Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler di My Lady Jane
Non è sempre semplice riconoscere quelli che possono essere dei richiami, tra una serie e l’altra. Nonostante siamo ormai più che abituati a legare un genere, una suggestione, o una citazione, in ogni nuova serie tv che incontriamo lungo il nostro cammino, spesso troviamo diverse difficoltà nel riconoscerne l’origine. Guardando My Lady Jane (qui la nostra recensione), che già da sola si propone come lettura dissacrante di un genere che ha preso ormai piede soprattutto grazie al filone Bridgerton, era chiaro che ci fossero dei rimandi a serie tv che la precedono. Non sono immediati, forse, ma a ben guardare, ci sono eccome. È quella tipica cosa che noti solo dopo che qualcuno te la fa notare.
My Lady Jane, serie tv Amazon Prime Video, parte da un presupposto a noi già noto ma che non tutti riescono ad attuare con maestria: la riscrittura della storia.
La regina Jane Grey è esistita davvero, è stata regina per soli 8 giorni nel 1553 ed è finita decapitata come era usanza all’epoca dei Tudor. My Lady Jane vuole riscrivere la storia per donarle una nuova dignità, a Jane e a tutte le donne che hanno fatto la sua fine. E per farlo, ci catapulta in una esilarante narrazione fatta di rimandi specifici, dettagliati e anche divertenti.
Partiamo dal presupposto principale: My Lady Jane è una serie britannica (se ti va di farti ispirare dalle prime impressioni). E come tale ha un senso dell’ironia particolare e anche molto arguto. Di certo, scorretto. La sfida, quando si tratta di umorismo inglese, solitamente è quella di riuscire a farne tesoro, ad utilizzarlo nel modo corretto. Per far sì che non pesi troppo sulla narrazione ma che, al contrario, si delinei come una delle componenti principali. My Lady Jane, come molti altri suoi predecessori, ce la fa. I predecessori a cui si fa riferimento, in questo caso, sono particolari soprattutto perché, a un primo sguardo, forse non avremmo mai immaginato di poterli accostare a My Lady Jane.
Dopo un’attenta analisi, soprattutto di alcuni dettagli, è stato abbastanza facile intuire quanta influenza abbiano avuto un paio di serie tv su My Lady Jane.
Prima fra tutti, Good Omens. La prima avvisaglia è stata, ovviamente, il voice over. Tratto distintivo di Good Omens, la voce fuori campo che racconta la storia a modo suo è un espediente narrativo non semplice da utilizzare. Più che altro non facile da inserire in una storia che riscrive la storia. Eppure, Good Omens riesce a fare scuola, da questo punto di vista. Con le dovute differenze, chiaramente.
Prima di tutto, in Good Omens il voice over è quello di Dio. È dichiarato fin dal principio e, nonostante si porti dietro una responsabilità enorme, si evolve sempre di più come commento ironico e sferzante alle vicende di un angelo e di un demone leggermente fuori dal comune. Già questo potrebbe essere motivo di innovazione. Ma non contenta, Good Omens sceglie di raccontare un Dio donna, per la prima volta in una serie tv, e che donna! Si tratta della voce di Frances McCormand, che riesce in maniera strabiliante a stupirci anche solo con la sua voce.
L’eredità che My Lady Jane cerca di portare avanti, quindi, è parecchio importante. Ma, nel suo piccolo, riesce a trarne degli spunti interessanti, ispirandosi a questo espediente e rivisitandolo a suo beneficio.
Non viene mai dichiarata l’identità della voice over che ascoltiamo per tutta la durata della serie tv, ma non ci interessa troppo. Mentre per Good Omens era funzionale capire che chi stava raccontando era qualcuno di superiore anche ad un angelo e ad un demone, la voce fuori campo di My Lady Jane è solo un altro personaggio da cui la protagonista si emancipa. È solo un modo di portare avanti, in maniera dissacrante e divertente, la storia di cui si fa portavoce Jane Grey: la sua storia.
