“I tuoi compagni sono lì per rimediare a ciò che non puoi fare e per impedirti di ignorare cose che in realtà avresti potuto fare.” – Itachi Uchiha
A pronunciare questa frase è uno dei personaggi più affascinanti dell’universo creato da Masashi Kishimoto, al quale dobbiamo il merito di aver realizzato un manga e un anime come quello di Naruto. L’opera del disegnatore giapponese è durata 15 anni, un viaggio lunghissimo, durante il quale abbiamo visto il protagonista diventare un abilissimo ninja e poi Hokage del Villaggio della Foglia. Un sogno a cui aspirava fin da quando era bambino.
Il merito più importante però, quello che ha fatto la differenza e che ha offerto a quest’anime un successo planetario, è la presenza di una quantità di personaggi perfettamente caratterizzati, mai banali, con un proprio personale passato (e presente) spesso difficile e unico. Tante vite che si intrecciano, si scontrano, si sostengono. Storie di odio, di amore, di amicizia, di lealtà, di vendetta, di scoperta di sé stessi, di riscatto e di gioia. I personaggi di Naruto sono umani, imperfetti e vulnerabili. Non ci sono eroi. Lo stesso Naruto è così. Vuole diventare Hokage, certo, ma prima ancora vuole essere accettato, vuole creare legami ed essere amato.
L’amicizia, la solidarietà e la coralità, infatti, sono il fulcro dell’intera avventura e l’aspetto più interessante è che spesso nascono da contrasti, da ragazzi o ragazze che sembrano quasi antagonisti.
L’esempio più evidente è il binomio Naruto-Sasuke. Il primo genuino e solare, il secondo ombroso e cupo. I due sono lo Yin e lo Yang dell’anime. Sasuke appartiene al prestigioso clan degli Uchiha, che molto tempo prima delle vicende narrate venne sterminato da Itachi, suo fratello maggiore. Ecco il motivo per cui Sasuke è un concentrato di negatività, di odio e di rancore. Questo personaggio vive unicamente per portare a termine la sua missione personale: trovare il fratello e ucciderlo.
Il suo comportamento potrebbe ricordare quello di Anakin Skywalker: facilmente manipolabile e capace di cedere al “lato oscuro” pur di raggiungere il suo obiettivo. Ma mentre Anakin agiva per amore di Padmé, per voler salvare una vita, Sasuke opera accecato dalla rabbia, per togliere una vita. Quella del fratello con cui è cresciuto, che lo ha sempre protetto e che ha scelto di sterminare la sua famiglia in cambio della salvezza del Villaggio della Foglia e dello stesso Sasuke.
Itachi è un personaggio misterioso e profondissimo. Ama il fratello minore più di ogni altra persona al mondo. Durante la loro infanzia si sostituiva persino a loro padre, donando a Sasuke le attenzioni che gli erano mancate, e motivandolo a migliorare. È diverso dagli altri membri del suo clan. Non è per nulla altezzoso ma è anzi perfettamente in grado di riconoscere la validità di un avversario con umiltà e saggezza. La sua storia è come le scatole cinesi: ne apri una e scopri che al suo interno ce n’è un’altra e un’altra ancora. Una stratificazione di ruoli e di comportamenti che non mostrano mai l’Itachi reale, fino alla scoperta dell’amara verità.
Anche il personaggio di Gaara vive soggiogato da questo impulso. Sofferente quanto Sasuke, ma ancora più solo e con un’aggravante in più: proprio come Naruto, il ragazzo del Villaggio della Sabbia ha imprigionato al suo interno il demone del Tasso a Una Coda. Un potere che non riesce a controllare e che prende il sopravvento quando Gaara è particolarmente arrabbiato o instabile. Una furia omicida infermabile, e lo sa bene Rock Lee, uno dei personaggi più teneri e audaci di questo anime. Lui e Gaara si sono trovati uno di fronte all’altro nella prova d’esame per diventare chunin, durante la quale Lee viene sconfitto duramente. Il ninja della sabbia lo avrebbe ucciso se non fosse intervenuto Gai, maestro di Lee.
I sensei sono personaggi che costellano tutto la storia. Abbiamo già parlato qui di Kakashi e Jiraya, ma ogni squadra ha il proprio e il team Gai è il più particolare, sia per la simpatia e l’ottimismo del maestro, che si sente eternamente giovane, sia per l’accoppiata Lee-Neji, opposti per carattere e capacità. Il primo è la dedizione al lavoro fatta persona, essendo privo di abilità innate, mentre il secondo si fa forte proprio di queste abilità, che diventano però anche la sua maledizione.
