La recensione della 4×04 di Mr Robot è un’indagine sui suoi protagonisti. Sul percorso di ognuno di loro. Sui fallimenti, sui dubbi e sull’inevitabile necessità di andare avanti.
Ethan è un uomo come tanti. Sente un peso. Un peso che non viene da sé ma dagli altri, dai suoi parenti. Un tempo la sua famiglia era benestante ma ora tutto è perduto. Ora, per guadagnarsi uno sguardo di rispetto, deve faticare. E allora sceglie per sé e per i suoi cari di scendere a patti. Perché “per la maggior parte degli uomini il successo non è mai un male” e “così fanno tutti, (…) forza e successo stanno al di sopra della moralità, al di sopra della critica… l’unico castigo è per chi fallisce“.
Ethan troverà quel successo per sé e per chi lo circonda. Ma perderà la luce, la sua luce solitaria, quel bagliore che non può più essere rintuzzato da un rigurgito di scrupolo. Qualcosa però può ancora fare. Sì, preservare la luce che è in qualcun altro. Ethan è il protagonista sfaccettato e ambiguo del romanzo di John Steinbeck, L’inverno del nostro scontento. Da quest’opera il Babbo Natale che affianca Darlene nel quarto episodio della quarta stagione di Mr Robot trae una citazione.
Addio è breve e finale.
“Una parola dai denti aguzzi che mordono la corda che lega il passato al futuro“, continuava poi la frase. Quel legame tra il passato e il futuro è l’affetto di due fratelli, di Elliot e Darlene. Entrambi hanno vissuto il dramma della loro infanzia e ambedue si proiettano in un futuro arido di speranze in cui la parola ‘addio’ è un rischio improvviso e concreto.
Se il futuro è in bilico con il passato Elliot ha già fatto i conti. Lo ha accettato, caricato sulle spalle. Quel passato Elliot lo porta sempre con sé nell’immagine così viva e interattiva di Mr Robot, del suo eterno bisogno di controllo. Sì, perché Mr Robot è nient’altro che il prodotto di un bambino che perde suo padre per logiche imperscrutabili.
Mr Robot è sicurezza, potenza, volontà di imporsi laddove gli eventi risultano sconvolgenti e incontrollabili. È tutto quello che Elliot non riesce a essere da solo. Eppure, neanche in questo instancabile compagno c’è la certezza. La certezza è un’illusione davanti a un mondo troppo complesso e caotico per piegarsi a un hackeraggio.
Quel controllo sfugge.
Sfugge irrimediabilmente non solo a Elliot ma a tutti i personaggi di Mr Robot. Sfugge a Whiterose che “perde un tempo”, perde così l’amore e si riscopre nel suo desiderio di potenza, nella volontà di piegare il tempo al suo comando. E in questo episodio sfugge con angoscia a Dominique DiPierro. La ragazza non ha affetti, non ha il controllo della propria vita. La sua interiorità langue nell’umido degrado della sua casa.
In sottofondo risuona Total Control dei Motels. Venderei la mia anima per un controllo totale. Risuona l’illusione e la speranza disperante di una donna che vorrebbe entrare in possesso della propria vita. E che invece è in balia di se stessa e della Dark Army che la soffoca, la annega, le ordina: “Smettila di dimenarti così tanto. Perderai il controllo più in fretta in questo modo. Lasciati andare. Rinuncia al controllo. Renditi conto che non sarai mai libera“. Così il controllo sfugge. Dominique annega in una vita che non sa indirizzare.
Fuori rotta vagano tutti in Mr Robot. Persi nelle speranze e nelle delusioni. Elliot e Tyrell compiono un giro su se stessi, tornando al punto di partenza. Il lugubre suono di un’anima morente fa da sfondo al loro smarrimento. Anche Darlene avanza incerta, verso mete che non gli appartengono. Lei che ha perduto tutto e cerca solo l’affetto di un fratello troppo chiuso al mondo per poterla amare.
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Un messaggio di errore che testardamente si ripropone a ogni riavvio di pagina. A ogni nuovo link che i protagonisti di Mr Robot tentano ti aprire. Darlene, Elliot, Dominique, Tyrell. Tutti cercano qualcosa che non riescono a trovare. Cercano il controllo sulle proprie azioni. Cercano speranza e, senza rendersene pienamente conto, amore e comprensione.
Sono soli. Irrimediabilmente persi in una strada che gira su se stessa. E allora non resta altro da fare che insistere e persistere. Andare avanti. Procedere verso il futuro ignorando i presagi di morte che albeggiano all’orizzonte. Non c’è altra scelta. Elliot l’ha capito più di tutti. Non ci si può ripiegare su se stessi. E neppure tuffarsi nostalgicamente nel passato o rompere la corda con quel passato. Si può solo andare avanti.
Anche quando andare avanti significa perdere qualcosa. Perdere perfino se stessi. Tyrell è da tempo perso. Smarrito tra quelle persone che ha voluto compiacere a tutti i costi. Il suo unico scopo per anni è stato quello di affermarsi, di avere successo. Come Ethan nell’Inverno del nostro scontento, Tyrell ha avuto “bisogno della loro approvazione, di essere accettato“. Il giudizio degli altri per lui come per Ethan era tutto. Lo deve aver pensato Wellick che “per la maggior parte degli uomini il successo non è mai un male“. Per lui, arrivato a uccidere, non doveva esserlo davvero.
E allora la sua luce ha iniziato a spegnersi. Ha fallito.
Ethan pensava al suicidio. Guardava il compromesso morale che l’aveva sopraffatto e dubitava ci fosse altra via. Eppure, “non è vero che esista una comunità di luci, un falò del mondo. Ognuno porta la sua, la sua luce solitaria“. E allora per una luce che si spegne può sempre essercene una che viene alimentata.
La speranza. La speranza che sopravvive, lotta, si divincola dal male del mondo, dal dubbio, dall’incertezza, dalla mancanza di controllo. E si fa largo. Inizia a spingerti in avanti. Lungo un percorso. Ma quella luce non è la tua e allora da te pretende una cosa soltanto. Il sacrificio.
Tyrell sacrifica se stesso. “Vado solo a fare una passeggiata“. C’era da fare l’ultimo passo. Quello decisivo. Quello della realizzazione. Del riscatto. Rinuncia alla propria vita e al successo. Lo fa per la luce di Elliot. La luce della speranza combattiva che tutto andrà bene. Che alla fine l’armata oscura di una vita fuori controllo si diradi in un’alba serena e governabile.
È ancora una volta un messaggio di speranza a concludere questa puntata di Mr Robot.
È giusto credere che gli affetti si ricomporranno. Che Elliot riuscirà a comunicare l’amore che lo lega a Darlene. Come Tyrell ha fatto con lui, immolandosi e ottenendo in cambio quell’interesse e compassione che da tanto tempo bramava. È giusto credere che la faccia oscura della luna di Elliot trovi nuova luce nella consapevolezza che il cambiamento è possibile.
Si può solo andare avanti. Compiere il percorso in un viaggio che a volte sembra portarci fuori strada, altre volte ricondurci al punto di partenza. Ma che alla fine, se sapremo tenere la rotta, saprà, forse, mostrarci la luce commovente della comprensione e dell’amore. La luce di uno scopo. Quella luce che Tyrell ha già, catarticamente, scoperto nel sacrificio.