Il terzo episodio, dai dialoghi molto tecnici ma adattati ad un pubblico generalista, ci spiega qualcosa dell’informatica che abbiamo sempre dato per scontato:
10) Un bug non è mai solo un errore. Rappresenta qualcosa di più. Un errore nel modo di pensare. Perché, fuori dallo schermo, la vita è piena di bug e ti rende come sei. Il bug costringe il software ad adattarsi, per causa sua deve evolvere in qualcosa di nuovo. Deve aggirare l’ostacolo o superarlo. Qualsiasi cosa accada si trasforma. Diventa qualcosa di nuovo. La versione successiva. L’inevitabile upgrade.
11) Molti programmatori pensano che debuggare un software significhi correggere un errore. Ma è una cazzata. Il debugging sta tutto nel trovare il bug. Nel comprendere perché il bug fosse lì. Bisogna essere consapevoli che la sua esistenza non è stata un incidente. Ma che è venuto da te per consegnare un messaggio. Come un’ignara bollicina che galleggia fino in superficie per poi scoppiare con la rivelazione di cui segretamente eri già consapevole.
12) Questo è il mondo in cui viviamo. Le persone contano sugli errori altrui. Per manipolarsi e usarsi a vicenda. Anche per relazionarsi. Un caldo e caotico cerchio di umanità.
13) Dai a un uomo un’arma e rapina era una banca. Dai a un uomo una banca e rapina era il mondo.
14) Robot avrà trovato i bug della Evil Corp, ma non ha trovato i miei. È l’unico modo che ho per proteggermi. Mai mostrare il codice sorgente. Chiudermi. Creare il mio freddo e perfetto labirinto dove nessuno potrà mai trovarmi.