… «Muoviti, idiota e inizia a raccontarmi tutto, sempre che io voglia crederti» dice lapidaria Cece mentre tutti quanti escono dal loft alla ricerca di quella fantastica, e decisamente singolare, signora d’altri tempi.
Jess e gli altri se ne stanno in mezzo alla strada, confusi, mentre cercano di capire in che direzione possa essere andata Mrs. Maisel. Cece, dal canto suo, non sa se essere più arrabbiata o sollevata: Schmidt non aveva mai fatto una cosa così irresponsabile come sparire. Durante la sua assenza lei aveva immaginato ogni possibile scenario e il più probabile implicava una lite finita male con qualche personaggio losco, magari causata dalla linguaccia inarrestabile del suo ragazzo scemo. Forse lo avevano preso in ostaggio o lo avevano investito. Scoprire che mentre lei si tormentava per la sua scomparsa Schmidt era in un reparto psichiatrico di Princeton a rilassarsi, è stata una scoperta inaspettata, un’ipotesi che non l’aveva mai nemmeno lontanamente sfiorata.
«Cece, ti giuro che non ho avuto occasione per avvisarti. Non avevo il mio telefono! Non avevo nemmeno i vostri numeri. Un finto dottore-veterinario per scoiattoli mi aveva rubato tutto. E comunque non avevo i gettoni per il telefono pubblico, un alter ego di Tara me li nascondeva sempre. Sai, mi tenevano in questa stanza con un letto comodissimo e delle lenzuola bianche, pulite e setose come la tua pelle. Ogni giorno parlavamo in cerchio, tanto e di tutto. C’era questo dottore così affabile che mi chiedeva con voce soave come mi sentivo, e io mi sentivo così bene. E poi, dolce Cece, ora sono pronto per essere di nuovo il tuo Sexy Santa, se capisci cosa intendo» racconta Schmidt alla sua ragazza con aria beata mentre lei lo fissa in silenzio, con un’espressione di disgusto velata di ira e intrisa di fastidio.
«Ora, per favore, possiamo concentrarci su ciò che conta davvero e celebrare il mio ritorno?» dice Schmidt con determinazione.
«No, non possiamo. Midge se n’è andata per colpa tua» esclama Jess agitata, la quale aggiunge con voce nasale, un po’ sommessa: «chissà come si sentirà persa tutta sola lì fuori!?»
«Ci tenevamo a lei. Ci piaceva» sussurra Nick malinconico.
«Ragazzi, non è un barboncino toy: è una donna adulta e voi la conoscete appena» dice Schmidt invidioso.
«E allora? Conoscevate appena anche me, ma siete diventati subito miei amici. Schmidt, metti da parte la tua stupida gelosia. Ti assicuro che quando la conoscerai, te ne innamorerai come abbiamo fatto noi» dice Jess risoluta.
Così, senza badare troppo all’amico ritrovato, il gruppo decide di dividersi per ottimizzare le ricerche. Nick e Winston si dirigono al Clyde’s Bar mentre Jess e Cece prendono un taxi verso il centro città per cercarla al suo cafè preferito. Schmidt resta tutto solo, ancora, davanti al portone del palazzo. È deluso dai suoi amici i quali preferiscono rincorrere una sconosciuta incontrata poche settimane prima su una panchina di un parco pubblico piuttosto che ascoltare la sua avventura mentre si lascia coccolare da una cioccolata calda al pistacchio. Perso in un sentimento di misera autocommiserazione, a un certo punto si rende conto che loro potrebbero voler bene a Mrs. Maisel proprio perché lei ha colmato la sua assenza mentre lui era via. Forse con la sua allegria ha reso la sua scomparsa meno insopportabile. Perché deve sentirsi in competizione con questa donna che nemmeno conosce e che non gli ha fatto nulla di male, se non invadere la sua stanza con le sue cianfrusaglie? Incerto e ancora stordito dal lungo viaggio di ritorno dall’ospedale, senza capire bene il perché, decide di unirsi alle ricerche e inizia a controllare prima i parchi pubblici e poi le stazioni degli autobus e dei treni di tutta L.A. Non la conosce bene quanto loro ma, pensa, dove potrà mai andare qualcuno che non sa dove andare? Inoltre se riuscirà a ritrovarla i suoi amici lo perdoneranno per essere scomparso.
