In un panorama seriale in cui il ricambio generazionale e il progressivo diffondersi della fruizione in streaming sembrano aver messo in crisi il tradizionale genere delle commedie, risulta complesso individuare i nuovi eredi delle grandi pietre miliari dell’intrattenimento televisivo. In un mondo sempre più fatto di rilasci in un’unica soluzione e di stagioni-pilota inesorabilmente accorciate, le workplace comedy fanno fatica ad affermarsi e a completare il proprio ciclo vitale. Dalla conclusione di Superstore, e col recente fallimento della comedy Netlifx Blockbuster, sono molte le irriverenti sitcom sul posto di lavoro che tentano di imporsi sullo scenario. Tra le varie, Mythic Quest di Apple Tv+, con la sua terza stagione appena conclusasi, sembra determinata a farcela.
E’ grazie all’ibridazione continua e alle prospettive sempre più orientate su più piani che l’era delle workplace comedy non è ancora finita. Apple Tv+ ce lo dimostra sempre di più, non solo con Mythic Quest, ma anche con comedy come Ted Lasso e Acapulco, che collocano il genere in un nuovo formato di sitcom più accessibile e reattivo alle nuove esigenze delle sovraccaricate audience.
Con il rilascio del decimo episodio dal titolo Buffalo Chicken Pizza, Mythic Quest ha concluso il viaggio del suo terzo capitolo. Una stagione dotata di un’aria molto più transitoria delle precedenti due con la quale si è affermata per un umorismo cinico e personaggi esplosivi. In questo caso, gli episodi presentano una situazione inedita rispetto all’ambiente e atmosfera abituali dello studio di videogiochi più inusuale di sempre: partendo dalla morte dello sceneggiatore del fittizio gioco C.W. Longbottom, inattesamente comunicata nella prima puntata, fino alla decisione dei due ingombranti co-protagonisti Ian Grimm (Rob McElhenney) e Poppy Li (Charlotte Nicdao) di lasciare Mythic Quest per tentare un nuovo successo come partner con l’appena fondato studio GrimPop (ironica unione dei loro nomi). Il terzo capitolo della serie tv esplicita sin dall’inizio una fase transitoria necessaria alla storyline per poter progredire e aprirsi alle prossime dinamiche. Forse la costruzione si è dispiegata troppo lentamente, ma non per questo la stagione è stata qualitativamente da meno, anzi.
L’umorismo cinico e grintoso rimane e si districa in situazioni meno statiche. Ciascun personaggio si mette in discussione e non resta immobile nel frenetico calderone dell’ufficio MQ. In particolare, in una stagione ponte in cui ognuno è destinato a ridefinire il proprio ruolo.
Con lo sfondo della realizzazione del film sul videogame multiplayer (con tanto di Nikolaj Coster-Waldau nei panni del Cavaliere Mascherato), la serie tv propone persino uno speciale di natale con cui abbraccia la sua natura più puramente comedy, andando a rilasciare uno degli episodi a tema più tipici di questo universo narrativo. In aggiunta, pur non rinunciando alle dinamiche assurde e grottesche che si prendono gioco intelligentemente del settore di riferimento e dei testardi protagonisti, la terza stagione di Mythic Quest accoglie ancora di più la sua natura ibrida. Grazie agli stand-alone episode, la serie tv ha dimostrato la sua capacità di esser tanto divertente quanto amara. Un’amarezza accolta ancora di più all’interno della sua storia e permeata più affondo, andando oltre i soli episodi di metà stagione. Infatti, la morte di C. W. non è un punto di conclusione, ma l’annuncio di un rinnovato grigiore per la comedy. Pur rimanendo predominante il tono ironico che caratterizza la workplace comedy, Mythic Quest ha inserito al proprio interno nuove scomode tensioni che ben si sono bilanciate: senza stonare, hanno arricchito la natura multistrato dello show. Sono proprio le due grandi personalità di quei megalomani di Ian e Poppy a dare maggiore concretezza esplicita al tumulto di ciascun personaggio.
La rinnovata dolceamara dimensione della terza stagione è evidente proprio a partire dal tema del potere che attraversa ciascun protagonista, con paarticolare riguardo ai due personaggi interpretati da Charlotte Nicdao e Rob McElhenney.
