia che dell’horror visivo non ha nulla e ciò che fa davvero paura qui è l’animo umano. Brady Hartsfield rappresenta l’orrore di una vita all’insegna dell’abuso, della passività e della violenza psichica che, presto o tardi, ha la meglio segnando indelebilmente il nostro villain. Non si tratta di un personaggio giustificabile ma come spesso succede con i cattivi creati da Stephen King, si tratta senza dubbio di un personaggio comprensibile.
Uno degli aspetti migliori dell’adattamento televisivo è proprio la caratterizzazione del personaggio di Brady, la cui backstory è decisamente più approfondita e ricca di particolari. Brady non appare quindi sullo schermo solo come il cattivo da fermare ma come un individuo psicologico affascinante nella sua follia. Per questo motivo, nonostante alcune cose non abbiano funzionato benissimo, Mr. Mercedes rimane uno degli adattamenti migliori dai romanzi di Stephen King (un altro progetto che vi consigliamo vivamente è La storia di Lisey).
Allora dove, esattamente, Mr. Mercedes ha smesso di funzionare trasformandosi in una serie tv facilmente dimenticabile?
La risposta è quella maledetta terza stagione. Nel desiderio, forse troppo arrogante, di volersi allontanare dal materiale di partenza, la serie tv inverte l’ordine dei libri della trilogia adattando il secondo volume per ultimo. In “Chi perde paga”, infatti, Brady è in coma e il focus della storia si sposta sull’omicidio di John Rothstein, scrittore anticonvenzionale e ribelle. e sui suoi preziosi taccuini. Per ragioni di continuity, la seconda stagione non mette momentaneamente in pausa la storia del killer della Mercedes come avviene nei libri. Succede così che il secondo libro venga adattato solo nella terza stagione e per giunta con diverse differenze. Innanzitutto, il personaggio di Alma Lane, vecchia amante dello scrittore, è inventato di sana pianta mentre quello di Peter Morris, effettivo villain del libro, perde parecchio mordente.
Una terza stagione debole, fuori forma e fuori contesto che non riesce a piazzarsi come efficace continuo delle vicende di Mr.Mercedes. Se “Chi perde paga” funziona perché funge da hiatus narrativo tra il primo e il secondo capitolo, come terza stagione la stessa medesima storia risulta inevitabilmente slegata. Non solo. Il finale di “Fine Turno”, terzo e ultimo libro, viene necessariamente modificato visto che non si tratta più di un series finale.
Così, se la trilogia cartacea si conclude con la morte non solo di Brady ma anche di Bill, la seconda stagione lascia, invece, numerose porte aperte. Tali porte però non funzionano affatto dal noioso processo a Lou, colpevole di aver ucciso lei Brady, all’indagine sul caso Rothstein, nemmeno vagamente inquietante come la caccia al killer delle prime due stagioni. Anche l’aspetto più prettamente sovrannaturale che fa la sua comparsa in “Fine Turno”, viene qui sacrificato e gestito malamente. Una scelta davvero infelice che ci ha lasciato con l’amaro in bocca.