Ed è qui che cominciamo a notare un’inflessione a noi familiare: quella dell’emancipazione, dell’indipendenza femminile, dalla caparbietà. Tutto condito da una forte ironia. Siamo sempre in Inghilterra, la protagonista è una donna consapevole di essere diversa dalle altre donne che la circondano, una donna che deve trovare il suo posto ma che fatica per conquistarlo. Potrebbe essere tranquillamente una sceneggiatura scritta da Phoebe Waller-Bridge. E, infatti, la sua Fleabag (che convince per tanti motivi, qui solo alcuni) è senza dubbio uno dei rimandi più nascosti ma altrettanto evidenti in My Lady Jane. È un rimando nascosto perché non ce ne accorgiamo nell’immediato, bisogna guardarla con attenzione e soprattutto con un occhio più critico. Ma una volta percepita quel tipo di influenza, non si può fare a meno di vederla ovunque. Nelle azioni di Jane, nelle scelte che prende, nella voglia che ha di riscatto e di rivalsa.
Se Fleabag non si propone come femminista ma riesce a esserlo in totale semplicità, My Lady Jane segue la stessa strada. Raccontando la storia di una donna che tutto vorrebbe fuorché lottare, che tutto vorrebbe essere fuorché quella che è costretta a essere.
Se Fleabag era una donna in cerca del suo posto nel mondo, Jane Grey è una donna che deve fare i conti col suo posto nel mondo, che deve trovare il modo di cucirselo addosso.
Con le sue pretese e le sue condizioni. Emily Bader, che interpreta in maniera ottima Lady Jane Grey, risulta perfetta in un ruolo non solo impegnato ma anche molto ironico. Jane Grey, infatti, è un personaggio che accoglie varie sfaccettature e, anche per questo, molto interessante. È forte ma molto autoironica, è sagace ma anche piuttosto dolce. E il bello è che sa essere tanto infantile, nei punti giusti. E di nuovo notiamo una certa inflessione verso Fleabag e anche tanto verso Good Omens (qui la recensione dei primi due episodi, per farvi convincere). Entrambe la serie, infatti, hanno una punta di ironia infantile dosata in maniera magistrale che non fa altro che renderle più divertenti e anche più leggere. Sia Fleabag che Good Omens utilizzano una componente satirica e sferzante, che spesso ha inevitabilmente delle connotazioni fanciullesche.
My Lady Jane coglie in pieno questa piccola eredità, andando a raccontare una storia che parte noiosa e la fa diventare interessante e soprattutto divertente e umoristica.
Il personaggio di Jane Grey, che per forza di cose è quello che impariamo a conoscere meglio (anche se questo non vuol dire che non si possa fare un plauso ad alcuni personaggi secondari come Lord Dudley), è una protagonista in tutto e per tutto perché sa incentrare l’attenzione su di sé, senza mai dimenticarsi di ciò che le accade intorno.
Di nuovo, Phoebe Waller-Bridge ha sicuramente influenzato Gemma Burgess, l’ideatrice di My Lady Jane. Non per niente, My Lady Jane nasce prima come romanzo (omonimo) di una scrittrice, Jodi Meadows. La componente femminile, quindi, di My Lady Jane è assolutamente centrale e il rimando ad una serie come Fleabag appare non solo più scontato ma anche necessario e utile ai fini della narrazione.
Il connubio che My Lady Jane riesce a mettere in scena tra una serie come Good Omens e una come Fleabag (molto diverse tra loro) dimostra una grande capacità di adattamento e anche di comprensione del proprio pubblico.
Perché, anche se in prima battuta si propone come alternativa ironica alle storie patinate di Bridgerton, a ben guardare capiamo quanto sia molto di più di questo. Dalla satira, quando viene fatta nel modo corretto, nascono grandi cose di solito e My Lady Jane ne è l’esempio perfetto. Ma è anche un ottimo esempio di come le influenze ed i rimandi ad altre serie, possano essere delle risorse, quando vengono sfruttate nel modo giusto. E la cosa più sorprendente è che My Lady Jane, che tanto deve a serie come Fleabag e Good Omens, è riuscita a crearsi un suo universo, dove non serve paragonarla a nulla (neanche a Bridgerton). Lady Jane è già diventata regina a discapito di tutti. Ha già riscritto la sua storia.