Intanto Mrs. Maisel se ne sta seduta con aria pensosa sulle poltroncine di legno e pelle della Los Angeles Union Station, in compagnia delle decine di buste della spesa ricolme di tutti i suoi vestiti.
Quella stazione la fa sentire a casa. Il grande orologio della stazione segna le dieci e mezza di sera e quel luogo dal fascino retrò e dall’illuminazione calda e naturale la avvolge in un silenzio rasserenante; finalmente è distante dal continuo cinguettio dei telefoni portatili e dalle fredde luci led. In quei mesi si era scontrata con un mondo nuovo, complesso e per lei spesso indecifrabile. Della sua epoca erano rimaste solo delle eco, come i vestitini di Jess che ora tutti chiamano vintage mentre ai suoi tempi erano moderni e spudorati. Non sa bene dove andare. Non sa nemmeno perché ha chiesto al tassista di portarla alla stazione dei treni. In questi mesi ha provato di tutto per tornare nella sua epoca. È tornata spesso al parco dove è apparsa. Ha provato a riaddormentarsi per due sere di fila sulla stessa panchina dove si era risvegliata, mentre Jess e Miller le facevano compagnia su quella accanto. Era rimasta subito affascinata dal loro modo di volerle bene. È consapevole che i suoi nuovi amici non credono che venga dagli anni ’50 eppure hanno assecondato una stramba richiesta dopo l’altra, se queste la facevano sentire bene.
Per una mente curiosa come quella di Midge, quel continuo confronto con gli usi e i costumi del futuro era rigenerante come un tonico alle rose. Le ipocrisie della sua epoca erano pressoché svanite. Donne e uomini potevano essere amici e non le sembrava più di avvertire quelle stesse tensioni sociali che sentiva nell’Upper West Side. Los Angeles l’aveva conquistata con i suoi spettacoli di standup, era stata a tutte le serate di Amy Schumer, Sarah Silverman e Ali Wong. Non se ne perdeva mai una. Ma il suo stand-up comedian preferito resta un inglese, Ricky Gervais, che il suo amico Lenny avrebbe adorato. Scoprire da questa cosa che chiamano Wikipedia che Lenny Bruce era morto nel 1966 l’aveva devastata. Per questo non ha ancora trovato il coraggio di recarsi a New York per ritrovare quel che resta dei suoi cari, seppur invecchiati o peggio, morti. Non vuole sapere cosa ne è stato di tutti i suoi amici e parenti: vuole rincontrarli, certo, ma “quando” li ha lasciati, cioè sani e giovani nell’ormai lontano 1958. Oltre a voler tornare indietro con tutta se stessa, uno sfizio che vorrebbe togliersi è quello di esibirsi su un palco, adesso che le donne possono dominarlo senza timori. E questo è dovuto, forse, anche al suo coraggio. Quanti piedi deve aver visto il pavimento di legno di quel comedy club dove si era esibita in sottoveste, ubriaca e sconvolta, quella sera della lite con Joel? Ma certo. Forse è proprio al Gaslight Cafe che deve andare per ritornare nella sua New York!
Mentre Midge insegue i suoi pensieri, un ragazzo alto e dall’aria seriosa arriva a sedersi proprio davanti a lei.
La sala d’attesa della stazione era stata piacevolmente deserta fino a quel momento e ora questo spilungone aveva deciso di sedersi proprio davanti a lei per disturbare i suoi pensieri. E perché mai non l’ha ancora saluta, pensa Midge. È buona norma salutare qualcuno quando ci si siede vicino o almeno fare un cenno con il capo. Questo è di certo l’aspetto che meno le piace del futuro: tutti sono sempre di fretta e concentrati su loro stessi. Così decide di farsi avanti:
«Salve!» rompe il silenzio Mrs. Maisel.
«Ci conosciamo?» risponde secco il ragazzo mentre la squadra dall’alto in basso con sguardo laser.
«Non ancora, ma visto che lei si è seduto davanti a me, ho ritenuto necessario presentarmi. Mi chiamo Miriam Maisel, ma può chiamarmi Midge» ribatte lei sorridente e compiaciuta.
