Jorge Salcedo è la new entry più interessante della terza stagione di Narcos: un personaggio intrigante che merita di essere analizzato maggiormente.
Narcos. Che meraviglia.
La storia (vera!) dei trafficanti di droga sudamericani, dopo il successo delle prime due stagioni marchiate a fuoco dal carisma di Pablo Escobar, la creatura di Netflix è tornata per portarci a Cali. Non più un solo uomo al comando, ma un cartello formato da quattro grandi padrini con legami a tutti i livelli del sistema colombiano oltre a un vero e proprio esercito di collaboratori tra i quali spicca il protagonista di queste nostre righe, Jorge Salcedo.
Quest’uomo tormentato (interpretato magistralmente dallo svedese Matias Varela) ci ha mostrato cosa significa essere un uomo diverso in mezzo al male, come ci si deve comportare per uscirne, come rimediare al più grande degli errori ovvero quello di cedere alle lusinghe del vil danaro in cambio della propria libertà.
Oggi Hall of Series punta la sua lente d’ingrandimento su Jorge nel tentativo di raccontarvelo al meglio e, magari, far luce su alcune sue azioni a dir poco fraintendibili che l’hanno portato dove l’hanno portato, fateci sapere cosa ne pensate!
Occhio perché da qui in poi potrete incorrere in una serie di SPOILER. Lo siento.
Salcedo è molte cose: i suoi detrattori lo chiamerebbero rata, molti lo credono un criminale, altri un eroe, ma la verità è che prima di tutto stiamo parlando di un marito e di un padre di famiglia.
Al centro dei suoi pensieri ci sono Paola e le bambine. SEMPRE e SOLO loro. Non importa se per farle sorridere dovrà lavorare per i più grandi malfattori del suo paese, non importa rischiare la vita ogni giorno, non importa quanti amici dovrà veder cadere…l’importante è che loro siano tranquille e poi è solo un impiego temporaneo no? Tra poco dirà addio a tutto questo e finalmente entrerà nel campo dell’imprenditoria!
No. Purtroppo no.
Sì, perché il problema è che Jorge è bravo, bravissimo nel suo lavoro di responsabile della sicurezza: è meticoloso, preciso, elegante, ragionevole, l’uomo ideale per servire quelli che si definiscono “i gentiluomini di Cali” nel bieco tentativo di trasformare il sangue in sommaco, la cocaina in neve, il marcio delle loro anime in purezza.
Ci si aspetterebbe che un uomo nella sua posizione sia violento e senza pietà, invece il Nostro gestisce il suo lavoro all’insegna della non violenza e del buonsenso, disprezzando l’uso delle armi e tentando sempre di raggiungere la soluzione ottimale per tutti.
È perfetto.
In particolare è Miguel Rodriguez a essere affascinato da quest’uomo modesto e clamorosamente efficiente, ha in mente un grande percorso per lui e nonostante l’organizzazione sia sul punto di arrendersi allo Stato, gli chiede di proseguire e se uno come lui chiede, significa che te lo sta ordinando.
“Sono solo 6 mesi” continua a mentirsi Salcedo, ma in cuor suo sa che ogni minuto passato al soldo di quella gente lo allontana dal sogno di vivere sereno e felice insieme alla sua adorata famiglia.
Bisogna fare qualcosa.
Jorge non è tranquillo. Vede che l’atmosfera tra i boss si sta facendo rovente, molti suoi ex colleghi e amici vengono freddati senza pietà solo perché sospettati di essere delle spie, si sta viaggiando sempre più nella direzione della ribellione di Miguel piuttosto che della tanto decantata resa voluta da Rodrigo, perciò è tempo di fare una scelta.
È come se fossi in una stanza circondato da tigri, la tua unica possibilità è una porta semichiusa ma più ti ci avvicini più le fiere si insospettiscono, rischi di rimanere chiuso dentro con loro Salcedo, devi essere prudente…invece no, perché lui sa che dietro di essa c’è tutto ciò che ha sempre sognato per i suoi cari e allora a morte le tigri, a morte il cartello di Cali: sarà la DEA la sua via di scampo.
L’agente Peña e la sua squadra sanno quanto rischia, però è troppo importante avere una talpa del suo calibro all’interno e allora si va, in equilibrio sui cavi dell’alta tensione, consapevoli che un soffio di vento potrebbe porre fine a tutto, in primis alla vita di Jorge.
Ogni volta che Miguel lo guarda un brivido gli attraversa la schiena, i sospetti del suo rampollo, David, gli tolgono il sonno e si aspetta da un secondo all’altro di venire prelevato a forza, freddato e buttato in un fiume avvolto in una rete metallica per diventare cibo per piranha, eppure lui fa il suo lavoro, collabora in silenzio e ovviamente lo fa benissimo.
Riesce addirittura a indicare alla polizia il punto esatto e l’orario ideale in cui arrestare l’ormai unico boss al comando. Due volte.
La prima è sfortunato perché un cavillo giudiziario ferma l’arresto di Rodriguez per un nonnulla.
La seconda, in un certo senso, è doppiamente sfortunato perché il trafficante apprende del suo tradimento, lo fa legare a una sedia, lo picchia, lo insulta, sgretola i suoi desideri, annichilisce la sua speranza e soffoca il suo bisogno di libertà.
Ecco che sono arrivate le tigri, la porta si sta chiudendo.
Miracolosamente Jorge sopravviverà e riuscirà a varcare la soglia, ma non si può dire che vincerà.
La sua testimonianza sarà fondamentale nel processo che porterà al definitivo annientamento del cartello di Cali ed effettivamente gli verrà data una nuova vita, in America, però non era quella che lui bramava, è un’esistenza alienata e triste: si può dire che l’abbia meritata?
Salcedo è a tutti gli effetti un traditore, un uomo che ha agito passivamente (sì, si può fare anche questo nel mondo del crimine) per fregare chi si fidava ciecamente di lui, però è stato anche coraggiosissimo se è vero come è vero che per il bene della sua famiglia ha messo in gioco tutto e anche di più.
La complessità delle sue inquietudini è tutta rappresentata nel gesto che più spesso gli vediamo fare: porta le mani giunte al volto, a coprire la bocca e il naso, a togliergli il piacere del gusto e la sensibilità dell’olfatto senza però privarlo della lucidità dello sguardo, sempre vigile e concentrato alla ricerca di una soluzione.
Volete giudicarlo? Fatelo, non sarete nè i primi nè gli ultimi.
Noi ci sentiamo solamente di contemplarlo per capire se nei suoi panni avremmo fatto lo stesso.