Facciamo ancora tanta fatica a comprendere a pieno Mr. Robot. Forse perché è un lungo viaggio nella coscienza di un ragazzo che a tratti non esiste, o forse perché è costruito talmente bene che perdersi in questo mondo è veramente troppo semplice.
Eppure neanche lo smarrimento è quello che ci saremmo aspettati. Non è una perdizione temporanea, non un andare altrove e poi tornare dove tutto è più chiaro. Mr. Robot è la perdizione infinita in una delle notti più buie. Senza torcia né mappa. Con il nostro solo senso dell’orientamento, che non funziona. Come può un ologramma funzionare come un essere concreto? Non ha punti di riferimento, non può contare sulla sua esistenza, perché non esiste. E quello che non esiste non ha storia, ma Elliot ha superato tutto ciò che non credevamo possibile, ha creato un passato per questo ologramma. Gli ha dato vita e combatte in ogni istante per rendersi reale.
Le uniche ancore a cui possiamo dare importanza e certezza sono i colpi di scena, quelli che nel corso degli episodi rendono i dettagli giusto un po’ più chiari. Quel tanto che basta a renderci sempre più consapevoli della sfumatura tra notte e giorno. La notte in cui ci siamo persi e il giorno in cui riusciremo a ritrovarci.
Nel tempo che passa per arrivare a vivere quel giorno, siamo stati testimoni di momenti struggenti e sorprendenti, nei quali Mr. Robot ha dato prova di se stesso e della sua opera.
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Siamo solo al secondo episodio, ma la facilità con cui Mr. Robot crea nelle nostre menti un’elegante confusione è già stata appurata. Con il pilot siamo entrati nel mondo di Elliot, questo secondo episodio riesce a farci entrare ufficialmente nella sua testa. Con un evento in particolare che per un altro paio di episodi sembra ancora, al di là dell’ambiguità del gesto, una cosa verosimile: Mr. Robot spinge Elliot giù da una ringhiera. Temiamo il peggio, ma non sappiamo ancora nulla. Questo è uno dei primi frammenti che hanno preparato il nostro cuore a continui spaventi e costanti sorprese.