La nascita di Neon Genesis Evangelion e del suo mito ha origine nel 1995 grazie a Hideaki Anno e inizia più o meno così.
L’umanità è sull’orlo dell’estinzione: un’esplosione in Antartide ha sciolto i ghiacci, sterminato quasi metà della popolazione mondiale e causato imprevedibili cambiamenti climatici. Inoltre la Terra è minacciata dall’arrivo di gigantesche creature mostruose (Angeli o Apostoli, cosa preferite? Ne abbiamo già parlato qui) che sembrano intenzionate a distruggere tutto quello che trovano sul proprio cammino. L’organizzazione NERV difende il pianeta con gli Evangelion, dei misteriosi robot dalle forme umanoidi guidati da ragazzini. Shinji Ikari è uno di loro e insieme alla sua Unità 01 è uno degli ultimi baluardi dell’umanità.
La serie ha ricevuto negli anni una fortuna incredibile dovuta alla sua originalità e all’alone di mistero che la avvolge.
Complessa, metafisica, simbolica. Neon Genesis Evangelion è diventato un vero e proprio cult dell’animazione giapponese, ma per la sua complessità a livello di contenuti ha ricevuto molto più successo oltreoceano piuttosto che in patria. Divenuta spesso oggetto di studio e discussione (oltre che tesi di laurea), tutti ne tessono le lodi, ma molti ne rimproverano l’eccessiva complessità e la vuotezza di contenuti: si ha più volte la sensazione che la serie non sappia bene dove andare, soprattutto negli episodi conclusivi, quando l’assenza di budget ha costretto il regista e gli animatori a condensare il finale. Eppure non si può negare che quest’opera ha fatto la storia dell’animazione giapponese.
Tutti ne parlano, ma quali sono i reali motivi di questo successo? Perché proprio Neon Genesis Evangelion è diventato un fenomeno che ancora ci scuote da dentro?
Per cercare i motivi di questo bisogna tornare alla sua genesi. Al motivo per cui Anno ha deciso di creare tutto questo.
Come in tutte le grandi storie, Evangelion nasce da un’esigenza personale. Un tentativo di guarirsi. Forse non tutti lo sanno, ma Anno ha sofferto per molti anni di depressione e questo lo ha fatto allontanare dal lavoro e dalla famiglia, spingendolo a diventare un hikikomori, ovvero un “recluso sociale”. Si odiava, provava ribrezzo per se stesso, ma grazie al suo amore per Mobile Suit V Gundam riesce a ritrovare l’ispirazione. È in questa situazione di disagio interiore che nasce Evangelion e la sua produzione sembra riportare l’autore fuori dalla depressione in cui era caduto.
L’anime contiene tutto quello che Anno ha dentro di sé ed è una vera e propria critica agli otaku.
Essendo stato lui stesso otaku, ha creato Shinji sulla base della sua vita fino a quel momento. Basti pensare a quanto appare disturbato il nostro protagonista: orfano di madre e con un rapporto di amore-odio verso il padre, ha finito per chiudersi in se stesso ed è incapace di aprirsi al mondo, da cui fugge costantemente. L’ansia, l’aspettativa che gli altri ripongono in lui e il bisogno ossessivo di essere amato sono sentimenti che Anno conosce bene.
Si può dire che Shinji sia in un certo senso lo specchio dell’autore, che ha messo tutto se stesso nell’opera. Neon Genesis Evangelion diviene la parabola dello stile di vita distorto degli otaku, condita da riferimenti simbolici e religiosi che spesso ne rendono difficile la comprensione. E che tanto hanno fatto discutere gli appassionati. È ironico scoprire che Anno ha scelto la maggior parte di quei riferimenti – il nome Evangelion, la lancia di Longinus, gli Angeli, le Pergamene del Mar Morto – soltanto perché “suonavano bene”. È da allora che molti fan hanno cominciato ad additarlo come un pallone gonfiato.
Non è il solito anime di mecha.
Neon Genesis Evangelion nasce per costruire un “dopo” nel genere robot e per parlare della società giapponese. Parla della difficoltà a relazionarsi con il prossimo, di depressione, di solitudine. I personaggi sono uno più disturbato dell’altro, ma tutti molto tridimensionali. È anche questo il bello dell’opera: ad Anno non è mai interessato parlare di una guerra con degli esseri extradimensionali in uno scenario apocalittico. La serie parla di Shinji e della sua guarigione. Della guarigione di Anno. E tutto questo è condensato nelle due puntate finali, che tanto hanno criticato al creatore – evento che ha fatto ricadere Anno nella spirale della depressione.
È una serie sugli esseri umani e sulla loro crescita interiore. Anche per questo molti elementi simbolici vengono fatti arenare durante la visione, lasciando il tempo che trovano per speculazioni infinite negli appassionati. Tutto questo soltanto per concentrarsi su come i protagonisti interagiscano – ma soprattutto, non interagiscano – tra di loro. Il dilemma del porcospino, l’Io e il Super Io e il complesso di Edipo sono soltanto alcune delle tematiche che compaiono all’interno della serie.
Neon Genesis Evangelion ci ricorda chi siamo: ci rivediamo nelle paure dei personaggi, così vicini a noi con le loro ansie e i loro desideri.
È un anime su cui chiunque può avere un’opinione diversa. Ognuno può leggerci un messaggio differente o una sfumatura nuova. Ciascuno ne sarà influenzato grazie alle sue mille sfaccettature. Si tratta di una serie che porta lo spettatore a riflettere, senza interessarsi a dove possano condurre alcune riflessioni.
Segna un vero e proprio passo in avanti nella storia dell’animazione giapponese. Da questo momento, gli anime sui mecha non saranno più gli stessi. Come Gundam segnò un passaggio importante nella creazione di un genere, anche Evangelion ha contribuito a un suo sviluppo e a una sua rinascita. Qui il protagonista ha paura e piange prima di entrare dentro l’Evangelion: è la prima volta che un protagonista di un anime mecha si rifiuta di entrare nella cabina di comando.
Potremo continuare per anni a discutere dei sottotesti presenti nell’anime e di sicuro lo faremo. Grazie a Netflix, molti hanno avuto la possibilità di rivederlo o di scoprirlo. Oggi, come quando uscì per la prima volta, è ancora un must to watch, un’opera immortale di cui non smetteremo mai di sentir parlare nel futuro.