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Il cuore di Mythic Quest: gli stand-alone episode di metà stagione

Mythic Quest
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Attenzione: L’articolo può contenere spoiler su Mythic Quest.

Una tendenza che negli anni più recenti attraversa in maniera sempre più esplicita ciascun genere dell’intrattenimento audiovisivo è proprio quella dell’ibridazione. In particolare, quello delle comedy è l’universo maggiormente tagliato in diagonale da stili narrativi caratteristici delle più variegate tipologie di racconto. Si pensi a dramedy come il trionfo del 2022 The Bear, la più di nicchia Ramy, e a molti altri titoli che hanno dominato piattaforme e palinsesti per diversi mesi. Anche i racconti più puramente dirottati verso un pieno genere comico tendono prima o poi ad abbracciare una drammaticità solitamente tipica di altri prodotti. La commistione di generi è ormai un’arma vincente per conquistare il cuore di spettatori incontentabili che ricercano in ogni narrazione una via di fuga e, al contempo, il riflesso multistrato di una realtà complessa. Sono molte le comedy che non riescono a vincere la sfida della mescolanza coi toni più seri. Ma non è il caso dell’irriverente workplace comedy di Apple TV+, Mythic Quest.

Tra le comedy di punta del servizio streaming di Apple, Mythic Quest si compone attualmente di tre stagioni che propongono una storia comica in tutta la sua più pura essenza.

mythic quest apple tv+
Mythic Quest (640×360)

Con situazioni esagerate e assurde, il variegato calderone dei protagonisti della serie tv di Apple TV+ esplodono di ironia ed eccentrico egoismo che ne determinano dinamiche, azioni e conseguenze. Nel suo essere una commedia in cui il nucleo è il posto di lavoro (un frenetico studio fittizio di videogiochi), Mythic Quest è in grado di elevare il proprio genere di riferimento grazie a quella che svetta tra le sue caratteristiche identitarie irrinunciabili. Contro ogni aspettativa, in ogni stagione lo show è in grado di mettere abilmente in pausa le esplosive ed esilaranti tensioni che dividono i protagonisti per prendere un respiro più profondo.

Gli stand-alone episode sono episodi di prodotti seriali che si caratterizzano per una trama che si dipana e risolve all’interno del segmento episodico stesso. La puntata articola la vicenda dall’inizio alla fine, senza proseguire nei capitoli successivi. Ragione per la quale, gli stand-alone episode possono essere fruiti anche autonomamente e isolatamente dal resto della stagione: sono per la maggiore scollegati dal resto della storia, spesso anche a livello temporale.

E’ propria questa la forza più autentica e disarmante di Mythic Quest: gli insospettabili stand-alone episode collocati a metà di ciascuna stagione. Prima una piacevole sorpresa, ora una attesissima certezza.

La serie tv si caratterizza per un formato di rilascio settimanale sul portale di Apple TV+. Proprio per questo, stagione dopo stagione, l’esperienza fruitiva è tutta da gustare e vivere nella curiosa attesa di scoprire come gli episodi si articoleranno, soprattutto in riferimento al segmento a sé stante ogni volta dedicato a una backstory differente. Riflettendo la lecita e spassosa ossessione dello sceneggiatore del videogioco C.W. Longbottom per le backstories, Mythic Quest rimette in gioco il potenziale sublime della struttura originale degli stand-alone episode. Prendendosi del tempo per arricchire la struttura narrativa della sua storia puramente comedy, la serie tv propone segmenti più pienamente introspettivi e dedicati a scavare più affondo nel passato di ogni personaggio con dei lunghi flashback.

A Dark Quiet Death.

a dark quiet death mythic quest
A Dark Quiet Death, Mythic Quest (640×363)

Con A Dark Quiet Death (01×05), Mythic Quest offre un episodio autoconclusivo dal sapore cinematografico. La storia della nascita, ascesa e morte del fittizio videogioco A Dark Quiet Death fornisce una prospettiva differente rispetto a quella veicolata dalla serie tv sull’industria del gaming. Più amara e dal tono meno parodico, la vicenda dell’amore tra Doc (Jake Johnson) e Bean (Cristin Milioti) e la passione riversata nella realtà virtuale da essi creata, rappresenta una scintilla destinata a bruciare in fretta, lasciando dietro di sè tracce non sempre individuabili. L’impatto culturale di un videogame può essere differente, così come il suo ciclo di vita, eppure A Dark Quiet Death raccoglie al proprio interno tratti comuni, proponendo una storia a sè stante viscerale e coinvolgente. Lo straniamento prodotto dall’inattesa e inedita presenza di un capitolo tanto diverso dalla natura stessa di Mythic Quest è dolce e amaro. Un lungometraggio racchiuso in un episodio dalla durata di meno di un’ora, in cui non compare nessun attore o personaggio del cast originale, se non brevemente nel momento conclusivo col fine di esplicitare l’effettivo collegamento tra i due videogiochi e la storia della serie tv.