«Mi sono seduto qui perché la stazione è deserta e le probabilità di venire derubati quando si è vicino a qualcuno diminuiscono. Lei sembra una persona affidabile, sebbene tutte quelle buste piene di vestiti non piegati mi infastidiscono. Inoltre in questo angolo c’è una buona illuminazione e non arrivano gli spifferi dall’ingresso principale» spiega il ragazzo, poi finalmente si presenta: «sono il dottor Sheldon Cooper, se sapere il mio nome la rassicura.»
«Un dottore? E in che cosa, se posso chiedere?» domanda curiosa Mrs. Maisel.
«Beh, ormai me lo ha chiesto: sono un fisico teorico del Caltech California Institute of Technology» risponde il dottor Cooper.
«Wow, un bel fisico con un bel lavoro: un ottimo partito direi» ribatte ammiccando Miriam.
«Un ottimo partito per cosa?» chiede confuso e infastidito Sheldon.
«Ah, lasci perdere. Le mie battute in questa epoca non hanno molto senso» chiude evasiva Miriam.
«Come sarebbe a dire “in questa epoca?”» chiede Sheldon incuriosito da un’espressione che non aveva mai sentito prima, forse sarcastica, forse no.
«Beh vede, io non sono proprio di qui. Ma lasciamo perdere, lei non può capire e anche se potesse non mi crederebbe» confessa Miriam arrossendo.
«Io non posso capire!? Ma che sciocchezza. Ho un dottorato in fisica e un QI di 191. Che cosa non potrei capire!?» chiede sogghignando Sheldon, quasi offeso da quella illazione.
«Bene, considerando che lei si occupa di scienza glielo dirò, ma sono sicura che mi prenderà per pazza: io vengo dal passato, dal 1958 per la precisione; mi sono risvegliata nell’anno 2014 su una panchina di un parco circa due mesi fa e da allora non sono più riuscita a tornare indietro. Nella mia epoca, dico» confessa Mrs. Maisel temendo la reazione del suo interlocutore.
Sheldon resta muto per un istante. Poi scoppia in una risata fragorosa e sincopata.
«Oh, ma che signora simpatica. Deve aver raggiunto il suo punto di rottura come è successo a me. Una viaggiatrice del tempo: che eccentrica soluzione per fuggire dalla realtà» sghignazza Sheldon.
«Non sono pazza, ma capisco che è impossibile credere ai viaggi nel tempo» aggiunge sconsolata Miriam.
«Io non ho detto che è impossibile viaggiare nel tempo. Ho solo detto che è alquanto improbabile che lei lo abbia fatto davvero, a meno che non riesca a dimostrarlo con delle prove inconfutabili» ribatte serio Sheldon.
«Quindi se le porto delle prove lei sarebbe disposto a credermi?» chiede Midge desiderosa di essere creduta da qualcuno.
«Ovviamente. Purtroppo non credo che lei possa provarlo in alcun modo, a meno che non sia in possesso di un TARDIS funzionante che nasconde in quelle buste piene di abiti accartocciati» aggiunge quasi deluso il dottor Cooper. Poi prosegue con tono accademico:
«Vede, l’attuale comprensione del tempo esclude la possibilità di fare dei viaggi; è improbabile che un oggetto di grandi dimensioni, come lei, possa saltare casualmente avanti o indietro lungo la linea temporale. Potrebbe averlo fatto attraverso un buco nero attraversabile, ma non è il suo caso. La relatività ristretta, ad esempio, non indica un modo per tornare indietro nel tempo, ma ne indica uno per andare avanti, come è successo appunto a lei. Quindi sì, potrei prendere in considerazione la sua affermazione se mi conferma di aver lasciato il nostro pianeta nel 1958 verso, diciamo, un altro sistema stellare alla velocità della luce – premesso che abbia trovato un modo per attuarlo – e fosse ritornata indietro sulla Terra nel 2014. Uhm… dovrei fare qualche calcolo, ma in linea teorica se per lei fosse trascorsa solo una notte, come dichiara, al suo ritorno sulla Terra potrebbero essere trascorsi 56 anni» prosegue concentrato Sheldon.
«L’unico buco nero che conosco è quello nel conto in banca del mio ex marito. Io non riesco proprio a seguirla dottor Cooper!» esclama stordita Mrs. Maisel.
