Il 14 gennaio 2013 viene trasmessa sul canale E4 una serie tv britannica chiamata My Mad Fat Diary. È ambientata tra il 1996 e il 1998 a Stamford, Lincolnshire. Tratta delle vicende di Rae Earl, un’adolescente appena uscita da un ospedale psichiatrico in cui è stata ricoverata per 4 mesi dopo che ha tentato di suicidarsi. Ma come fa una serie che parla di ragazzi, a non essere solo sull’adolescenza? Beh, è semplice. Si affrontano problemi che non hanno età, che possono presentarsi in ogni momento della vita e che restano attuali nonostante il passare degli anni. Parla di lotta, dolore, gioia, autostima, amicizia, amore e il tutto è contornato da splendida musica anni 90.
“Is too much out there. I don’t even know how to explain it. It smashes up all of your senses. I’m not strong enough to deal with it all of my own.” A volte il mondo può essere un luogo spaventoso, specialmente se non senti di appartenerci. I media, le istituzioni, i pregiudizi, tendono tutti a darti una visione distorta di come dovresti essere. Creano un modello standard, una globalizzazione nell’aspetto e nei sentimenti, e pretendono che tu li segua, che tu ti uniforma alla loro visione delle cose, che tu indossi una maschera come se il mondo fosse un teatro e noi i meri figuranti.
Ci sentiamo inadeguati, e questo resta un problema sempre attuale che colpisce le persone di qualsiasi età e può far crollare anche le menti più forti. Tentiamo di combattere questa sensazione di disagio e allora ci copriamo, mettiamo su strati e starti di bugie, soffochiamo con le parole che non diciamo, ci nascondiamo dietro un libro, dietro al cibo, dietro l’alcool, dietro ad una facciata pur di non cedere. Che facciamo quindi? Questo è uno dei temi centrale di tutta la serie. Vediamo come i protagonisti si rapportano con il personaggio fittizio che creano per adattarsi, paradossalmente, alla realtà che li circonda.
Rae passa tutta la sua vita alla ricerca dell’approvazione degli altri, cosa che non le sembra possibile. Non è riuscita a mascherarsi adeguatamente, è stata schiacciato dal peso dell’opinione pubblica e ha tentato di fuggire nel modo peggiore possibile. Ha tentato il suicidio ed è stata ricoverata in un ospedale psichiatrico per quattro mesi. Una volta uscita ha dovuto riaffrontare il mondo e tutto ciò da cui era scappata. Ha rimesso la maschera e ha ricominciato a recitare.
A Rae non piace nessun posto perchè è lei a non piacersi.
Ogni volta che viene sopraffatta dagli eventi sente il bisogno di farsi del male, come se fosse il nemico da abbattere, come se dovesse essere punita per essere diversa.
“Sono dismorfofobica senza essere dismorfa. Sono bulimica senza il vomito. Io sono grassa”.
Sulle note di “Fake Plastic Trees” dei Radiohead, Rae immagina di avere una cerniera sulla schiena. La apre e si libera di quella che per lei è una gabbia che la trattiene dall’essere quella che vorrebbe e che impedisce alla gente di vederla veramente. Non può mangiare in pubblico perché è troppo preoccupata del giudizio degli altri. Non può piacere ai ragazzi, a chi piacerebbe una come lei? Ma cosa significa? Non si tratta solo di bassa autostima, ma di concezioni sbagliate che ogni giorno ci vengono inculcate. Rae non crede di meritare l’amore perché non rispetta i canoni di bellezza che le hanno sempre insegnato. Quante volte ci siamo sentiti così anche noi? Personalmente combatto con questo tipo di insicurezze da tutta la vita e proprio come lei non posso fare a meno di pormi certe domande. Quando finalmente viene avvolta dall’amore di Finn non capisce il perché.
“You don’t tell me who I can and can’t fancy, all right! That’s mine. That belongs to me! No one else, no one, not even you!”. Qui troviamo l’esatto opposto di Rae, Finn. A lui non interessa degli standards, non gli interessa se la gente parla di loro, lui la ama. Nessuno può dirgli che è sbagliato, nessuno può mettere bocca su quello che prova e ne tanto meno lo vuole nascondere. È qui che la serie ci dà la più grande lezione. Ciò che proviamo dentro di noi non può essere dettato dal volere di qualcun altro. Ci appartiene. Non è una scelta, non è logica, è semplicemente quello che siamo. Anche se può far male, se può farci rodere il fegato, dobbiamo dichiararlo apertamente, anche se va contro il senso comune, anche se va contro la “normalità”.
Vediamo il processo di evoluzione di Rae durante tutta la serie. Da quando non credeva di meritare l’amore di nessuno a quando ha deciso che l’amore per se stessa era la cosa che contava davvero. Scopre la forza che ha in se e questo anche grazie ad amici e parenti.