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La fine di Narcos: Mexico è in realtà uno sconvolgente inizio

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L’episodio finale di questa prima stagione di Narcos: Mexico mette in pratica l’avviso verbale che il narratore aveva fatto all’inizio della serie: non ci sarebbe stato un lieto fine. Anzi, il finale suggerisce che in realtà siamo solo all’inizio di quella che sarà, negli anni a seguire, una lotta intestina tra la DEA e i narcos messicani.

Siamo nei primi mesi del 1985 e la DEA ha preso una batosta tale che, finalmente, anche a Washington hanno capito la gravità della situazione in Messico. La morte dell’agente Camarena, infatti, ha scosso gli animi e soprattutto ha messo in evidenza che Gallardo non ha paura di mettersi contro l’agenzia antidroga americana. Questa sarà la miccia che farà esplodere la bomba e porterà la DEA, finalmente, a prendere sul serio la guerra della droga anche in Messico.

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Da questo punto di vista, il personaggio di Jaime (interpretato da Matt Letscher) è quello che ha l‘arco narrativo più interessante.

In Leyenda, infatti, notiamo la consacrazione del suo cambio di atteggiamento non solo nei confronti dei superiori, ma conseguentemente anche nella vita. L’uomo arresosi alle condizioni di lavoro inaccettabili presenti in Messico che avevamo conosciuto nel primo episodio, è cambiato: grazie all’entusiasmo e alla perseveranza di Kiki, Jaime era tornato a credere nel suo lavoro, e la morte del suo agente è la molla definitiva per assumere una predisposizione da guerra, sia nel confronto con i commissari da Washington che con i colleghi.

Quella che infatti viene raccontata da Narcos: Mexico è una serie di fallimenti. Quello della DEA, del sistema messicano e, fino ad un certo punto, anche del “sistema Gallardo“. La puntata finale sembra a lunghi tratti suggerire che Gallardo abbia ormai esaurito la sua corsa al potere. Messo alle strette, costretto a fuggire, è infine tradito dai vertici governativi che lo proteggevano. Ma, come già visto nelle scorse stagioni di Narcos, il dio denaro corrompe anche le anime più pure. Quando il comandante Calderoni lo cattura, Felix riesce a convincerlo a lasciarlo andare in cambio della salvezza dei suoi superiori (di cui Gallardo possiede registrazioni compromettenti, ricavate dall’interrogatorio a Camarena) e di 2 milioni di dollari.

Gallardo ristabilisce l’ordine, visto che tutti i suoi sottoposti erano ormai pronti a tradirlo. Si erano infatti riuniti per decidere come riorganizzare la distribuzione del denaro una volta che Felix fosse stato catturato. Il suo arrivo serve per presentare anche i suoi nuovi amici: l’esercito messicano. Non c’è niente, ormai, che possa fermarlo. Tranne la DEA. Tranne l’aver eliminato l’agente Camarena. Ma su questo è opportuno fare chiarezza.

Narcos: Mexico, infatti, sceglie una strada narrativa un po’ diversa dalla realtà. Il risultato è lo stesso, ma il percorso è abbastanza differente nello show di Netflix.

Kiki Camarena non si infiltra nel Cartello di Gallardo, come invece è successo nella storia vera, e non muore per ordine dello stesso Padrino: nella serie, infatti, egli è considerato il responsabile della scoperta dell’immenso campo di coltivazione di marijuana bruciato dall’esercito (anche nella storia vera questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e spinse Gallardo a cercare la talpa tra i suoi e a far uccidere quindi Kiki). Per questo Rafa, supportato e usato dai servizi segreti messicani, lo fa catturare contro la volontà di Gallardo, che nella serie sembra ben consapevole dei problemi che possono crearsi con l’uccisione di un agente della DEA.

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Nell’incontro tra loro due, Kiki dichiara guerra al boss della droga, dicendogli che la sua cattura rappresenta l’inizio della fine. In qualche modo, anche sulla scorta di ciò che abbiamo affermato prima, non ha tutti i torti.

Quello che emerge dall’episodio finale di Narcos: Mexico è soprattutto l’ambivalenza della figura di Felix. A volte, infatti, stentiamo a credere a quanto poco riesca a fare rispettare la sua volontà ai membri del governo. Altre invece siamo sopraffatti dalla potenza e influenza che è riuscito a ottenere: dov’è la verità? Inevitabile, infatti, il confronto con Escobar: Gallardo sembra essere meno temuto nonostante (o forse proprio per questo?) abbia meno nemici del trafficante colombiano.

Il finale di Leyenda, in conclusione, ci svela l’identità della voce narrante: l’agente della DEA Walt, pronto a sostituire Camarena nella lotta contro i narcos. Ma soprattutto, questo finale ci fa supporre una struttura narrativa simile a quella delle prime due stagioni di Narcos: la prima stagione dedicata al racconto dell’espansione di Escobar (Gallardo in questo caso) e la seconda alla sua fase decadente fino alla morte (cattura, nel caso del Padrino messicano). Se sarà confermata una seconda stagione, è molto probabile quindi che sarà proprio questo il modo di svilupparla. Vista la prima, non possiamo che augurarci il rinnovo al più presto.

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