Insomma, pare ci sia ancora qualcosa da dire su 13 Reasons Why anche se verrebbe da domandarsi come sia possibile. Non avvicinarsi a questa Serie Tv è un’impresa piuttosto ardua: ne parlano tutti, in ogni salsa. C’è chi la celebra come il miglior prodotto seriale degli ultimi tempi, chi suggerisce di renderne la visione obbligatoria nelle scuole, chi la vieterebbe ai minorenni, insomma: chi più ne ha più ne metta. Non sempre l’apprezzamento da parte del grande pubblico assicura la qualità del prodotto, anzi. Certo è che, se già la tematica affrontata stuzzica la curiosità, questo continuo parlarne l’acuisce fino al punto di convincerci che sì, guarderemo questa nuova, imperdibile serie Netflix.
Quindi, eccoci qui, dita sulla tastiera, pronti a dire la nostra su 13 Reasons Why.
Ciò che ci rendeva perplessi prima della visione, sentimento non mutato a visione conclusa, è una banalità che nasce da una semplice constatazione: queste cose (atti di bullismo, menefreghismo, egoismo, sofferenza, difficoltà adolescenziali, e, ahinoi, suicidio) esistono e sono sotto i nostri occhi quasi quotidianamente. Non stiamo parlando di un fantasy, ma della vita vera. Dunque sorge spontaneo domandarsi come mai alcuni messaggi sembrino colpire il giusto bersaglio se raccontati mediante una fiction o, perlomeno, paiano farlo con più incisività di quando la morte è reale e ci sono della carne che imputridisce davvero e delle lacrime di cui, se solo volessimo, potremmo sentire la consistenza. Ma non siamo di certo pronti a scrivere un trattato sullo scambio, spesso evidente, tra realtà e virtualità. È solo un punto su cui riflettere.
Torniamo a noi.
Qual è il punto di forza di 13 Reasons Why? Cosa la differenzia dalle altre Serie Tv? Qual è la punta della freccia che ci ha spaccato il cuore? Solo la tematica tanto attuale? Non pensiamo proprio sia così.
Uno dei processi cardine della narrazione, seriale o meno, è l’immedesimazione. Tutte le storie, in modo più o meno manifesto, parlano di noi o affrontano tematiche che, almeno trasversalmente, ci riguardano, ma è raro che una storia ci metta così irrimediabilmente di fronte alla nostra parte mostruosa. Una parte così tremenda da poter indurre un’altra persona a togliersi la vita: vi rendete conto di cosa stiamo parlando?
13 Reasons Why non parla solo di un’adolescente che si è tolta la vita, ma parla delle 13 ingiustizie che l’hanno portata a questo e quanto fa male scoprire che non tutte sono cose che non avremmo fatto noi? Quanto è più facile sentirsi aderire all’idea di eroe e, perché no, anche di vittima, piuttosto che a quella di aguzzino? Senza arrivare al tragico epilogo che ci racconta Tredici, non ci siamo mai meritati di ricevere una cassetta?
Ebbene sì, questo è il vero punto: i tredici destinatari dei nastri non sono tutti stupratori o esseri umani spregevoli, ma, per un motivo o per un altro (e spesso in modo umanamente “giustificabile”) commettono slealtà e cattiverie, forse Hannah compresa.
Davvero non vi siete riconosciuti in qualcuno? Nemmeno lontanamente? Neanche quando si tratta della sciocca vigliaccheria di dichiarare quello che proviamo?
E il tratto comune tra questi personaggi quale è? Pensano sempre, solo e troppo a se stessi. Tale atteggiamento ha una nome preciso: narcisismo.
Questa la definizione di narcisismo secondo l’enciclopedia Treccani:
Tendenza e atteggiamento psicologico di chi fa di se stesso, della propria persona, delle proprie qualità fisiche e intellettuali, il centro esclusivo e preminente del proprio interesse e l’oggetto di una compiaciuta ammirazione, mentre resta più o meno indifferente agli altri, di cui ignora o disprezza il valore e le opere.
Dire che noi siamo il centro del nostro mondo non è poi una scoperta così sorprendente, d’altro canto siamo l’unica vera unità di misura che abbiamo e pensare di prescindere totalmente da questo fatto è impensabile. È pensabile, invece, quello che ci suggerisce Clay in ultima istanza. Una verità così semplice da sembrarci sciocca, ma se è tale perché ci risulta tanto difficile da applicare? Dovremmo imparare a essere migliori con gli altri, sviluppare quel briciolo di empatia che trasformi il nostro egoismo in una risorsa: non ti farò del male, perché farne a te è come farne a me stesso.