La prima stagione di Mr. Robot ha portato alla ribalta fin da subito una Serie Tv che ha molto da raccontare e molto da dire riguardo i nostri tempi.
Da inserire in un genere molto in voga nell’ultimo decennio, quello del cyber-drama, ossia serie televisive ambientate nel mondo dell’informatica (come Scorpion e Halt and Catch Fire), Mr. Robot si inserisce, contemporaneamente, anche in un altro genere, quello del thriller psicologico.
Ma partiamo dall’inizio: di cosa parla Mr. Robot?
La serie racconta la storia di Elliot Alderson, giovane programmatore che lavora presso la Allsafe, una ditta specializzata nella sicurezza informatica. Elliot soffre di diversi disturbi di ordine psicologico, tra cui manie paranoiche, disturbi riguardanti la percezione della realtà e un’accentuata sociofobia. Quando non lavora, passa il tempo ad hackerare contatti di persone per saperne di più sul loro conto o per smascherare le loro malefatte.
Un giorno, mentre torna dal lavoro, fa la conoscenza di uno strano tizio sulla cinquantina, al quale darà il nome di “Mr. Robot” (per il logo che ha sulla giacca), il quale lo introduce in una società segreta di hacker dal nome fsociety (crasi delle due parole fuck e society).
Il gruppo, composto oltre che dallo strano Mr. Robot da Darlene, Romero, Trenton e Mobley, propone al ragazzo un piano per eliminare il debito che il mondo ha con tutte le banche, colpendo soprattutto la lobby più potente di tutte: la ECorp, a causa della quale il padre di Elliot (e la madre della sua migliore amica Angela Moss) morì per un cancro dovuto all’inquinamento provocato da una delle loro ditte.
Il primo passo che Elliot dovrà fare è quello di hackerare i server della Allsafe in modo che venga incastrato il direttore tecnico della ECorp, Terry Colby.
Quello che rende Mr. Robot una serie di successo
è il mix di ottimi ingredienti con i quali questa serie è stata fatta:
– un produttore giovane e con idee fresche come Sam Esmail;
– un giovane attore che entra meravigliosamente nella parte ed ha i connotati fisici perfetti per renderla al meglio, come Rami Malek;
– un attore co-protagonista esperto che interagisce alla grande con Malek e fa perfettamente da spalla, come Christian Slater;
– una regia che riesce a rendere l’idea di un personaggio nevrotico, affidata, tra gli altri, anche a Niels Arden Oplev, regista di Uomini che odiano le donne (quello originale, non il remake di qualche anno dopo di David Fincher);
– continui omaggi e citazioni al cinema d’autore, in particolare ad autori come Stanley Kubrick e David Fincher;
– una serie di personaggi che fanno da cornice al mondo del protagonista, primo tra tutti – senza dubbio – Tyrel Wellick, yuppie di successo che cerca in tutti i modi di scalare i piani alti della ECorp.
Oltre tutto questo, la serie di Sam Esmail si denota non solo per la storia in sé, ma anche per come questa storia viene raccontata. Vi sono infatti continui flashback, salti di spazio e tempo, racconti dettagliati di allucinazioni da droghe, trame che possono poi rivelarsi totalmente l’opposto di quelle narrate fino a quel momento.
In particolar modo i continui problemi psichiatrici del protagonista sono raccontati così bene che il telespettatore possa immedesimarsi completamente con il personaggio (non dimentichiamo che Elliot parla di continuo con lo spettatore, convinto parlare da solo).
Addirittura viene ingannato da quello che il protagonista vuole o può raccontare con quello che ricorda: tecnica narrativa che deve molto ad un certo tipo di letteratura postmoderna, con a capo lo scrittore David Forster Wallace (soprattutto del suo primo romanzo, il bellissimo La scopa del sistema).
Il tutto viene sublimato ulteriormente dalla meravigliosa colonna sonora, fatta per l’occasione dal compositore MacQuayle, nel quale sono fortissimi i richiami alle musiche dei film di Stanley Kubrick e alla pellicola che forse prima di tutte ha aperto la strada al genere cyber-drama: Matrix, dei fratelli (ora sorelle) Wachowski.