Il tema del potere ha attraversato le trame di Mythic Quest sin dal primo episodio, complice un settore esclusivo in cui c’è spazio per pochi grandi egocentrici. In questo ultimo capitolo, quello del potere diviene elemento permeante che penetra in profondità le azioni di ciascun personaggio. Ogni impiegato dello studio di MQ, e della GrimPop, è mosso perseguendo un obiettivo: l’ambiziosa ricerca di più potere. A nessuno è dato accontentarsi. Gli egoistici protagonisti mirano al riconoscimento (e al denaro) come non mai. Che si tratti della progressiva corruzione di Rachel tentata dal controverso Brad, del determinato desiderio di rivalsa di Dana, della ricerca disperata di controllo e autorità da parte del goffo produttore esecutivo David, i giochi di potere attraversano le dinamiche che intercorrono tra i personaggi di Mythic Quest. Alcuni ne sono in balia, altri come la perfida Jo e l’ancora più spietato Brad ne hanno il controllo, consolidato poi sul finale di stagione. In particolare, è l’interminabile attrito tra Poppy e Ian, legati e allontanati da una nuova partnership apparentemente troppo stretta, a esplicitare la continua ricerca del primato sul resto.
Poppy vuole ciò che Ian ha sempre avuto ed è sempre stato; Ian non sembra troppo disposto a scendere a compromessi. I ruoli fanno fatica ad alternarsi e scambiarsi.
Il rapporto tra Ian e Poppy è complicato sin dalla prima stagione, ma in questo caso le nuove circostanze stringono la presa sulla loro relazione di amicizia platonica. Fino a poco tempo fa, Ian era la grande mente, mentre a Poppy spettava il ruolo di braccio capace di dare forma a ogni sua malsana idea. Un puzzle di elementi egocentrici che combacia perfettamente, fino a quando la personalità ruvida e testarda dei due non arriva a scontrarsi, mettendo in mostra gli spigoli di entrambi i pezzi. Oltre alla costante ricerca di potere e riconoscimento, l’altro grande tema che attraversa la terza stagione di Mythic Quest è un grande focus sul rapporto immutabile tra i due protagonisti. Con lo stand-alone episode di metà stagione, dedicato alle backstories dei due, la loro relazione è attraversata in maniera viscerale, portando a galla i rancori più soppressi da un contatto troppo reiterato.
Ian e Poppy sono tremendamente simili, distinti esclusivamente dalle competenze personali che li hanno condotti sino a Mythic Quest. Ian è sempre stato un egocentrico con un pressante complesso di inferiorità. Poppy ha assorbito quanto più possibile dall’eccessivo contatto con l’uomo, in un contesto tanto esclusivo e ristretto a una nicchia di individui di successo. La complementarietà che li unisce porta a uno degli scontri più duri degli ultimi anni all’interno di una comedy. E’ proprio l’esplosione dell’accumulata tensione, e i successivi dialoghi con David e Dena, a portare alla luce in maniera delineata l’ibridazione della stagione con toni decisamente più seri e drammatici rispetto alle precedenti.
In un capitolo che estremizza i lati più controversi dei suoi protagonisti, la fame insaziabile orienta ogni scelta messa in atto. Se in passato erano Jo e Brad i discussi ed esilaranti antieroi capaci di dichiarare le proprie maligne intenzioni, in questa stagione ognuno si colloca in una zona grigia fatta di imperfezione, ambizione e individualismo.
In un episodio finale che chiude l’apparente fase di transizione con nuovi risvolti, alleanze inedite e vecchi ritorni, Mythic Quest pone con calma le solide basi che permettono di arrivare con una struttura coerente e costruita alla quarta stagione, già confermata al rinnovo della terza. Probabilmente, è proprio la consapevolezza del successivo ritorno che permettere alla serie tv di definirsi nel rispetto di tutte le piccole grandi dinamiche che articolano la storia in un quadro completo, in cui l’introspezione dei personaggi muove gran parte delle circostanze.
E’ l’introspezione dei personaggi a caratterizzare ed elevare la narrativa di Mythic Quest. Anche in una stagione all’apparenza più debole, la comedy non rinuncia alla straniante serietà che ne attraversa il contesto. Ogni protagonista ha il dono della multidimensionalità: pur con le grottesche assurdità del caso, la sitcom non regala solo sorrisi, ma individui imperfetti che sono snodo comico e intimo. In particolare, quel che traghetta i personaggi è proprio l’essenza naturale di ciascuno. Ognuno è quel che è, così come lo sono le relazioni che li attraversano e gli irrisolvibili attriti che li avvicinano e allontanano. Alcune situazioni non hanno soluzione, alle volte il potere non può essere conquistato con una sola mossa chiara. In altri casi è necessario fare un passo indietro per vedere il quadro d’insieme. Ancora di più, fare un passo verso l’altro, incontrarsi a metà strada per mutare lo status quo in modo funzionale, per un rinnovato riconoscimento. Con l’intermediario di una disgustosa pizza al pollo piccante con salsa salsa ranch e blue cheese, Ian e Poppy ammettono i propri errori in una battaglia senza vincitori ne vinti, con l’eccezione del loro povero gioco. Ed è proprio la follia dei rapporti che attraversa Mythic Quest a essere motore scatenante di tutto. Certe situazioni non mutano, ma conducono a nuovi luoghi e incontri inesplorati.