Ehilà amico. Ehilà amico?
Riesci a sentirmi? Sei qui con me… o dovrei dire sei qui dentro di me?
Non so… è difficile parlare con te. Non esisti, ma ormai sei qui con me, ormai sei l’unica entità virtuale con cui posso parlare.
Strano. Perché non riesco a vederti.
A volte non sono sicuro neanche di riuscire a vedere me, esisto realmente?
Forse sono come te… o forse, io sono te.
Ma non sono sicuro di esistere. Non in questo mondo…
non in questo modo.
Dove sei?
Ho bisogno di parlarti, sento di doverti dire delle cose. Cose importanti, che potrebbero cambiare il mondo, che forse lo hanno già cambiato, ma sento di dovertelo dire. Ogni mattina so di dovermi svegliare ed essere pronto a combattere contro qualcosa, qualcosa di veramente grande. È come se dovessi vincere contro il mondo intero, contro le sue corporazioni, contro i potenti schiavizzatori della società.
A causa loro siamo marche, siamo come prodotti alimentari in un minimarket, siamo stati etichettati da qualcuno che sta lì, in alto, più in alto di noi nella catena alimentare, non ce ne rendiamo neanche conto.
La maggior parte dei potenti, l’1% più ricco dell’1% più ricco pensa di averci in pugno. Pensa di poter immettere in noi dei bug e farci cadere finalmente ai loro piedi.
Stronzate!
È già successo, loro non pensano che questo possa accadere, loro lo hanno già fatto, loro sanno chi siamo e cosa cerchiamo. Loro sanno cosa ci diverte e cosa ci rende schiavi.
Devo combatterli. È tutto ciò che mi è necessario per poter sopravvivere.
Combattere un mostro informatico, che sai, mi assomiglia.
Le persone fanno fatica a vedere chi sono, osservano me, un normale essere umano che sopravvive insieme ad altri esseri umani, ma non hanno accesso alla dimensione nascosta, non possono guardare al di là della realtà, non possono conoscere tutto ciò che nella mia mente ha sapore di paranoia.
Loro pensano di sapere chi sono.
Ma non è così importante conoscere chi si ha davanti.
Io hackero le persone, so chi sono grazie a ciò che mettono in rete, ma non sono tutti come me.
Per quanto ci è possibile essere ciò che siamo, ci sarà sempre un virus da eliminare, una sostanza da combattere dall’interno e da buttare fuori.
Un virus è abituato a propagarsi, a distendersi attraverso il nostro sistema operativo fino ad arrivare nei più lontani e nascosti spazi, attaccando in maniera violenta quello che abbiamo in memoria, tanto da obbligarci a fare uso di antivirus. Antibiotici che prevengono un’infezione, un’infezione bloccata da sostanze preventive che proteggono e salvano il nostro hardware.
L’unica sensazione che facciamo fatica a rimuovere è la rassegnazione dell’essere stati attaccati.
Il non essere stati in grado di difenderci attraverso il nostro firewall.
In fondo facciamo parte di una società fondata su firewall, il nostro compito è quello di sopravvivere grazie a loro.
Eppure siamo vulnerabili, molto più di quanto riusciamo ad immaginare. Veniamo hackerati ogni giorno, miliardi di volte. Ma i virus sono violazioni diverse, sono inaspettati e pericolosi. Quelli che colpiscono la nostra mente, le nostre emozioni… sono letali, riescono ad essere letali ma senza ucciderti. È possibile, credimi. Riescono a farti soffrire chiunque con un’intensità e costanza esasperanti.
Ed è questo incontrollabile modo di subire le sconfitte che non riesco a sopportare, che non riesco a comprendere, è questo, tutto questo, che odio della società che ci tiene prigionieri.
All’interno di un hardware è tutto completamente differente, riesco sempre a gestirlo, in un mondo che non usa bit e sistemi binari è difficile trovare soluzioni, è difficile pensare, essere reali, concreti.
A volte per me è così, preferisco fare finta di essere reale, vivere in maniera automatica facendo uso di proxy che mi aiutano a decifrare il mondo fisico e che mi permettono di avere atteggiamenti socialmente vantaggiosi.
Così da poter sperimentare quel noi sociale che per me non ha alcuna importanza.
E poi ci sei tu… ti conosco, eppure non so chi tu sia. So che sai tutto di me, ma io non so chi sei, non so dove sei.
Non so chi sei.
Non sono pronto per essere visto, non sono pronto per essere decifrato, il mondo che mi appartiene è quello che riesco ad hackerare, non quello che hackera me. Questa è l’unica realtà che so essere vera.
Perché in fondo tu sai di essere me… ed io sono te.