Perciò quando vediamo Lee soccombere a Gaara, detestiamo quest’ultimo e lo riteniamo il vero nemico dei ninja del Villaggio della Foglia. Quando però scopriamo il suo passato tragico, la nostra empatia si attiva a pieno regime. Naruto, esattamente come noi, rimane sconvolto dalla sua vicenda, così simile alla sua. Vede in Gaara una sorta di gemello e i due nel corso degli episodi diventeranno amici.
Questa è un’altra delle caratteristiche speciali ideate da Kishimoto: gli antagonisti, anche i più crudeli come Orochimaru, non sono cattivi per nascita. Hanno sempre una o più motivazioni che spiegano la loro sofferenza e la loro malvagità. Nella maggior parte dei casi questi personaggi oscuri hanno una storia passata fatta di abbandono, solitudine, instabilità emotiva, ed è quindi l’accumulo di esperienze negative a farli precipitare in un baratro senza fondo, colmo di infelicità.
Gaara rientra in questa descrizione, ma grazie all’amore di Naruto, dei compagni e dei maestri, riuscirà a cambiare e a trovare un equilibrio, nonostante tutto. Il ragazzo diventa persino il Quinto Kazekage del Villaggio della Sabbia, e durante la Quarta Guerra Mondiale Ninja sarà generale della quarta divisione, combattendo accanto a Shikamaru, membro del Team 10 insieme a Choji e Ino.
I tre sono il brutto anatroccolo dell’anime. Il primo è uno scansafatiche indolente, il secondo ha una fissazione per il cibo e una bassa autostima e la ragazza, Ino, è un’egocentrica superficiale. Ma come avviene nella fiaba di Hans Christian Andersen, dietro alle apparenze si nasconde qualcosa di bellissimo e sorprendente.
Shikamaru infatti ha delle doti intellettive straordinarie, un QI di 200 punti, ed è un abilissimo stratega. Quando la sua concentrazione e la sua mente si attivano, diventa praticamente impossibile sconfiggerlo. Inoltre è molto legato al suo team, a Choji, che è il suo migliore amico, a Ino, e anche a Naruto, per il quale nutre molta fiducia e rispetto. I tre anatroccoli nel corso degli episodi diventeranno gradualmente uno splendido cigno e il merito va riconosciuto anche al loro maestro, Asuma. Le sfide e le missioni che devono affrontare sono il mezzo che li fa crescere e che li unisce. Allo stesso modo, la fiducia e l’incoraggiamento di Asuma saranno fondamentali per il loro percorso, tutto in salita.
Ma è così che funziona anche nelle nostre vite. Chi sono coloro che diventano cigni? Chi ha un’esistenza comoda e lineare o chi accetta il rischio e le difficoltà? E soprattutto, quanti di noi si sono sentiti giudicati per i propri difetti? Oserei dire tutti. All’apparenza siamo tutti brutti anatroccoli, impreparati ad affrontare i problemi e le situazioni che la vita ci mette davanti. Ma la verità è che potenzialmente ognuno di noi può diventare cigno.
Prendiamo Choji, un personaggio gentile, buono, dal cuore grande, ma incapace di credere in sé stesso. Nel corso delle vicende affinerà una tecnica tutta sua, che gli permette di condensare il chakra, formando due bellissime ali di farfalla ai lati del suo corpo, con le quali può anche volare. O Ino, con le sue capacità telepatiche e la conoscenza delle arti mediche. Sempre pronta a soccorrere i compagni nel momento del bisogno.
È proprio il maestro Asuma a riassumere la loro storia quando rivede i suoi allievi durante la Quarta Guerra Mondiale Ninja, prima di venire sigillato per sempre, pronunciando queste parole: ”Non ho più niente da dire a voi tre. La vostra formazione è perfetta”. Ogni volta che rivediamo questa scena abbiamo i lacrimoni, vero?
L’insegnamento dell’anime Naruto e la sua straordinaria coralità si diramano in molteplici direzioni. Si può scegliere la strada della collaborazione, come Naruto e Kakashi, o quella del conflitto, come Sasuke. Si può cambiare in meglio, come Gaara. Ci si può sacrificare per proteggere coloro che amiamo, come Itachi e il grandioso Jiraya. Si può decidere di salire e salire, fino a diventare completi, come ha fatto il Team 10 del maestro Asuma. Si può essere coraggiosi e determinati, come Rock Lee e infine, perché no, ci si può sentire eternamente giovani e allegri di spirito, come il maestro Gai. Una strada non esclude l’altra.
E voi, quale scegliereste?