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Il ruolo della sigla di Narcos

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La sigla di una serie tv viene spesso utilizzata come elemento caratterizzante ed è fondamentale per catturare l’attenzione del pubblico fin da subito. Il lavoro dietro ad una sigla accattivante e coinvolgente è minuzioso, e di solito nasconde una profonda ricerca mirata a far convergere gli elementi principali del prodotto conditi da una theme music che invogli gli stessi fan a godersi la sigla e a non premere sul tasto “salta l’intro” all’inizio di ogni puntata, prendendosi così una breve pausa dal binge watching. Ci sono però sigle di cui lo spettatore necessita la visione, persino dopo decine di puntate. Non è una cosa che mi capita troppo spesso, ma skippare la sigla di Narcos, per quanto mi riguarda, è sempre stato impossibile. Oltre al fatto che si tratta di una delle più conosciute e riconoscibili, grazie alla splendida voce di Rodrigo Amarante sulle note di Tuyo, dietro alla sigla di Narcos c’è un lavoro molto interessante anche dal punto di vista visivo, e lo analizzeremo insieme in questo articolo.

Soy el fuego que arde tu piel

Partiamo dal testo della canzone. A Rodrigo Amarante fu commissionata la stesura del brano ancor prima che cominciassero le riprese della serie e, per sua stessa ammissione, ottenne questo risultato provando ad immaginare la canzone preferita della madre di Escobar, e che i due la ascoltassero insieme alla radio quando lui era piccolo e su queste note fantasticava e progettava il suo futuro, come per promettere a sua madre e a se stesso di diventare qualcuno. Ciò che fa Amarante è sostituirsi al protagonista al quale, dunque, appartiene la voce in prima persona. Tuyo è una promessa, una previsione di grandezza.

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Pablo canta per tutti. Per intimidire i suoi nemici decantando la sua imbattibilità, ma anche per una donna, che sia sua moglie Tata, la sua adorata madre o più in generale una figura femminile immaginaria, platonica, alla quale promette di esaudire ogni suo desiderio. Ed infine ci sembra che parli a sé, o forse più alla sua stessa grandezza. Si, perché tra le righe si possono leggere sia riferimenti ad una donna che anche a qualcosa di astratto, magari proprio al suo status di narcotrafficante o magari alla stessa droga che lo ha reso così ricco e potente, il patròn assoluto. Nella meravigliosa prima puntata di Narcos sentiamo il brano in un locale in cui Pablo è intento a chiudere il suo primo affare di traffico di cocaina, ed è lo stesso personaggio interpretato da Wagner Moura a chiedere il bis, rivolgendosi al cantante che, sicuramente non a caso, si chiama Rodrigo, e questa volta cantando la canzone come se la conoscesse da sempre e con la solennità di un inno, come se effettivamente lo rappresentasse.

Non per niente il realismo magico è nato in Colombia

Da subito lo spettatore si trova a tu per tu con la descrizione dei fatti narrati in Narcos, fatti reali ma talmente cruenti da poter sembrare “magici”, incredibili. La citazione a Gabriel García Márquez, ed in particolare alla corrente del realismo magico, funge da incipit della serie e sembra quasi voler mettere in guardia lo spettatore e contemporaneamente prepararlo alla visione di episodi realmente accaduti, conditi da un pizzico di magia. In Narcos la sigla non è quasi mai lanciata prima che cominci l’episodio (se non proprio mai, andando a memoria), ma lo spettatore si abitua a comprendere quando questa comincerà a risuonare perché viene evocata proprio dal racconto, come se fosse lo stesso testo narrativo ad averne bisogno e a volerne enfatizzare l’importanza.

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Dal punto di vista prettamente visivo godiamo dell’alternarsi di immagini forti e significative che racchiudono il senso intrinseco della serie. L’elemento portante della sigla è il realismo narrativo rappresentato dalle immagini di repertorio utilizzate in due differenti ed efficacemente coesi modi. Da una parte non si lascia spazio all’immaginazione con l’uso di foto e video dei reali protagonisti della serie, con il volto fiero e sorridente in primo piano di un Escobar pronto a guidare la sua armata prima di una corsa in moto, ma anche con la presenza del vero agente Murphy, anch’egli identico all’attore, sempre per tornare sulla cura per i dettagli. Ciò che più è motivo di shock sono sicuramente le numerose immagini di episodi violenti che vengono poi ripresi nella serie, tra carri armati, incendi e scontri a fuoco. Il tutto risulta ancora più d’effetto grazie all’alternanza con foto di bellissime donne e di paesaggi meravigliosi che vogliono sintetizzare tutta la sensualità ed il fascino della Colombia e del sud America, con quell’effetto visivo attempato che comunque mantiene lo spettatore sulla stessa linea temporale delle immagini di repertorio. Altri elementi costanti della sigla sono rappresentati dalla abbondante presenza di droga e banconote, i due simboli di Pablo Escobar, i due oggetti che oltre a rappresentarne le gesta ne incarnano l’essenza, la tanto crudele quanto manifesta supremazia.

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La sigla del primo Narcos viene poi riadattata alla stagione sui gentiluomini di Cali (in cui spicca una emotivamente fortissima visione di una montagna di banconote che bruciano, sul finale) e ancora in Narcos: Messico, sempre contraddistinta dallo stesso leitmotiv che anche nelle riedizioni ci mostra gli aspetti più realistici e caratterizzanti di una realtà così vera e incredibile allo stesso tempo, sempre rifacendosi alle main features della corrente del realismo magico, che si sposa sia visivamente con gli sconfinati luoghi mostrati nella serie, sia con la stessa colonna sonora in cui spesso ritornano sonorità soavi che sembrano appartenere ad un mondo lontano, quasi fiabesco. La sigla di Narcos è diventata famosa proprio perché narra di potere e del calore tipico del sud America, e tutti i fan della serie, che son sicuro l’abbiano cantata almeno un centinaio di volte, ogni volta che la sentono magari vanno ad immedesimarsi in Pablo Escobar, proprio come ha fatto Rodrigo Amarante per realizzare questa perla che ormai è diventata oggetto di vero e proprio culto. 

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