Backstory!

mythic quest backstory
Backstory!, Mythic Quest (640×360)

Attraverso Backstory! (02×06), Mythic Quest inizia a sfruttare il ricorrente stand-alone episode per approfondire il passato dei suoi personaggi principali. Nella seconda stagione il tuffo è nel trascorso dell’anziano C.W. Longbottom (F. Murray Abraham), l’arcaico sceneggiatore del fittizio videogioco. Sin dalla prima puntata della serie tv, il ruolo dell’uomo tanto arretrato (creativamente e strutturalmente) in un ambiente così progredito è straniante e comico. Con Backstory! si apre una finestra sulla ascesa dello scrittore: gli intrighi e i tradimenti che hanno condotto Carl sino al suo unico vero successo e o all’apice della narrativa sci-fi. Non particolarmente talentuoso o affine al mondo che ambisce raggiungere, l’aspirante sceneggiatore è disposto a tutto, in un episodio acido che si colloca in un epoca differente rispetto a quella narrata in A Dark Quiet Death. Il flashback autoconclusivo ha però una risonanza maggiore nella storia di Mythic Quest, fungendo da collante con il periodo corrente della serie tv e animando il successivo tentativo di redenzione del vecchio C.W..

Sarian.

Mythic Quest (640×357)

Con il più recente stand-alone episode, Sarian (03×07), lo show di Apple TV+ abbraccia la sua natura più delicata e profonda. Anche attraverso le puntate più convenzionali, Mythic Quest ha già fluttuato attorno a dinamiche più fragili, capaci di andare oltre la sola natura comica della sua storia. Ma, con l’episodio dedicato all’infanzia dei due protagonisti Ian Grimm (Rob McElhenney) e Poppy Li (Charlotte Nicdao), propone una sfaccettatura ulteriore, soprattutto attraverso il toccante rapporto tra il futuro direttore creativo e sua madre Sarah. Ian e Poppy hanno vissuto la prima età in epoche e contesti differenti. Alla fine degli anni Ottanta uno, all’inizio degli anni Duemila l’altra, almeno per quello che è mostrato in Sarian che presenta il passato familiare dei due testardi adulti di Mythic Quest. Più volte nella serie tv è stato anticipato il complesso rapporto familiare di entrambi, e lo stand-alone episode è un primo importante flashback con la quale ricostruire parte della scalata lavorativa e personale dei due. Poppy è una ragazzina intelligente e appassionata di videogiochi, molto legata al padre, e che soffre le ferree aspettative materne. Ian è un bambino con un’innata creatività e una tenerissima mamma supportiva, affetta purtroppo da disturbo bipolare. Un tono amaro intriso accompagna tutto il progredire della storia, permettendo di conoscere quanto i personaggi di Rob McElhenney e Charlotte Nicdao siano legati e siano stati in grado di aiutarsi a vicenda, anche indirettamente.

Come lo dimostra una terza stagione più lentamente costruita rispetto alle altre, Mythic Quest si prende il giusto tempo per comporre la sua struttura.

Attraverso gli stand-alone episode, ma non solo (si pensi all’episodio speciale Quarantine, 01×10), la serie tv di Apple TV+ si colloca in una categoria autodesignata di comedy. Riflesso di prodotti che non si accontentano più soltanto di far ridere, Mythic Quest ha intenzione di raccontare con le giuste dosi di umorismo e serietà una storia che va oltre il solo universo ludico e dei videogiochi. I rapporti di potere, i rapporti tra le persone: lo show racconta un meccanismo di causa-effetto che si distende negli anni in una storia che non ha bisogno di reiterati e perpetui salti temporali per esser raccontata. Mythic Quest è approfondita con la calma che essa stessa dedica ai profondi e calibrati respiri che si concede con gli stand-alone episode, sempre collocati a metà delle sue irriverenti stagioni. E’ proprio il tempo che si concede a renderla una delle workplace comedy più solide ed efficaci degli anni recenti.

Mythic Quest – La recensione di una stagione di transizione