Sono le tre del pomeriggio quando al Princeton-Plainsboro Teaching Hospital di Princeton, New Jersey, arriva una donna in condizioni estremamente critiche (leggi l’episodio precedente).
Il dottor House, come al solito, si nascondeva da Lisa Cuddy. Purtroppo non era riuscito a entrare nell’obitorio come voleva: dopo uno spiacevole incidente con un cadavere, una mela e un estintore hanno installato un sistema di riconoscimento biometrico che permette l’ingresso solo agli autorizzati. E House non lo è più, almeno non da solo. Era molto infastidito, ma ci sono tanti altri posti dove mangiare schifezze e guardare soap opera. Sono giorni che non prende un caso. Si finge malato oppure si nasconde nei posti più impensabili. Nessuno sapeva perché era più schivo del solito, ma in fondo hanno smesso di chiederselo da tempo.
Cuddy era furiosa e faceva avanti e indietro nei corridoi alla ricerca di House.
Prima di pranzo aveva ricevuto una curiosa telefonata da un certo Ted Buckland del Sacro Cuore che la avvertiva che al Princeton-Plainsboro tra qualche ora sarebbe arrivata una loro paziente in condizioni critiche. Cuddy non era riuscita a capire tutto perché l’uomo balbettava e non faceva altro che ripetere fastidiosamente:
«Non potete farci causa. Non potete farci causa: qualunque cosa succeda, la colpa sarà vostra».
A quanto pare, una donna sconosciuta era arrivata una sei giorni prima al Sacro Cuore, in macchina. Era in uno stato confusionale, non riusciva nemmeno a esprimere un pensiero di senso compiuto; sudava, tremava ed era in stato di shock. Dopo essere diventata fucsia in volto, si era accasciata al suolo e aveva smesso di respirare. L’hanno tenuta intubata per giorni, le hanno fatto tutti gli accertamenti che potevano, ma non conoscendo la sua storia clinica non riuscivano a venirne a capo. Finché, non conoscendo neppure la sua identità, il primario Kelso si era rifiutato di continuare a curarla gratis. Uno dei medici più brillanti dell’ospedale, Perry Cox, che aveva fatto davvero del suo meglio, stava impazzendo. Poi ha ingoiato il rospo, stanco di vedere le persone morire sotto ai suoi occhi, e ha organizzato il trasferimento in elicottero per portare la sconosciuta in una delle strutture con il miglior reparto di diagnostica del Paese. L’idea di rivolgersi ad altri medici lo irritava, ma la soddisfazione di disobbedire a un ordine di Kelso, di fuggire in elicottero con una paziente giovane, che finalmente non stava morendo di vecchiaia, lo faceva sentire vivo come non si sentiva da tempo.
Ted ha fatto il nome del dottor House: vogliono lui al caso, ma come al solito nessuno riesce a trovarlo. Pare che non sia neppure più in ospedale. Qualcuno lo ha visto uscire dalla porta della mensa. Lisa Cuddy l’ha chiamato al cellulare, ma l’unica risposta è stata MMMBop degli Handsome che squillava fastidiosamente nel cassetto della sua stessa scrivania. Già, House ha volutamente lasciato il suo telefono nell’ufficio di Cuddy! Lei non è furiosa solo perché c’è un caso in arrivo, ci sono continuamente casi in arrivo e la gente muore ogni giorno. É furiosa perché House la sta evitando ed è sicura che la motivazione risieda in qualcosa che lei ha detto o fatto, ma non sa cosa.
Chase, Cameron e Foreman, non avendo nessun caso, erano di turno al pronto soccorso.
Non hanno più voglia né tempo di giocare ai giochini di House. Al pronto soccorso era arrivata un’intera festa di addio al celibato con una pesante intossicazione alimentare. C’era gente che vomita daiquiri in ogni angolo e loro, anche questa volta, avevano saltato il pranzo. Il dottor Wilson, che nel frattempo era stato incaricato da Cuddy di risolvere i casini di House, era subito corso ad avvertire i ragazzi dell’arrivo della sconosciuta del Sacro Cuore. L’idea che un nuovo caso potesse portarli via da quel festino finito male di ubriachi intossicati, per un istante, ha rallegrato il team.
Sono quasi le tre del pomeriggio e Cameron decide di andare incontro all’eliambulanza per assicurarsi che tutto inizi con il piede giusto, soprattutto ora che House è sparito. Ha una strana sensazione, è nervosa, affamata ed è stanca di avere a che fare con uomini adulti che si comportano come dei ragazzini. Poi, un fischio:
E Perry Cox è arrivato!
«Ehy, Audrey, veloce con quei tacchetti. Se avessi voluto vedere Audrey Hepburn sciabattare qua e là sarei rimasto a casa a guardare Colazione da Tiffany e a farmi le treccine insieme a J.D.» urla il dottor Cox a Cameron mentre si sistema i ricci scompigliati dal vento dell’elicottero.
Cameron sente che dal profondo le sta per salire un attacco di risata isterica compulsiva: c’era proprio bisogno di un altro medico burbero in vena di fare il simpatico che la riempisse di sarcasmo e maschilismo da manuale trattandola come una liceale sprovveduta, pensò. Avrebbe voluto rispondergli per le rime, avrebbe desiderato tanto urlare che il suo nome non è e non sarà mai Audrey e che in futuro mai e poi mai potrà rivolgersi a lei in quel modo. Ma l’unica cosa che riesce a dire, con una vocina strozzata, a quel faccione pieno di smorfie è:
«Sono la dottoressa Cameron del team del dottor House. La prego, mi segua.»
