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Dovete assolutamente guardare Elize Matsunaga: c’era una volta crimine

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L’ascesa sul catalogo delle principali piattaforme streaming dei documentari e delle docuserie dedicate ai più efferati delitti degli ultimi anni o – come nel caso del titolo di cui stiamo per parlare – di quelli che hanno avuto una maggiore risonanza è un filone che continua a espandersi. Confermando una tendenza già evidente negli Stati Uniti, dove la fruizione di contenuti true crime è molto vasta, anche in Europa sta prendendo massicciamente piede il genere, meglio ancora se i titoli proposti dai colossi dello streaming sono irrisolti o complessi, come I figli di Sam: verso le tenebre o La scomparsa di Maddie McCann. Elize Matsunaga: c’era una volta un crimine, docu-serie true crime targata Netflix, racconta un evento di cronaca realmente accaduto in Brasile che ha sconvolto l’intero Paese.

Che le docu-serie true-crime vadano per la maggiore in questo momento lo si capisce dal numero crescente di progetti rilasciati nell’arco di questi anni. Il motivo sta nel fatto che gli abbonati alle varie piattaforme sembrano gradire molto questa tipologia di prodotti. Questo ha portato a un aumento considerevole della richiesta, con sempre più registi, autori e produttori a caccia di storie da portare sullo schermo. Per farlo gli addetti ai lavori hanno e continuano ad attingere alla cronaca nera degli ultimi decenni, scavando nel passato per scovare delitti risolti e non che hanno sconvolto intere nazioni e generazioni. Tra questi c’è quello del quale si è macchiata Elize Araújo Kitano Matsunaga, un’ex infermiera brasiliana conosciuta per l’omicidio del marito, il ricco imprenditore di origini giapponesi Marcos Kitano Matsunaga avvenuto il 19 maggio del 2012.

La storia di Elize Matsunaga

Elize Matsunaga è l’assassina di suo marito, ucciso e smembrato ed è protagonista di un’intervista esclusiva in cui si mostra al pubblico per la prima volta. Un ritratto crudo, reale e d’impatto della psicologia di una donna che si è spinta fino a superare i limiti della morale. La domanda che suscita la visione della docu-serie true crime Netflix è: chi è Elize? Un’assassina a sangue freddo che ha premeditato l’omicidio o una donna disturbata vittima di abusi psicologici che ha ucciso e smembrato il marito che aveva promesso di amare per sempre? La risposta non è semplice e non sarà sicuramente la docu-serie targata Netflix a fornirla. La visione di Elize Matsunaga: c’era una volta un crimine contribuirà a sollevare nuove domande, darà al contempo allo spettatore di turno la possibilità di entrare in contatto con il carnefice e ascoltare le motivazioni che l’hanno portata a compiere quel gesto.

Siamo di fronte a una docu-serie true crime che non accompagna lo spettatore in una lunga indagine alla ricerca del colpevole, ma a una testimonianza esclusiva dell’artefice stessa del delitto. La scelta di una forma narrativa così diretta non si incontra spesso nelle docu-serie dello stesso genere, motivo per cui si presenta come prodotto abbastanza originale e non scontato. Il racconto di un delitto apparentemente senza altro da scoprire riesce comunque a risultare un prodotto d’intrattenimento valido, che sfrutta la natura irrisolta del caso di cui parla, per lasciare allo spettatore il gusto di fare ipotesi. Questo risultato viene ottenuto grazie ad una buona regia e a un montaggio visivo e musicale capace di enfatizzare sia la componente più inquietante della vicenda e sia quella più emotiva. Eliza Capai – anche lei brasiliana – firma la regia della docu-serie true crime, che parte dalla sola e unica intervista concessale in esclusiva in tutti questi anni dalla protagonista, attraverso la quale la donna vuole rimettere insieme tutti i tasselli del mosaico e raccontare la sua verità, quella che un giorno la figlia della quale ha perso la potestà genitoriale spera voglia ascoltare per riconciliarsi.

Chi è vittima e chi carnefice?

Quale che sia la verità – tutt’ora poco chiara – Elize Matsunaga: C’era una volta un crimine racconta un caso caratterizzato da un’opinione pubblica misogina, che mette nel mirino l’imputata per la propria condotta sessuale o per dei pregiudizi, ancor prima che per le proprie azioni criminali. Le testimonianze sono tante, tutte meritevoli di essere ascoltate, ma in qualche modo anche inattendibili.

Elize Matsunaga: c’era una volta un crimine riavvolge i fili del passato per poi legarli al presente mediante un lavoro certosino di collegamento tra materiali inediti, ricostruzioni di fiction e repertori (servizi televisivi, interrogatori, deposizioni del processo, video amatoriali privati, filmati originali dell’investigatore privato assunto da Elize per seguire il marito per provare il suo tradimento, quelli delle telecamere di sicurezza del palazzo dove vivevano e della scena del delitto con gli inquirenti, perizie balistiche, rapporti della scientifica, persino simulazioni al computer). Il tutto per dare forma e sostanza a un racconto che riesce, con una serie di turning point ben piazzati nelle timeline dei singoli capitoli, a tenere alta l’attenzione di un fruitore che farà moltissima fatica a decidere da quale parte stare e a quale versione credere.

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