«Come le ho detto, dovrei fare qualche calcolo, ma non sono dell’umore giusto. Sto fuggendo da me stesso. L’unica spiegazione plausibile che posso darle nell’immediato è che siamo tutti dei personaggi della fantasia di qualche bizzarro scribacchino che coesistono in un multi-universo non regolato dalle leggi fisiche a noi note. Sarebbe grandioso, non trova? Potremmo essere qualunque cosa, io potrei anche diventare un cavaliere Jedi oppure vincere un Nobel e lei potrebbe tornare nel “suo tempo”» dichiara divertito Sheldon con aria da monello.
«Quindi mi sta dicendo che non posso tornare nella mia epoca a meno che io non sia un personaggio di fantasia? Oppure che sono diventata veramente pazza?» lo interrompe disperata Midge.
Sheldon fa una lunga pausa mentre fissa un punto sulle piastrelle del pavimento dal gusto coloniale, con sguardo profondo. Poi prosegue pensieroso: «che strano che io l’abbia incontrata proprio ora. Un’altra ipotesi, a cui sto dedicando tutta la mia vita, è quella dei wormhole che, se dimostrati, potrebbero collegare un luogo nello spaziotempo con un altro attraverso un cunicolo spazio-temporale. Ma dubito che da una panchina in un parco, il wormhole possa averla portata alla medesima panchina del medesimo parco 56 anni avanti nel tempo. A meno che, una connessione tra due D-brane connesse tramite un tubo di flusso…» prosegue Sheldon rapito dalle sue elucubrazioni. Finché fa un balzo felino in piedi, colto da un’illuminazione.
«Devo tornare subito a casa mia. Signora, mi è stata insospettabilmente utile!» esclama Sheldon mentre corre via eccitato.
«E poi dicono che sono io la pazza» esclama Mrs. Maisel perplessa, ma ormai non c’è più nulla che possa sorprenderla.
Rimasta di nuovo sola, Midge raccoglie tutte le sue buste e avanza decisa verso il tabellone delle partenze alla ricerca del primo treno per New York. Neanche il fisico teorico dal bel fisico appena incontrato è riuscito ad aiutarla. Non le resta quindi che provare quella sua teoria strampalata dell’esibizione al suo primo comedy club nella speranza di essere catapultata magicamente nella sua epoca.
Mentre il suo piede poggia l’ultimo gradino dell’entrata al vagone, una voce maschile la blocca:
«Mrs. Maisel, aspetta» urla Schmidt trafelato.
Miriam si gira di scatto, contenta di sentire qualcuno gridare il suo nome.
«Non andare via, almeno non prima di aver salutato i miei amici o mi uccideranno» confessa Schmidt senza fiato.
«Tranquillo Schmidty, non è colpa tua, è arrivata l’ora di andarmene. Ho arrecato fin troppo disturbo e credo di aver trovato un modo per tornare a casa mia» dichiara risoluta Miriam con voce piena di speranza.
«Sono d’accordo. Prima però non credi che dopo tutto quello che hanno fatto per te, i miei amici meritino di essere salutati? In questo momento ti stanno cercando in tutta L.A» dice imbronciato lui.
«Hai ragione. Hai uno di quei mini telefoni curiosi che vi portate anche in bagno?» afferma Miriam.
«No, maledetto telefono. Non mi sono mai accorto di quanto fosse necessario prima d’ora. Torniamo al loft, ti prego. Ti prometto che domattina ti accompagno ovunque tu voglia andare» promette esausto Schmidt.
Miriam acconsente, in fondo anche lei è sfinita, quella giornata è stata più lunga di una vacanza al lago con la sua famiglia. Così i due si incamminano verso l’uscita della Union Station quando Schmidt si blocca di colpo a guardare un tipo agitato intento a imbrattare di numeri e diagrammi un cartellone pubblicitario con una modella di intimo.
«Ma cosa diamine fa quel tipo là?» indica con tono interrogativo Schmidt.
«L’ho appena conosciuto. Si chiama Sheldon Cooper e sta cercando un tubo di flusso o un buco nero da riempire, ma non immaginavo che questo significasse scrivere sul sedere di quella modella svestita» dichiara divertita lei, la quale aggiunge malinconica:
«Ah, quanto mi mancherà questo tempo oltraggioso!»
E così Schmidt e Mrs. Maisel escono dalla Union Station di Los Angeles per tornare al loft dove i loro amici li aspettano preoccupati.