La donna sconosciuta viene subito portata in terapia intensiva, mentre Cameron accompagna il nuovo e “simpaticissimo” dottore al reparto di diagnostica. Chase e Foreman li stanno aspettando, ognuno seduto nei rispettivi posti, annoiati e visibilmente provati da ore di lavande gastriche e clisteri. Cameron, con un’espressione che lascia trasparire tutta la sua frustrazione, presenta il dottor Cox al resto del team e chiede scontrosa di poter visionare la cartella clinica della signora. Cox gli passa distrattamente una cartella con una lunga lista di analisi, ma priva di informazioni importanti. Il team di House, basito, chiede dove sia tutto il resto, ma Cox risponde che non c’è altro. Non sanno chi sia, cosa abbia e non hanno idea del perché quella donna si sia recata al Sacro Cuore. Foreman accenna un sorrisetto sardonico che fa andare Cox su tutte le furie:
«Ascolta, tu, versione seria di Turk. Io ho appena fatto qualcosa che in vita mia non ho mai detto, fatto o pensato di fare: sono salito su un elicottero e mi sono rivolto ad altri medici. Capito: altri “medici” che non sono né più bravi di me né più intelligenti di me. Lo so che voi quassù amate fare le cose in grande stile. Andate pazzi per le sale conferenze, i tavoli di design e le sedie sofisticate. Io combatto ogni giorno con Satana che sì, esiste e si è reincarnato nel corpo flaccido di un primario di medicina per tormentarmi e rendere il mio lavoro impossibile. Quindi, P E R F A V O R E, potete alzare il sederino dalle vostre sedie sciccose e fare il lavoro per cui siete pagati? E dov’è diamine è questo genio del dottor House di cui tutti parlano!?» sillaba Cox mentre sputa fuori tutto il suo veleno.
Vista l’assenza di House, Cameron prende iniziativa e propone di andare a controllare la paziente alla ricerca di qualunque cosa possa essere sfuggito al Sacro Cuore.
«Scusami cara Audrey, stai forse insinuando che mi sia “sfuggito” qualcosa?» biascica Cox innervosito.
«Beh, se sei arrivato fin qui, immagino proprio di sì» afferma risentita Cameron.
«No, tesoro! Sono qui perché il Sacro Cuore non ha né le risorse né un reparto diagnostico che ha tempo da dedicare a un solo paziente senza assicurazione: noi NON ce l’abbiamo il T E M P O! A me servono le vostre risorse, non le vostre abilità» gesticola Cox in procinto di avere un embolo.
Chase interviene cercando di placare gli animi, ma Perry gli domanda con tono sarcastico il segreto per avere i capelli così morbidi e setosi. A quel punto, con grande fatica, Cox si rende conto che andando avanti così non risolveranno nulla e che non c’è più tempo da sprecare. Si passa una mano tra i capelli, fa un respiro profondissimo e si dirige verso il tavolo di vetro, al posto che spetta a House.
Trascina la sedia, si siede lentamente, china la testa sul tavolo reggendola come fosse un pallone da cento chili. É esausto. Cox è stanco di sentirsi impotente, di non riuscire a fare il suo lavoro come vorrebbe, come ha sempre desiderato. È stanco di tiare a indovinare, di giocare a dadi e di dover essere infallibile, sempre e comunque. Scappare via con un paziente non è cosa da lui, e questo J.D. lo sa bene. Mentre Cox andava via spingendo il letto della paziente tra i corridoi del Sacro Cuore, il suo pupillo continuava a guardarlo impietrito e attonito. Quanto pesava quello sguardo interrogativo, quell’espressione sorpresa ma forse profondamente delusa di colui che lo ha sempre visto come un eroe? Agire è sempre stato il suo credo, eppure quella reazione così impulsiva, e per certi aspetti codarda, non era proprio da lui, ma il camice che indossa diventava pensante ogni giorno di più. I pensieri del dottore continuavano a scorrere in un flusso di coscienza amaro che stava riportando a galla la frustrazione accumulata in anni di sconfitte e che faceva intendere che un nuovo crollo emotivo stava per arrivare.
Nessuno parla. I ragazzi attendono pazientemente che qualcosa succeda spontaneamente, del resto sono abituati alle stranezze e quella situazione non era più strana del solito. Chase continuava a compilare le cartelle del pronto soccorso, come se nulla fosse, mentre Foreman, in assenza di House, aveva già preso posizione alla lavagna e stringeva il pennarello con somma soddisfazione. Cameron, che fino a quel momento aveva avvertito solo fastidio in presenza di Cox, inizia a vedere quello strano dottore riccioluto per quello che è realmente: un uomo burbero, certo, ma sensibile. Lo vede spezzato, solo, ma soprattutto vede un uomo bisognoso di proteggere a tutti costi la sua vulnerabilità. In lui rivede House e decide che può dargli una seconda occasione per ripartire da capo, questa volta con il vero piede giusto.
«Ricominciamo da capo?» domanda Cameron con tono deciso, rompendo il silenzio.
Cox annuisce con la testa che riemerge faticosamente dalle sue mani. Foreman stappa il pennarello, ma non fa in tempo a scrivere sulla lavagna i primi sintomi della sconosciuta che un rumore metallico interrompe il team. House, zaino penzolante dalla spalla sinistra e bastone a mo’ di ariete da sfondamento, dopo interminabili giorni, si è degnato di farsi vivo. Come sempre ha spalancato la porta del suo ufficio con risolutezza, ma non sa né cosa sia successo in sua assenza né cosa lo aspetta: