Tutti noi abbiamo almeno uno tra anime o cartoni animati (per i veri appassionati sicuramente più) che ci hanno segnati in qualche modo. Nel bene o nel male. Per molti/e, anche se non tutti vorranno ammetterlo, uno di quegli anime è Nana.
Nana, tratto dall’omonimo manga della nota Ai Yazawa, segue le vicende di due giovani donne che portano lo stesso nome, Nana appunto. Le due si conoscono un giorno a Tokyo, entrambe in cerca di un appartamento, e finiscono per condividerne uno. L’anime mostra la loro amicizia e le loro vite. Carino, vero?
No. Perché questo è un anime stupendo, ma di quelli che se hai anche solo un briciolo di umanità ed empatia, prima che te ne accorgi ti strazia l’anima. Quindi pare ragionevolissimo che Netflix abbia deciso di approfittare anche di questa piccola perla e aggiungerla nel suo catalogo.
Eh sì. Dal 1 Ottobre, infatti, sarà possibile vedere Nana su Netflix.
L’anime, ben più complesso e maturo di quanto la premessa molto semplice potrebbe dare a intendere, è rimasto purtroppo incompiuto. Il motivo è l’infermità dell’autrice che ha dovuto interrompere il proprio lavoro a causa di una grave malattia, sulla quale ha mantenuto uno strettissimo riserbo.
Negli ultimi anni la Yazawa sembra aver iniziato lentamente a riprendere in mano gli strumenti del mestiere con alcune illustrazioni, e ha dichiarato anche di voler riprendere il manga, ma non si sa ancora quando. Ovviamente, dipenderà da quando lo permetteranno le sue condizioni.
Nel frattempo ai fan di Nana non rimane che nutrirsi delle poche novità al riguardo, delle loro speranze e della nostalgia del riascoltare le canzoni dei Black Stones e dei Trapnest. E, ovviamente, riguardare a ripetizione gli episodi dell’anime.
Grazie Netflix, per averci dato l’opportunità di demolirci emotivamente e rivivere la nostalgia e l’angoscia di tanti anni fa. Stavolta non alla piccola, gestibile dose di un episodio a pomeriggio, ma con un devastante e inevitabile binge-watching selvaggio. In attesa del primo ottobre vado a risentirmi a ripetizione Kuroi Namida, che ascoltarla una volta ogni tanto in macchina non bastava.